Secondo la Cassazione, sussiste il reato di autoriciclaggio laddove il denaro, provento di reato, venga utilizzato per l'acquisto di moneta virtuale.

Autoriciclaggio e acquisto criptovalute

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Il Tribunale di Milano, Sezione Riesame, rigettava il ricorso di una persona indagata per una pluralità di reati (truffe e autoriciclaggio), per i quali era stata disposta la misura cautelare della custodia in carcere. Il Giudice della Libertà, avallando la tesi accusatoria, riteneva che l'indagato avesse perpetrato una serie di truffe, per poi utilizzare il relativo provento nell'acquisto di criptovalute (bitcoin) per mezzo di versamenti in favore di una società tedesca. Tali acquisti configurerebbero il reato di autoriciclaggio punito ai sensi dell'art.648 ter.1 c.p. .

La difesa decideva di ricorrerre per Cassazione, lamentando, tra le altre cose, che non poteva parlarsi di autoriciclaggio "per difetto del requisito dell'impiego in attività speculativa, così come contestato nell'incolpazione, posto che non erano state poste in essere operazioni con finalità di lucro, tese a conseguire cioè un guadagno tra in base alla differenza tra prezzi attuali e futuri [...]; era inoltre carente il requisito della idoneità della condotta ad ostacolare l'identificazione della provenienza illecita dei beni [...] in quanto tutti gli acquisti erano stati fatti sulla piattaforma digitale , con trasparenza di ogni transazione ...".

L'art. 648 ter.1 c.p. - Autoriciclaggio

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Si applica la pena della reclusione da due a otto anni e della multa da euro 5.000 a euro 25.000 a chiunque, avendo commesso o concorso a commettere un delitto impiega, sostituisce, trasferisce, in attività economiche, finanziarie, imprenditoriali o speculative, il denaro, i beni o le altre utilità provenienti dalla commissione di tale delitto, in modo da ostacolare concretamente l'identificazione della loro provenienza delittuosa.

La pena è della reclusione da uno a quattro anni e della multa da euro 2.500 a euro 12.500 quando il fatto riguarda denaro o cose provenienti da contravvenzione punita con l'arresto superiore nel massimo a un anno o nel minimo a sei mesi.

La pena è diminuita se il denaro, i beni o le altre utilità provengono da delitto per il quale è stabilita la pena della reclusione inferiore nel massimo a cinque anni.

Si applicano comunque le pene previste dal primo comma se il denaro, i beni o le altre utilità provengono da un delitto commesso con le condizioni o le finalità di cui all'articolo 416 bis 1.

Fuori dei casi di cui ai commi precedenti, non sono punibili le condotte per cui il denaro, i beni o le altre utilità vengono destinate alla mera utilizzazione o al godimento personale.

La pena è aumentata quando i fatti sono commessi nell'esercizio di un'attività bancaria o finanziaria o di altra attività professionale.

La pena è diminuita fino alla metà per chi si sia efficacemente adoperato per evitare che le condotte siano portate a conseguenze ulteriori o per assicurare le prove del reato e l'individuazione dei beni, del denaro e delle altre utilità provenienti dal delitto.

Si applica l'ultimo comma dell'articolo 648.

La decisione della Cassazione

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Gli Ermellini rigettavano il ricorso.

Per quello che in questa sede ci interessa, la Corte (Cass. Pen., Sez. II, 13-7-22, ud.7-7-22, n.27023) rileva come l'immediato trasferimento delle somme accreditate (provento delle truffe), su un conto tedesco per il successivo acquisto di bitcoin, fosse idoneo ad ostacolare la tracciabilità e la ricostruzione dell'origine delittuosa del denaro. In altri termini, sulla falsariga di richiami legislativi, giurisprudenziali e dottrinari, la moneta virtuale non può essere esclusa dall'ambito degli strumenti finanziari e speculativi ai fini di una corretta lettura dell'art.648 ter 1 c.p..

Vengono così esplicitati i punti nodali a suffragio del rigetto del ricorso:

  • le attività indicate dalla norma (economiche, finanziarie, imprenditoriali e speculative) non fanno parte di un elenco tassativo, ma delimitano semmai della macro aree, tutte accumunate dalla caratteristica dell'impiego finalizzato al conseguimento di un utile, con conseguente inquinamento del circuito economico, nel quale viene immesso del denaro provento di delitto;
  • sotto la voce "attività speculativa", non altrimenti definita dal legislatore, rientrano molteplici operazioni, non necessariamente individuando quelle da cui trarre un sicuro profitto e ben potendo l'agente assumersi il rischio di perdite di investimenti (nel caso di specie, la difesa dell'indagato poneva l'accento sulla circostanza per cui, nel momento dell'acquisto dei bitcoin, la moneta virtuale fosse in perdita);
  • la configurazione del sistema di acquisto di bitcoin si presta ad agevolare le condotte delittuose, poiché è possibile garantire un alto livello di anonimato (sistema cd permissionless), senza previsione di alcun controllo sull'ingresso di nuovi "nodi" e sulla provenienza del denaro convertito;
  • si era rivelata particolarmente difficile la ricostruzione dell'identità del soggetto al quale riferire le singole transazioni in criptovaluta, anche perché l'account utilizzato faceva riferimento a false generalità dell'intestatario del conto corrente di provenienza.


Foto: 123rf.com
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