La moglie dell'amministratore, che è anche condomina, può ricevere le deleghe di altri condomini. Ma cosa accade se anche il marito la delega?

Il quesito: "Nel mio condominio si verifica spesso una situazione anomala. L'amministratore delega la moglie / condomina a presenziare in sua vece alle assemblee. La donna, tuttavia, è anche delegata per la partecipazione da diversi altri condomini. Si tratta di una prassi legittima?"

Le norme

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La situazione prospettata è una situazione anomala e peculiare che, per tali ragioni, non trova un'espressa e dedicata regolamentazione nelle norme del codice civile. Tuttavia, in queste ultime è possibile comunque rinvenire un'implicita risposta al quesito.

A venire in rilievo, in particolare, è l'articolo 67 delle disposizioni per l'attuazione del codice civile, il quale stabilisce che "All'amministratore non possono essere conferite deleghe per la partecipazione a qualunque assemblea".

La cosa fondamentale da comprendere è quindi la seguente: la moglie è effettivamente una delegata dell'amministratore?

La presenza dell'amministratore in assemblea non è obbligatoria

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Bisogna del resto considerare che, al contrario di quanto si potrebbe credere, nessuna norma impone all'amministratore di essere presente durante l'assemblea condominiale.

Se è vero che la sua presenza è opportuna, quindi, è anche vero che la stessa non è obbligatoria, con la conseguenza che è ben possibile che la moglie dell'amministratore partecipi non in veste di sostituta dell'amministratore, ma semplicemente in veste di condomina. E questa differenza incide sulla legittimità o meno delle deleghe dalla stessa portate.

Divieto di deleghe per l'amministratore

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Come abbiamo visto sopra, l'amministratore non può ricevere deleghe per la partecipazione all'assemblea, con la conseguenza che se la moglie / condomina interviene quale sua mandataria, deve ritenersi che tale divieto cada anche in capo a lei.

Pertanto, le decisioni prese in contrasto con tale limite debbono ritenersi impugnabili in quanto invalide.

Si precisa che il tribunale di Roma, nella sentenza n. 9889/2019, ha chiarito che il divieto posto dall'articolo 67 delle disposizioni per l'attuazione del codice civile vale anche laddove l'amministratore (e quindi anche la moglie da lui eventualmente formalmente incaricata) sia condomino dell'edificio che gestisce. Il possesso di tale qualità, infatti, non è stato ritenuto idoneo dalla giurisprudenza a eliminare le ragioni di incompatibilità.

Moglie condomina

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Se, invece, la moglie interviene in assemblea esclusivamente come condomina, in una riunione in cui l'amministratore risulta semplicemente assente, la stessa può astrattamente essere delegata a partecipare e votare da altri condomini.

Ciò, nei limiti del rispetto del divieto di incetta di deleghe, posto dal medesimo articolo 67 disp. att. c.c., che prevede che "Se i condomini sono più di venti, il delegato non può rappresentare più di un quinto dei condomini e del valore proporzionale".

Delibera invalida per conflitto di interessi

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Resta fermo il fatto che, in concreto, se una delibera assembleare risulta essere stata presa in conflitto di interessi, la stessa deve ritenersi invalida, per applicazione estensiva anche al condominio della norma di cui all'articolo 2737 c.c., dettata in materia di società, che così recita: "La deliberazione approvata con il voto determinante di coloro che abbiano, per conto proprio o di terzi, un interesse in conflitto con quello della società è impugnabile a norma dell'articolo 2377 qualora possa recarle danno".

La prova del conflitto di interessi

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Il conflitto di interessi, comunque, va provato dal condomino che lo lamenta, tenendo conto che, come sancito dalla Corte di cassazione nella pronuncia n. 12018/2014, a tal fine è necessario dimostrare che vi sia una divergenza sicura e fondata su fatti certi tra le ragioni del singolo e gli interessi del condominio. In particolare, per i giudici "non è invero sufficiente che il conflitto sia dedotto in astratto, essendo al contrario necessario che lo stesso lo sia in concreto, così che esso potrebbe dirsi esistente solo se risulti verificata una sicura divergenza tra le ragioni personali del singolo ed il contrario interesse istituzionale dell'ente di gestione".

Vale la pena citare anche la sentenza n. 13004/2013, nella quale si legge che "in tema di validità delle delibere assembleari condominiali, sussiste il conflitto di interessi ove sia dedotta e dimostrata in concreto una sicura divergenza tra specifiche ragioni personali di determinati singoli condomini, il cui voto abbia concorso a determinare la necessaria maggioranza ed un parimenti specifico contrario interesse istituzionale del condominio".

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