La domanda di protezione internazionale, presentata dopo l'emissione di un decreto di espulsione, ne determina solo la sospensione dell'efficacia

Protezione internazionale ed espulsione: i contrasti

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Di recente, la Corte di Cassazione è stata investita della decisione in merito alla prevalenza o meno della domanda di protezione internazionale rispetto a un provvedimento di espulsione già emanato: su tale questione i giudici si sono pronunciati con la sentenza n. 5437/2020.

In particolare, la Corte è partita dall'assunto che sulla questione esiste un contrasto nella giurisprudenza di legittimità, che risulta divisa circa le conseguenze giuridiche dipendenti dal fatto che, dopo l'emissione di un decreto di espulsione, sia presentata dallo straniero una domanda di protezione internazionale.

Infatti, con la sentenza n.19819 del 26.7.2018 è stato valorizzato il diritto dello straniero richiedente asilo a restare sul territorio dello Stato per tutto il tempo durante il quale la sua domanda viene esaminata, anche se presentata dopo l'emissione del decreto di espulsione. Con la sentenza n.28860 del 12.11.2018, è stata ritenuta irrilevante la circostanza che lo straniero, dopo la notifica del decreto, abbia presentato domanda per il riconoscimento della protezione internazionale.

Partendo da tali due pronunce, nella recente ordinanza la Corte di cassazione ha ripercorso gli orientamenti giurisprudenziali formatisi in materia e il quadro normativo applicabile, con specifico riferimento anche alla normativa e alla giurisprudenza europea.

La disciplina del procedimento di espulsione

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Il procedimento relativo all'espulsione dello straniero, in particolare, è disciplinato dall'art.13 del D.Lgs. n.286/1998 ("Testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell'immigrazione e norme sulla condizione dello straniero").

Limitandoci a prendere in considerazione i commi relativi all'emanazione ed all'impugnazione del decreto di espulsione, si rileva che:

- il comma 1 prevede che "Per motivi di ordine pubblico o di sicurezza dello Stato, il Ministro dell'Interno può disporre l'espulsione dello straniero anche non residente nel territorio dello Stato, dandone preventiva notizia al Presidente del Consiglio dei Ministri e al Ministro degli affari esteri". Il successivo comma 11, poi, specifica che "Contro il decreto ministeriale di cui al comma 1 la tutela giurisdizionale davanti al giudice amministrativo è disciplinata dal codice del processo amministrativo";

- il comma 2 prevede che "L'espulsione è disposta dal prefetto, caso per caso, quando lo straniero: a) è entrato nel territorio dello Stato sottraendosi ai controlli di frontiera e non è stato respinto ai sensi dell'articolo 10; b) si è trattenuto nel territorio dello Stato in assenza della comunicazione di cui all'articolo 27, comma 1 bis, o senza avere richiesto il permesso di soggiorno nel termine prescritto, salvo che il ritardo sia dipeso da forza maggiore, ovvero quando il permesso di soggiorno è stato revocato o annullato o rifiutato ovvero è scaduto da più di sessanta giorni e non ne è stato chiesto il rinnovo ovvero se lo straniero si è trattenuto sul territorio dello Stato in violazione dell'articolo 1, comma 3, della legge 28 maggio 2007, n.68; c) appartiene a taluna delle categorie indicate negli articoli 1, 4 e 16, del decreto legislativo 6 settembre 2011, n.159". Il comma 2 bis, invece, prevede che "Nell'adottare il provvedimento di espulsione ai sensi del comma 2, lettere a) e b), nei confronti dello straniero che ha esercitato il diritto al ricongiungimento familiare ovvero del familiare ricongiunto, ai sensi dell'articolo 29, si tiene anche conto della natura e della effettività dei vincoli familiari dell'interessato, della durata del suo soggiorno nel territorio nazionale nonché dell'esistenza di legami familiari, culturali o sociali con il suo Paese d'origine". In base al successivo comma 8 "Avverso il decreto di espulsione può essere presentato ricorso all'autorità giudiziaria ordinaria. Le controversie di cui al presente comma sono disciplinate dall'articolo 18 del decreto legislativo 1° settembre 2011, n. 150".

I poteri del giudice dell'impugnazione

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Come richiamato nella sentenza in questione, le Sezioni Unite hanno chiarito che il provvedimento di espulsione dello straniero, in quanto provvedimento obbligatorio a carattere vincolato, implica che il giudice ordinario dinanzi al quale esso venga impugnato sia tenuto unicamente a controllare l'esistenza, al momento dell'espulsione, dei requisiti di legge che ne impongono l'emanazione, e cioè la mancata richiesta, in assenza di cause di giustificazione, del permesso di soggiorno, oppure la sua revoca od annullamento oppure la mancata tempestiva richiesta di rinnovo che ne abbia comportato il diniego. Al giudice investito dell'impugnazione del provvedimento di espulsione non è, invece, consentita alcuna valutazione sulla legittimità del provvedimento del questore che abbia rifiutato, revocato o annullato il permesso di soggiorno oppure ne abbia negato il rinnovo, poiché tale sindacato spetta unicamente al giudice amministrativo, la cui decisione non è in alcun modo un antecedente logico della decisione sul decreto di espulsione.

Il diritto dello straniero a restare nel territorio dello Stato

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L'art.7 del decreto legislativo n.25/2008, invece, riguarda il diritto dello straniero a restare nel territorio dello Stato fino alla decisione sulla domanda di protezione internazionale.

La norma, nella sua attuale formulazione, prevede che "Il richiedente è autorizzato a rimanere nel territorio dello Stato fino alla decisione della Commissione territoriale ai sensi dell'articolo 32. La previsione di cui al comma 1 non si applica a coloro che: a) debbono essere estradati verso un altro Stato in virtù degli obblighi previsti da un mandato di arresto europeo; b) debbono essere consegnati ad una Corte o ad un Tribunale penale internazionale; c) debbano essere avviati verso un altro Stato dell'Unione competente per l'esame dell'istanza di protezione internazionale; d) hanno presentato una prima domanda reiterata al solo scopo di ritardare o impedire l'esecuzione di una decisione che ne comporterebbe l'imminente allontanamento dal territorio nazionale; e) manifestano la volontà di presentare un'altra domanda reiterata a seguito di una decisione definitiva che considera inammissibile una prima domanda reiterata ai sensi dell'articolo 29, comma 1, o dopo una decisione definitiva che respinge la prima domanda reiterata ai sensi dell'articolo 32, comma 1, lettere b) e b bis)".

L'art.4 del decreto legislativo n.142/2015, poi, al comma 1 prevede che "al richiedente è rilasciato un permesso di soggiorno per richiesta asilo valido nel territorio nazionale per sei mesi, rinnovabile fino alla decisione della domanda o comunque per il tempo in cui è autorizzato a rimanere nel territorio nazionale ai sensi dell'articolo 35 bis, commi 3 e 4, del decreto legislativo 28 gennaio 2008, n. 25. Il permesso di soggiorno costituisce documento di riconoscimento ai sensi dell'articolo 1, comma 1, lettera c), del decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445".

Dalla lettura delle varie norme in questione, si evince, come specificato dalla Suprema Corte, che l'ipotesi della presentazione della domanda di protezione internazionale nel periodo intercorrente fra la pronuncia del decreto di espulsione e la decisione sull'opposizione avverso lo stesso decreto non è presa in considerazione in modo espresso dalla disciplina comunitaria e nazionale.

Il principio di diritto emanato dalla Corte di Cassazione

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Dopo aver enunciato le motivazioni su cui si fondano i due precedenti richiamati all'inizio (sentenza n.19819 del 26.7.2018 e n.28860 del 12.11.2018), analizzando anche la normativa nazionale e comunitaria di riferimento, la Corte di Cassazione, nella sentenza in commento, è giunta alla conclusione che sia preferibile la soluzione prospettata nel precedente del novembre 2018. E ciò anche sulla base della giurisprudenza della Corte di Giustizia Europea, che ha escluso che la presentazione di una domanda di asilo da parte di una persona soggetta ad una procedura di rimpatrio abbia l'effetto di invalidare de jure la relativa decisione precedentemente adottata.

Pertanto la Corte ha accolto il ricorso, cassato il decreto impugnato e rinviato la causa al Giudice di Pace competente con l'indicazione del seguente principio di diritto: "Nel caso in cui la domanda di protezione internazionale dello straniero sia proposta a seguito della pronuncia del decreto di espulsione in danno del medesimo, detto decreto non è colpito da alcuna forma di sopravvenuta invalidità, ma è solo sospeso quanto alla sua efficacia, con la conseguenza che il giudice di pace adito a norma dell'art.13, comma 8, D.L.vo n.286 del 1998, non può, in ragione di tale domanda, pronunciarne l'annullamento".


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