Il reato di maltrattamenti ex art. 572 c.p. non richiede per la sua configurazione che vittima e carnefici siano sposati o convivano da lungo tempo, a rilevare è la continuità della condotta aggressiva e minacciosa

Reato di maltrattamenti

Con la sentenza n. 43986/2022 (sotto allegata) la Cassazione ribadisce che per integrare il reato di maltrattamenti non rilava che il rapporto tra vittima e reo sia stata formalizzata in un matrimonio, così come non assume rilievo la durata della convivenza, che può essere anche di breve durata. Ciò che importa è la continuità della condotta aggressiva e minacciosa tenuta dal responsabile nei confronti della persona offesa.

Decisione che chiude una vicenda che ha visto come protagonista un uomo, condannato in primo e secondo grado per il reato di maltrattamenti in famiglia.

Decisione che l'imputato contesta perché, a suo dire, per l'integrazione del reato di cui all'art. 572 c.p, è necessaria quantomeno l'instaurazione di una convivenza more uxorio con la persona offesa al fine di creare l'unione familiare che la norma si pone la finalità di proteggere.

Motivo che viene respinto dalla Cassazione perché nel caso di specie, in sede di merito, ai fini della condanna, è stata valorizzata la continuità delle condotte aggressive e minacciose del reo, perpetratesi ai danni della persona offesa dall'agosto 2017 all'agosto del 2018, con una sola sospensione di due mesi.

Fatti che sono confermati anche dagli altri elementi probatori raccolti come i referti medici, le testimonianze, le foto dei messaggi inviati dall'imputato e le dichiarazioni degli ufficiali di PG.

Ipotesi questa rientrante nella fattispecie già trattata dalla Cassazione n. 17888/2021 che ha ritenuto integrato il reato di cui all'art. 572 c.p non solo in relazione alle famiglie fondate sul matrimonio, ma anche ai rapporti sentimentali che si caratterizzano per una convivenza di breve durata.

Leggi anche Il reato di maltrattamenti in famiglia

Scarica pdf Cassazione n. 43986/2022

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