La Cassazione riconosce a una coppia il risarcimento dei danni morali derivanti dalla lesione del diritto a un'abitazione vivibile

Risarcimento danni causati dai rumori dello scarico dei vicini

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Spetta il risarcimento dei danni morali alla coppia che, a causa dei forti rumori dello scarico del bagno dei vicini, non può godere del diritto a un'abitazione vivibile. La posizione dello scarico vicino alla camera da letto e l'uso del bagno di giorno e di notte sono decisivi ai fini del riconoscimento del danno subito dalla coppia, che ha sofferto forti disagi a causa della lesione del diritto a un'abitazione vivibile e serena, in cui svolgere le proprie attività quotidiane e riposare. Queste le conclusioni dell'ordinanza della Cassazione n. 21649/2021 (sotto allegata).

La vicenda processuale

Una coppia ricorre in Tribunale per chiedere di accertare che la creazione di un secondo bagno nell'appartamento dei vicini provoca immissioni sonore "intollerabili" provenienti dagli scarichi e domandando l'eliminazione di queste immissioni e il risarcimento dei danni.

La Corte di Appello dispone una C.T.U e accerta che il secondo bagno in effetti è stato realizzato nella parete comunicante con la camera da letto della coppia, alla quale è poggiata la testiera del letto e che le dimensioni ridotte dell'appartamento con consentono di adottare soluzioni diverse.

La Corte accerta anche che le immissioni in effetti recano disturbo anche di notte e nelle prime ore del giorno, compromettendo la normale qualità della vita proprio nella stanza destinata al riposo. Il C.T.U individua le opere da realizzare per ridurre le immissioni, di cui la Corte ordina l'esecuzione, riconoscendo alle parti un risarcimento danni, liquidato in via equitativa in € 500,00 all'anno e decorrente dal 2003 a causa del disturbo provocato nelle ore notturne, che ha provocato la lesione al libero e pieno esercizio delle abitudini di vita degli attori, in violazione dell'art. 8 della CEDU.

E' risarcibile il danno che non viene provato?

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Le parti soccombenti ricorrono in Cassazione sollevando due motivi di ricorso.

  • Nel primo contestano le modalità di svolgimento della C.T.U perché prima di tutto non ha tenuto conto dei rumori di fondo e poi perché ha effettuato le misurazioni nella parete divisoria e con le finestre chiuse in un periodo di bassa stagione turistica. Da parte sua il giudice nel valutare il superamento della normale tollerabilità dei rumori non ha valutato che l'abitazione si trova in un luogo turistico sia in estate che in inverno e che le misurazioni quindi dovevano effettuarsi nel periodo estivo e con le finestre aperte.
  • Nel secondo invece contestano il riconoscimento del risarcimento del danno perché le parti lo hanno richiesto, ma non lo hanno provato pur trattandosi di anno conseguenza.

Danni morali provocati da rumori che rendono invivibile la casa

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La Cassazione rigetta il ricorso perché sia il primo che il secondo motivo sollevati sono infondati.

Gli Ermellini precisano che tra privati è necessario rifarsi, per valutare le immissioni moleste, all'art 844 c.c, ai sensi del quale, anche se le immissioni non superano i limiti stabiliti dalle norme d'interesse generale, il giudizio sulla tollerabilità deve essere effettuato dal giudice in base al suo prudente apprezzamento ed effettuando un contemperamento tra le necessità della proprietà privata e quelle della produzione. Accertamento che non può essere sindacato in sede di Cassazione.

Nell'effettuare questa valutazione il giudice deve tenere conto della "situazione ambientale, delle caratteristiche della zona" e delle abitudini degli abitanti, nell'ottica di tutelare il diritto al riposo, alla serenità, all'equilibrio mentale e alla vivibilità dell'abitazione, che vengono pregiudicate dal rumore. La prova del danno, in queste situazioni, può essere data anche con presunzioni, nel rispetto delle norme di comune esperienza.

Passando al caso di specie la Cassazione rileva che il C.T.U ha accertato il superamento di tre decibel rispetto agli standard sanciti dalla normativa, ha messo in evidenza l'inevitabilità delle stesse a causa delle caratteristiche costruttive del secondo bagno fonte dei rumori, visto che lo scarico è stato installato nel muro divisorio che divide questo ambiente dalla camera da letto della coppia. Gli Ermellini negano inoltre che il rilevamento non abbia tenuto conto delle peculiarità della zona, delle abitudini degli abitanti, precisando che è necessario tenere conto anche della sensibilità media dell'uomo.

Da sottolineare infine che nel caso specifico non deve ritenersi errato il giudizio della Corte effettuato in una condizione di scarso rumore di fondo (come accade di notte) ossia alle 10 del mattino e in una giornata di pioggia feriale.

Infondato poi anche il secondo motivo di ricorso perché la Corte di Strasburgo in diverse occasioni ha ribadito il diritto alla vivibilità dell'abitazione e alla qualità della vita al suo interno, riconoscendo, in presenza d'immissioni intollerabili, il risarcimento del danno morale anche in assenza di una condizione di malattia. La stessa Cassazione ha riconosciuto il diritto al risarcimento anche in assenza di un danno biologico, in termini di danno non patrimoniale, quando si lede il diritto al normale svolgimento della vita familiare all'interno della propria abitazione.

Principi ai quali si è uniformata la Corte di Appello nel momento in cui ha accertato la lesione di un danno morale causato dal pregiudizio arrecato al suo riposo, per le ripercussioni che esso presenta sulla qualità della vita e quindi sulla salute costituzionalmente garantita. Il danno conseguenza in ogni caso, afferma la Corte, è stato provato mediante la dimostrazione dei disagi sofferti in conseguenza della scarsa vivibilità della casa.

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Scarica pdf Cassazione n. 21649/2021

Foto: 123rf.com
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