Per la Cassazione, sono inidonei all'affido condiviso del figlio i genitori in continuo conflitto che non fanno che delegittimare la figura dell'altro

di Annamaria Villafrate - E' giusto negare l'affido congiunto del minore ai genitori in continuo conflitto tra loro, che si denigrano a vicenda, incapaci di elaborare il fallimento del progetto di coppia e di rendersi conto delle sofferenze cagionate al figlio, il quale ha come unica speranza il fatto che mamma e papà facciano pace. E' quanto emerge dall'ordinanza n. 5604/2020 (sotto allegata) con cui la Cassazione conferma la decisione della Corte d'Appello e rigetta il ricorso di un padre, perché inammissibile.

Niente affido congiunto alla coppia continuamente in conflitto

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Il Tribunale rigetta la domanda di affido congiunto a una coppia more uxorio, disponendo l'affidamento del figlio al Comune. La Corte d'Appello conferma la sospensione della responsabilità genitoriale, stabilisce il contributo a carico del padre per il minore in 650 euro mensili e pone le spese straordinarie a carico di entrambi nella misura delle metà.

La Corte rigetta il reclamo della donna finalizzato a ottenere l'aumento dell'assegno di mantenimento per il figlio, così come respinge quello incidentale del padre con cui chiede l'affido condiviso

del figlio e la diminuzione dell'assegno, in caso di conferma dell'affidamento del minore al Comune. Per il giudice, l'elevata conflittualità dei genitori, che non si è affievolita nel tempo, esclude la possibilità di un affido condiviso del minore. Corretto l'importo di 650 euro stabilito dal Tribunale per il mantenimento del figlio, anche se, rilevato l'inadempimento del padre nel corrispondere l'assegno mensile, dispone il versamento diretto del contributo da parte del datore di lavoro.

Il trasferimento preclude l'esercizio della bigenitorialità

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Il padre, insoddisfatto della sentenza

d'appello, ricorre in Cassazione contestando l'entità dell'assegno di mantenimento dovuto al figlio perché la Corte non ha tenuto conto dell'effettiva situazione patrimoniale di entrambi i genitori, non ha compiuto indagini patrimoniali e reddituali sulla condizione della madre, titolare di diversi immobili da cui percepisce cospicue rendite e non considerato che donna non si è mai attivata nella ricerca di un lavoro. Il provvedimento con cui è stato disposto l'obbligo del datore di versare le somme stabilite direttamente alla ex compagna quindi appare gravoso, stante la pesante situazione economica in cui versa.

Con il secondo motivo invece il ricorrente si rammarica del fatto che la Corte d'Appello non abbia tenuto conto del fatto che il conflitto con la ex compagna è insorto per la decisione di quest'ultima trasferirsi a Roma, creando così due ambienti affettivi distinti per il minore, che impediscono l'esercizio delle bigenitorialità. Tutte le scelte di vita del minore infatti sono demandate alla madre, senza nessuna possibilità per il padre di prenderci parte. Situazione a cui solo un affidamento condiviso può ovviare. Il provvedimento inoltre è privo di motivazione sul punto, visto che il Giudice d'appello non ha ammesso la CTU psicologica sui genitori e sul minore per monitorare le condotte della madre, finalizzate a rendere marginale la figura del padre nella vita del figlio.

Addio affido per i genitori che si denigrano a vicenda

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La Cassazione dichiara inammissibile il motivo del ricorso relativo alla contestazione dell'importo dell'assegno posto a carico del padre perché la Corte d'Appello, nel quantificare il contributo dovuto dal genitore non collocatario ha rispettato il principio di proporzionalità, che presuppone una valutazione comparata dei redditi di entrambi i genitori, delle esigenze del minore e del tenore di vita goduto dallo stesso.

La Corte non ha ritenuto di dover compiere ulteriori indagini patrimoniali perché le informazioni fornite dalle parti sono state giudicate sufficienti ai fini del decidere e perché la decisione relativa a un eventuale supplemento probatorio è rimessa alla discrezionalità del giudice di merito ed è insindacabile in sede di legittimità. Inoltre il ricorrente non ha fornito elementi concreti e allegazioni da desumere l'esistenza di fonti occulte di entrata. Per quanto riguarda invece l'ordine impartito al datore di lavoro di versare direttamente l'importo dovuto per il figlio alla ex convivente, la Cassazione ritiene che la valutazione che ha indotto la Corte d'Appello a disporre in tal senso non è sindacabile in sede di legittimità, perché se adeguatamente motivata, come nel caso di specie, non può essere rimessa in discussione.

Per quanto riguarda il motivo relativo all'affidamento del minore la Cassazione si pronuncia per la sua inammissibilità. La Corte d'Appello ha fornito ampia motivazione, da cui è emerso un quadro "desolante" della capacità genitoriale degli ex conviventi "incapaci di elaborare il lutto del fallimento del progetto di coppia per rapportarsi responsabilmente alla genitorialità". L'assoluta conflittualità messa in evidenza dai Servizi sociali, il tentativo di entrambi di svalutare l'altra figura genitoriale, il rifiuto di affrontare un percorso di mediazione e la sofferenza del minore, la cui unica aspirazione pare quella di vedere i propri genitori fare pace, hanno fatto concludere alla Corte che la soluzione migliore per il bambino sia l'affidamento al Comune di Roma e la nomina del Sindaco pro-tempore come suo tutore provvisorio.

Al bambino inoltre è stato offerto un supporto psicologico, mentre la situazione dei genitori è sottoposta a monitoraggio, per verificare se in futuro sia possibile pronunciarsi diversamente sull'affido. La Corte, contrariamente a quanto sostenuto dal padre, non ha ritenuto necessario procedere a una CTU psicologica sui genitori e il minore perché gli atti e le relazioni degli assistenti sociali sono apparse esaustive ai fini della decisione. Anche per quanto attiene la decisione di disporre la residenza del minore presso la madre, mera collocataria e non affidataria, la Corte di merito ha chiarito che è stato stabilita con il solo fine di tutelare il bambino, ben sapendo che questo comporta inevitabilmente delle ripercussioni nel rapporto con il genitore non collocatario.

La censura in ogni caso appare generica visto che l'istante non ha allegato elementi da cui è possibile desumere un disagio del bambino.

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Scarica pdf ordinanza Cassazione n. 5604/2020

Foto: 123rf.com
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