Il MES, Meccanismo Europeo di Stabilità, ormai vicino all'accordo sulla riforma, scatena polemiche incentrate sui limiti tra sovranità statale ed europea. Vediamo cos'è il Fondo Salva Stati spiegato bene

di Annamaria Villafrate - Si fa un gran parlare di MES, linee di credito precauzionali e limiti alla sovranità interna da quando è tornato sul banco il tema della riforma del Fondo Salva Stati. Il Meccanismo Europeo di Stabilità infatti, se piace a una parte del Governo è odiato dalle destre, che da sempre rivendicano una maggiore sovranità interna dello Stato Italiano, anche quando il paese è costretto a chiedere aiuti all'Europa per risolvere i suoi problemi economici. Una questione resa ancora più complessa a causa della divergenza assoluta di opinioni sulle condizioni della riforma del MES, che secondo i partiti di destra, finirebbero per imporre ai paesi in difficoltà, paletti e regole troppo strette e a far gestire la politica interna all'Europa, con la Germania in testa, visto che è il paese che detiene la quota di partecipazione al capitale più elevata.

Che cos'è il MES?

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Il MES, Meccanismo Europeo di Stabilità (ESM il suo acronimo inglese) è un'organizzazione intergovernativa che nasce nel 2012 per aiutare i paesi che fanno parte dell'euro-zona che presentano problemi di natura economica. Una sorta di cassa per le emergenze, da cui è possibile attingere in caso di difficoltà, in presenza di determinate condizioni, che ha dapprima affiancato e poi sostituito il Meccanismo europeo di stabilizzazione finanziaria (MESF) e il Fondo europeo di stabilità finanziaria (FESF).

Organi e funzionamento

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Il MES opera grazie a un Consiglio dei governatori, un consiglio di amministrazione e un direttore generale. Le decisioni relative alle concessioni di assistenza finanziaria agli Stati vengono adottate dal Consiglio dei governatori all'unanimità dei membri che prendono parte alla votazione, esclusi gli astenuti, anche se, per rendere più efficace il sistema decisionale, è previsto il voto a maggioranza qualificata dell'85% del capitale se la Commissione e la BCE ritengono sia necessario procedere con urgenza. Il numero dei diritti di voto di ogni Stato è pari alla quota di contribuzione al capitale versato.

Come viene finanziato

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Il MES al momento ha 80 miliardi di euro di capitale versato e 704 miliardi di euro di capitale sottoscritto. Per finanziarsi però il MES emette anche titoli garantiti dagli Stati che ne fanno parte. La Germania al momento è il paese che ha contribuito maggiormente al fondo con una quota di partecipazione al capitale del 27%, seguito dalla Francia con il 20% e dall'Italia con il 17%.

Accesso al MES

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Il fatto che il MES sia un'organizzazione intergovernativa creata per dare aiuto ai paesi più in difficoltà non significa che non sono state previste regole o condizioni per accedervi.

I Paesi che fanno richiesta di aiuto al MES infatti prima di tutto devono accettare di rispettare una serie di indicazioni europee necessarie a risanare la situazione economica del paese. Cura che passa generalmente attraverso molteplici misure come l'abbassamento delle tasse, il taglio della spesa pubblica, la previsione di nuove leggi sul lavoro, interventi di nazionalizzazione o privatizzazione, riforme pensionistiche e salariali dei dipendenti pubblici e tanto altro ancora.

Il tutto sotto il controllo del comitato formato dalla Commissione Europea, dalla Banca Centrale Europea e dal Fondo Monetario Internazionale. Questo Comitato infatti, noto con il nome di Troika, deve vigilare sull'effettiva realizzazione delle riforme e dei cambiamenti nazionali imposti dall'Europa. Una "cessione" di poteri all'UE, che infastidisce chi rivendica la sovranità interna dello Stato in difficoltà, su questioni politiche e sociali così importanti.

La riforma del MES

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In questi giorni non si fa che parlare del MES e della necessità di riformarlo, anche se sulla questione non c'è assolutamente uniformità di vedute.

I Paesi nordeuropei, decisamente più ricchi e stabili dal punto di vista politico, vorrebbero maggiori garanzie sui prestiti e condizioni più rigide per evitare che gli Stati più deboli e in difficoltà non rispettino gli impegni finanziari assunti, con la scusa del MES a fare da cuscinetto.

Gli Stati in maggiori difficoltà economiche invece vorrebbero tenere l'Europa alla larga dalla politica interna, in quanto materia riservata alla sovranità popolare. Idea condivisa in questi giorni da Matteo Salvini, Giorgia Meloni e Luigi di Maio, che puntano il dito sul meccanismo dell'automatismo che lega la ristrutturazione del debito all'accesso al MES, anche se sembra un problema ormai scongiurato.

Difficile, con vedute così lontane, trovare un accordo. In effetti è da tempo che questi due blocchi di Stati cercano di trovare una riforma che tenga conto di entrambe le istanze, che non metta cioè troppi paletti ai paesi in difficoltà e che, nello stesso tempo, non gravi troppo sugli Stati più ricchi.

La prima questione connessa al rispetto della sovranità interna riguarda il meccanismo di accesso al credito del MES. In pratica i paesi in difficoltà, tra cui l'Italia, chiedono la concessione delle linee di credito precauzionali del MES senza l'obbligo di dover sottoscrivere un accordo che permetta all'Europa di imporre misure troppo strette che risulterebbero sgradite al popolo. Condizione accolta, purché i paesi rispettino i parametri di Maastricht. Un vero e proprio controsenso, in realtà, visto che se gli Stati fossero in grado di rispettare i parametri di Maastricht non si troverebbero in difficoltà e non avrebbero bisogno del MES.

Un'altra condizione che piace molto poco ai paesi più poveri e che preoccupa l'Italia è quella che renderebbe più semplice la ristrutturazione del debito pubblico del paese in crisi, con il risvolto negativo di portare alla fine i creditori, a causa di un complesso sistema di compravendita di titoli di Stato, a chiedere interessi troppo alti rispetto alle possibilità economiche del paese che ha ricevuto l'aiuto.

Su una questione però i paesi deboli l'hanno spuntata. Si tratta del backstop per il Fondo di risoluzione unico, che viene alimentato dalle banche europee per dare aiuto a istituti finanziari con problemi. In questo modo il MES potrà erogare fino a 55 miliardi di euro anche al Fondo di risoluzione per rendere le banche più stabili.

Riforma chiusa o aperta?

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Sulla riforma del MES il Governo italiano deve ancora esprimersi, anche se le parole poco chiare del ministro Gualtieri hanno rischiato di scatenare la rissa. Da Giorgia Meloni e Borghi accuse di alto tradimento e infedeltà in affari di Stato. Situazione che ha portato Gualtieri a precisare che l'accordo definitivo ancora non c'è stato, anche se i margini per rimetterlo in discussione nei suoi punti fondamentali sono minimi. Una bella differenza insomma. Nel frattempo il primo Ministro Conte, nel tentativo di stemperare critiche e polemiche, promette la sua presenza in Aula per rispondere agli attacchi e chiarire come si è arrivati al negoziato.

Leggi anche Il futuro dell'euro: l'assicurazione del debito sovrano e altro


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