La Cassazione condanna il papà che per anni ha fatto mancare l'assegno di mantenimento alla figlia minore solo perché il suo tenore di vita è peggiorato

di Annamaria Villafrate - Per la Cassazione, come chiarito nella sentenza n. 48567/2019 (sotto allegata), non è giustificabile la contrazione del tenore di vita causata da momentanei problemi lavorativi, per non corrispondere l'assegno mensile di mantenimento alla figlia minore. Gli Ermellini evidenziano che nel caso di specie il padre inadempiente non ha provato una condizione d'impossibilità totale ad adempiere, visto che per tutto il periodo in cui non ha corrisposto l'assegno per la figlia ha comunque continuato a lavorare. Per questo l'imputato deve essere condannato per il reato di violazione degli obblighi di assistenza familiare.

Reato ex art. 570 c.p.

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La Corte d'Appello conferma la sentenza del giudice di primo grado con cui è stata emessa sentenza di condanna alla pena di due mesi di reclusione e 200 euro di multa per il reato disciplinato dall'art 570 c.p., e al risarcimento del danno in favore della parte civile. L'imputato avrebbe ha fatto mancare alla figlia minore i mezzi di sussistenza dal 2011, omettendo di versare l'assegno di 500 euro mensili fissati dal Tribunale.

Tenore di vita inferiore

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Il padre ricorre in Cassazione a mezzo difensore di fiducia lamentando in particolare la sussistenza dell'elemento soggettivo del reato, visto che, di professione curatore fallimentare, dal 2012 ha subito una notevole contrazione del lavoro, costringendolo a un tenore di vita inferiore a quello precedente. Non solo, l'occupazione successiva presso il Ministero dello Sviluppo economico era scarsamente retribuita, inoltre nel 2013 lo stessa restava vittima di un incidente stradale.

Condanna per il papà che non mantiene la figlia per anni

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La Corte di Cassazione con sentenza n. 48567/2019 dichiara il ricorso inammissibile. Per quanto riguarda il motivo del ricorso con cui l'imputato contesta la sussistenza dell'elemento soggettivo del reato gli ermellini chiariscono, contrariamente alla tesi del difensore di quest'ultimo che "la corte territoriale ha ben argomentato, con considerazioni aderenti alle emergenze dell'incartamento processuale, lineari e conformi a logica - pertanto incensurabili nella sede di legittimità - , le ragioni per le quali abbia ritenuto integrato l'elemento soggettivo del reato, facendo ineccepibile applicazione dei principi di legittimità in materia."

La corte ricorda infatti che affinché la condotta di chi deve il mantenimento possa considerarsi scriminata, non è sufficiente dimostrare che vi è stata una flessione, una generica difficoltà economica o uno stato di disoccupazione. Occorre infatti fornire la prova di una impossibilità effettiva e assoluta di rispettare gli obblighi di mantenimento verso i figli, così come stabilito dal Tribunale. Prova che l'imputato non è stato in grado di fornire, visto che comunque, durante tutto il periodo in cui non ha corrisposto alcunché per il mantenimento della figlia, ha svolto comunque attività lavorativa.

La Corte d'appello infine ha correttamente applicato il principio di diritto per il quale il reato di violazione degli obblighi di assistenza familiare deve essere qualificato come un illecito penale a dolo generico. Non è infatti necessario, affinché si realizzi la condotta omissiva richiesta dalla fattispecie, che il soggetto agisca con la precisa intenzione e volontà di far mancare i mezzi di sussistenza al destinatario bisognoso.

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Scarica pdf Cassazione n. 48567-2019

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