Per la Cassazione, il legale potrà richiedere la parcella solo all'esito del provvedimento di revoca da parte del giudice o dopo che questi abbia verificato la modifica delle condizioni patrimoniali

Revoca gratuito patrocinio e compensi dell'avvocato

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Qualora una parte sia ammessa al gratuito patrocinio, l'avvocato non può chiedere i propri compensi professionali in assenza di un provvedimento di revoca da parte del giudice del procedimento principale; solo all'esito del provvedimento di revoca, potrà chiedere i propri compensi, interamente o, in caso di mutamento delle condizioni patrimoniali del proprio assistito, dal momento della modifica.

È questo il principio di diritto espresso dalla Corte di Cassazione, sesta sezione civile, nell'ordinanza n. 10669/2020 (sotto allegata), con cui i giudici di legittimità hanno respinto il ricorso di un legale contro la propria assistita.

L'avvocato aveva promosso un ricorso per decreto ingiuntivo per ottenere il pagamento delle prestazioni professionali svolte in favore della cliente, difesa in una causa nei confronti della ASL per il risarcimento dei danni derivanti da colpa medica. In tale procedimento, la donna aveva chiesto il gratuito patrocinio.

L'avvocato, però, ritiene di poter richiedere alla stessa i compensi per la prestazione svolta in quanto l'assistita doveva considerarsi decaduta dal beneficio; ciò sull'assunto secondo il quale, a seguito del suo matrimonio, il reddito del nucleo familiare avrebbe superato i limiti per l'ammissione allo stesso.

Revoca ammissione al gratuito patrocinio

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La vicenda giunge innanzi ai giudici di legittimità che rammentano come il D.P.R. n. 115/2002, all'art. 85, pone al difensore della parte ammessa al patrocinio a spese dello Stato il divieto di chiedere e percepire dal proprio assistito compensi o rimborsi a qualunque titolo, diversi da quelli liquidati dal giudice, specificando che la violazione di tale obbligo costituisce grave illecito disciplinare professionale.

L'ammissione al patrocinio a spese dello Stato, si legge nell'ordinanza, continua a produrre i suoi effetti fino a quando il giudice non dispone la revoca dell'ammissione in presenza dei presupposti di cui all'art. 136 del DPR 115/2002, norma che contempla anche la modifica, nel corso del processo, delle condizioni reddituali rilevanti ai fini dell'ammissione al patrocinio.

In tale ipotesi, la revoca ha effetto dal momento dell'accertamento delle modificazioni reddituali, indicato nel provvedimento del magistrato. In tutti gli altri casi, ovvero insussistenza dei presupposti per l'ammissione ovvero i casi in cui l'interessato ha agito o resistito in giudizio con mala fede o colpa grave, il provvedimento ha efficacia retroattiva.

Pertanto, spiega la Suprema Corte, una volta richiesta l'ammissione al gratuito patrocinio, la parte può sempre rinunciare al beneficio e il giudice può revocarlo in assenza delle condizioni di ammissibilità o del venir meno dei presupposti. Al difensore, tuttavia, non è consentito richiedere i compensi al cliente in pendenza dell'ammissione provvisoria al gratuito patrocinio.

Cumulo redditi

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Tutto il sistema per la difesa dei non abbienti, infatti, demanda al giudice del procedimento in cui è prestato il patrocinio di verificare la sussistenza delle condizioni per l'ammissione e di esercitare il potere di revoca qualora le suddette vengano meno per effetto del mutamento delle condizioni economiche.

In quest'ultimo caso, evidenzia la Cassazione, proprio perché la revoca del beneficio non ha effetto retroattivo, al cittadino è garantita l'assistenza a carico dello Stato fino al verificarsi del mutamento delle condizioni. Appare evidente, dunque, come anche la valutazione relativa alla cumulabilità dei redditi dell'istante con quello del nucleo familiare sia demandata al giudice del procedimento in cui la parte è stata ammessa al gratuito patrocinio.

La stessa giurisprudenza (cfr. Cass. n. 10187/2019) ha chiarito che "l'ammissione al patrocinio a spese dello Stato, fino a quando non sia revocata, continua, pur in caso di composizione della lite, a produrre i suoi effetti, vale a dire l'obbligo dell'Erario di procedere all'anticipazione degli onorari e delle spese dovuti al difensore, il quale, pertanto, ha il diritto alla relativa liquidazione; allo Stato spetta il diritto al relativo recupero, ove ne sussistano le condizioni".

Gratuito patrocinio e mutamento condizioni patrimoniali: verifica il giudice

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Nel caso di specie, dunque, il difensore non avrebbe potuto agire in giudizio per chiedere la liquidazione dei compensi professionali nei confronti della propria cliente, almeno fino a quando non fosse intervenuto il provvedimento di revoca del gratuito patrocinio da parte del giudice del procedimento innanzi al quale aveva effettuato le proprie prestazioni professionali.

Spettava al magistrato innanzi al quale era stato chiesto il beneficio, infatti, verificare il mutamento delle condizioni patrimoniali della cliente e del suo nucleo familiare e se l'eventuale superamento del reddito avesse rilevanza ai fini della revoca, accertando se fosse ammissibile il cumulo del suo reddito con quello dei suoi familiari, in relazione alla natura del diritto fatto valere in giudizio.

Tale verifica sarebbe stata rilevante poiché, in caso di revoca per il mutamento delle condizioni patrimoniali, doveva essere esclusa l'efficacia retroattiva del provvedimento, sicchè incombeva sullo Stato il pagamento dei compensi fino al momento in cui si era verificato il mutamento delle condizioni patrimoniali.

Scarica pdf Cassazione civile, ordinanza n. 10669/2020

Foto: 123rf.com
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