L'assegno di divorzio ha una funzione compensativa, perequativa e assistenziale per cui spetta all'ex moglie che è da troppo tempo lontana dal mondo del lavoro e non riesce a ricollocarsi per ragioni oggettive

Assegno divorzio alla ex lontana dal mercato del lavoro

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Con l'ordinanza n. 23998/2022 (sotto allegata) la Cassazione respinge ancora una volta la richiesta dell'ex marito di ridurre l'assegno divorzio diposto in primo e secondo grado dai giudici di merito, perché, contrariamente a quanto sostenuto dal ricorrente, l'ex moglie non ha scelto liberamente di non lavorare.

È stata una scelta condivisa quella di farle seguire la famiglia e di assistere il marito dentista nella parte amministrativa dell'attività. La stessa è da troppo tempo lontana dal mondo del lavoro e poiché la misura ha funzione assistenziale, compensativa e perequativa alla stessa spettano 1400 euro mensili anche perché, pur essendo proprietaria di due immobili, gli stessi non producono reddito e perché la stessa risulta anche affetta da patologie certificate.

La vicenda processuale

Una coppia divorzia, il Tribunale pone a carico del marito un assegno divorzio di 1400 euro da rivalutare annualmente in base agli indici Istat e lo condanna a rifondere alla ex le spese di lite.

L'uomo ricorre in appello e chiede la riduzione dell'importo dell'assegno divorzio.

La Corte respinge l'appello e conferma la sentenza di primo grado. L'ex moglie è fuori dal mercato del lavoro dal 1987, ossia subito dopo il matrimonio, perchè si è sempre dedicata alla parte amministrativa della professione di dentista del marito e alla cura della famiglia.

La laurea in giurisprudenza dopo la separazione non costituisce un indice di capacità reddituale. Nell'ambito del divorzio la stessa risulta indebolita dal punto di vista economico e occupazionale. La donna inoltre è affetta da patologie certificate. Vero infine che è proprietaria di due immobili, ma uno è destinato ad abitazione e l'altro è improduttivo di reddito.

Moglie laureata e con due case spetta l'assegno?

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Il marito in sede di Cassazione contesta l'importo dell'assegno mensile di 1400 euro disposto in favore della moglie, perché la Corte non ha applicato i parametri individuati dalla giurisprudenza di legittimità per verificare l'effettiva spettanza dell'assegno divorzio.

Il marito fa presente che al momento di divorzio l'ex moglie aveva 43 anni, anche se oggi ne ha 62, e la sua scelta di non svolgere attività lavorativa è legata a ragioni personali non ad esigenze familiari. La stessa inoltre ha una laurea in giurisprudenza ed è proprietaria di due appartamenti anche se non producono reddito alcuno. Per il marito quindi la Corte ha parametrato l'assegno di divorzio al fine di garantire alla ex il tenore della vita matrimoniale senza tenere conto invece che l'uomo, diventando nel frattempo padre di due gemelli, ha maggiori impegni e obblighi economici.

Scelta condivisa quella di non lavorare e curare la famiglia

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Per la Cassazione però il ricorso è inammissibile. In realtà la ex ha un'incolpevole incapacità lavorativa, considerata l'età e l'annosa inesperienza lavorativa, frutto di una scelta coniugale condivisa che le ha reso obiettivamente difficile, se non impossibile, rientrare nel mondo del lavoro.

I coniugi, di comune accordo, hanno deciso che la moglie si occupasse della gestione familiare e di alcune incombenze di supporto all'attività professionale del marito. In questo modo ella ha comunque contribuito alla formazione del patrimonio di ognuno e comune dei coniugi.

Dall'analisi delle dichiarazioni dei redditi inoltre la corte rileva che le situazioni economiche non sono affatto paragonabili.

La Corte di Appello ha quindi applicato correttamente quanto sancito dalle SU del 2018, che prevedono riconoscimento dell'assegno di divorzio in favore dell'ex ii casi come quello di specie, in quanto lo stesso ha funzione assistenziale, compensativo e perequativa.

Il riconoscimento presuppone l'accertamento della inadeguatezza dei mezzi e l'impossibilità di procurarseli per ragioni oggettive, elementi che ricorrono nel caso di specie.

Scarica pdf Cassazione n. 23998/2022

Foto: 123rf.com
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