Per la Cassazione va confermata la sanzione della censura per l'avvocato che crea un trust consapevole di sottrarre beni a garanzia dei creditori

di Annamaria Villafrate - La Cassazione con la sentenza a Sezioni Unite n. 7761/2020 (sotto allegata) conferma la decisione del C.O.A di sanzionare con la censura due avvocati, padre e figlio, responsabili di aver assunto il primo il ruolo di arbitro all'interno della procedura in cui il figlio difendeva la società debitrice e quest'ultimo per aver costituito un trust per schermare i beni della cliente posti a garanzia dei diritti dei creditori.

Esposto al C.O.A.

[Torna su]

Due socie di una s.a.s presentano un esposto al C.O.A nei confronti di due avvocati, padre e figlio, contestando agli stessi la violazione di diverse norme del codice deontologico e della legge professionale. Nell'esposto denunciano principalmente l'incompatibilità di uno degli avvocati al ruolo di arbitro all'interno della procedura arbitrale adita e all'assunzione da parte dell'altro legale della funzione di trustee, la cui costituzione ha frustrato il diritto di credito delle esponenti di 972.300.

Le difese degli avvocati

[Torna su]

I legali denunciati difendono le loro posizioni. Sulla questione dell'incompatibilità con il ruolo di arbitro l'avvocato padre fa presente che la composizione del collegio arbitrale è stato accettato dalle denuncianti. Sulla perdita della garanzia del credito realizzatasi attraverso la creazione del trustee l'avvocato figlio fa presente che le esponenti, debitamente informate dal loro consulente di parte, avrebbero potuto chiedere il sequestro conservativo

dei beni per tutelare il loro diritto. L'assunzione della funzione di trustee da parte dell'avvocato inoltre non ha influito sulla perdita della garanzia lamentata dalle esponenti. La costituzione di pegno è conseguente al rifiuto delle esponenti di corrispondere il compenso spettante all'avvocato, dovuto in forza del vincolo solidale sancito nel lodo. Solo nel momento in cui gli avvocati hanno prospettato la volontà di agire in via monitoria per ottenere il pagamento del compenso infatti le socie hanno decido di presentare l'esposto.

La decisione del C.O.A.

[Torna su]

Il C.O.A archivia l'esposto limitatamente alla denunciata responsabilità relativa all'accettazione dell'incarico come arbitro perché illecito non sussistente e prescritto. In relazione agli altri addebiti ritiene invece di dover trattare i seguenti addebiti.

  • Violazione dei doveri di dignità, decoro, lealtà, correttezza, indipendenza e imparzialità per aver mantenuto il ruolo di arbitro per tre anni e aver contribuito all'emissione del lodo anche se il figlio era difensore di una delle parti.
  • Violazione dei doveri di dignità, probità e decoro per aver sottratto beni agli altri creditori per soddisfare il proprio credito relativo alle spettanze arbitrali.
  • Violazione dei doveri di dignità, probità, decoro, lealtà, correttezza e autonomia per avere, prima del lodo, consigliato, compiuto e permesso atti di occultamento del patrimonio della s.n.c e dei soci in danno della s.a.s, attraverso la costituzione di un trust e l'accettazione della carica di trustee e l'operazione di lease back sull'unico bene immobile della società.
Dopo aver valutato i fatti il C.O.A irroga agli avvocati la sanzione della censura, assolvendo uno dei legali dall'incolpazione di occultamento del patrimonio sociale stante l'assenza di prova in merito e ritenendo responsabile il legale per aver accettato il ruolo di trustee. Sulla sanzione hanno inciso l'assenza di precedenti disciplinari e l'esito negativo del lodo.

La decisione del C.N.F.

[Torna su]

Gli avvocati propongono ricorsi separati al C.N.F che.li riunisce e conclude come segue. Nel caso in esame sussiste incompatibilità tra l'incarico assunto dal padre come arbitro e quello del figlio come difensore di una delle parti dell'arbitrato. Tale incompatibilità vale sia nell'arbitrato rituale che in quello irrituale, pertanto non è rilevante l'assenso asserito, ma non dimostrato, delle socie della s.a.s alla procedura. Irrilevante che l'arbitro possa recedere dall'incarico per giusta causa perché in questo caso, stante l'incompatibilità, il recesso era un atto dovuto. Infondata anche l'eccezione di assorbimento e prescrizione dell'addebito relativo allo svolgimento dell'incarico arbitrale e al mancato recesso. Da confermare l'addebito con cui si è contestato il pignoramento di alcune quote della società per sottrarre beni alla garanzia del creditore, così come quella relativa alla costituzione del trust.

Il ricorso in Cassazione

[Torna su]

Gli avvocati ricorrono in Cassazione, con separati ricorsi. Il padre rileva nel primo motivo la prescrizione dell'azione disciplinare, precisando che il mantenimento del ruolo di arbitro non è volontario, visto che non è consentito il recesso se non per giusta causa. Con il secondo ribadisce le argomentazioni già presentate ma respinte dal C.N.F, facendo presente come nessuna censura è stata mossa alla decisione arbitrale. Con il terzo evidenzia come l'iscrizione del pegno è stato un atto volontario, visto che il difensore ha solo presenziato alla redazione dell'atto notarile, trattandosi in ogni caso di un atto legittimo e inidoneo a ledere le ragioni delle esponenti.

L'avvocato figlio solleva l'intervenuta prescrizione dell'azione disciplinare e la violazione di diverse norme deontologiche. Il Procuratore Generale della Cassazione chiede il rigetto di entrambi i ricorsi dopo la loro riunione.

Da sanzionare il legale che crea un trust per sottrarre beni ai creditori

[Torna su]

La Corte di Cassazione rigetta entrambi i ricorsi per le ragioni che si vanno a esporre. Per quanto riguarda il ricorso del primo avvocato, la Corte ritiene il primo motivo sulla prescrizione dell'azione disciplinare infondato. Respinto anche il secondo motivo, così come il terzo, che riproduce argomentazioni relative alla valutazione di merito della controversia, già respinte dal C.N.F e non trattabili in sede di legittimità. Per quanto riguarda il ricorso dell'avvocato figlio la Corte ritiene infondato il primo motivo sulla prescrizione dell'azione disciplinare, così come il secondo con cui contesta l'integrazione dell'illecito contestato in relazione al ruolo assunto nella costituzione del trust, rivendicando di aver accettato un incarico lecito e onorevole. Gli Ermellini però, in completo disaccordo con il legale ritengono che la finalità del trust appare chiara e dichiarata.

Non rileva il fatto che il difensore non sia stato ritenuto responsabile di aver consigliato, compiuto e consentito atti di occultamento del patrimonio della società e dei soci. Dai fatti emerge la completa consapevolezza dell'avvocato di sottrarre beni alle pretese legittime dei creditori. Grazie alla creazione del trust l'avvocato ha potuto schermare alcuni beni, in vista dell'esito negativo del procedimento, chiaramente desumibile dalle conclusioni del consulente tecnico.

Leggi anche:

- Fondo patrimoniale e trust

- Il trust come strumento di protezione del patrimonio

Scarica Sentenza SU Cassazione n. 7761/2020

Foto: 123rf.com
Altri articoli che potrebbero interessarti:
In evidenza oggi: