La legge di bilancio, in materia di riscossione degli enti locali, tira fuori il vecchio strumento dell'ingiunzione fiscale per ottenere il pagamento delle multe

di Annamaria Villafrate - L'art 96 della legge di bilancio 2020 che prosegue il suo cammino parlamentare richiama l'ingiunzione di pagamento o fiscale del regio decreto n. 639 del 14 aprile 1910 come strumento a cui i Comuni possono ricorrere per ottenere il corrispettivo delle multe relative alla violazione del Codice della strada. Uno strumento alternativo alla cartella di pagamento, che in ogni caso potrà essere ancora utilizzata.

Vediamo come funziona:

In arrivo l'ingiunzione di pagamento per le multe stradali

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Il ddl n. 1586 contenete l'attuale versione della legge di bilancio 2020 rimette in campo l'istituto dell'ingiunzione di pagamento o ingiunzione fiscale prevista dal vecchio RD n. 639/1910.

In pratica l'ingiunzione non è altro che uno strumento alternativo alla cartella esattoriale a cui siamo abituati, che il Comune può utilizzare per recuperare le somme che il trasgressore non ha ancora pagato dopo che gli è stata notificata la multa

. L'ingiunzione è infatti un ordine di pagamento, che viene emesso dal competente ufficio comunale, che concede 30 giorni per provvedere, pena il pignoramento dell'importo dovuto. Si tratta dell'ultimo atto del procedimento di accertamento del debito che quindi anticipa il pignoramento o il fermo, che per essere valido però deve essere preceduto dalla comunicazione al debitore del dettaglio delle sua posizione debitoria. In assenza infatti l'ingiunzione fiscale sarà nulla.

Questo strumento garantisce senza dubbio una maggiore autonomia ai Comuni, che proprio grazie all'ingiunzione di pagamento non sono costretti ad avvalersi degli agenti di riscossioni Del resto basta leggere la formulazione dell'art. 2 del RD. n. 639/1910 per comprendere che si tratta di uno strumento nelle mani dell'ente. Esso dispone infatti che:" Il procedimento di coazione comincia con la ingiunzione, la quale consiste nell'ordine, emesso dal competente ufficio dell'ente creditore, di pagare entro trenta giorni, sotto pena degli atti esecutivi, la soma dovuta."

Questo non significa che i Comuni saranno obbligati a ricorrere a questo strumento. Possono infatti continuare ad avvalersi di un soggetto terzo che provveda alla riscossione.

Come ci si oppone all'ingiunzione di pagamento?

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L'opposizione all'ingiunzione di pagamento deve avvenire nel termine di 30 giorni al giudice di pace competente territorialmente. Il rispetto di detto termine per fare opposizione si rivela particolarmente importante perché, come anticipato, all'ingiunzione di pagamento non opposta, segue immediatamente il pignoramento mobiliare o immobiliare a danno del debitore.

La successiva fase esecutiva

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L'art 5 del RD. 639/1910 prevede infatti che: "Trascorso inutilmente il termine di giorni trenta, fissato dall'art. 2 per i debitori morosi, o respinto il ricorso o l'opposizione nei casi in cui fosse stata ordinata la sospensione del procedimento coattivo a tenore degli articoli 3 e 4, l'ente creditore procede, per mezzo di un ufficiale giudiziario addetto alla pretura o di un usciere dell'ufficio di conciliazione, al pignoramento dei beni mobili del debitore, eccettuati quei mobili che per legge non possono essere pignorati." Questo non significa che il pignoramento a cui il Comune potrà fare ricorso, è solo quello mobiliare. Il RD n. 639/1910 contempla anche l'esecuzione immobiliare e nulla vieta di procedere anche al pignoramento presso terzi.

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