Per il Tribunale di Roma la presenza di una scala interna che collega i due appartamenti impone di considerarli come un'unica abitazione da assegnare al genitore collocatario prevalente dei minori

di Lucia Izzo - Al genitore collocatario prevalente dei figli minori va assegnata la casa coniugale per intero, anche se è costituita da due appartamenti, distinti da un numero di interno diversi, ma collegati l'uno all'altro tramite una scala interna.


Stante tale collegamento, le due unità immobiliari devono essere considerate come un'unica unità abitativa e, pertanto, vanno assegnate insieme per preservare l'habitat domestico nel quale hanno vissuto i figli minori.


Lo ha chiarito il Tribunale di Roma nella sentenza n. 12255/2019 (sotto allegata) con cui ha definito il giudizio di divorzio tra due coniugi.


La casa coniugale

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La coppia si trova, tra l'altro, a discutere sulla "consistenza" della casa coniugale che, secondo la ex moglie, dovrebbe ritenersi comprensiva di due appartamenti, rispettivamente collocati al terzo e al quarto piano dello stabile e identificati con numeri di interno diversi.


In sede di separazione consensuale, alla signora era stata assegnata, in qualità di casa coniugale, solo l'unità abitativa al terzo piano, mentre l'altra le era stata attribuita dal marito in comodato gratuito decennale. In Tribunale, invece, la donna chiede le siano assegnati entrambi gli appartamenti.


L'ex marito, invece, ritiene che la casa coniugale vada individuata esclusivamente nell'appartamento al terzo piano. L'assegnazione alla ex anche la casa al quarto piano, secondo l'uomo, sarebbe superflua atteso che, al fine di garantire alla ex una maggiore comodità, le aveva comunque riconosciuto il godimento gratuito dell'immobile.

Casa coniugale assegnata per intero

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Il Tribunale, in primis, ritiene di confermare l'affidamento condiviso dei figli a entrambi i genitori con collocamento prevalente presso la madre. In quanto collocataria, dunque, alla donna va assegnata la casa coniugale stante il disposto di cui all'art. 337-sexies del codice civile.


Inoltre, l'istruttoria espletata in Tribunale evidenzia come i due appartamenti fossero collegati tra loro da una scala interna, già esistente in costanza di convivenza matrimoniale. In pratica, sebbene nelle condizioni di separazione le parti avessero qualificato casa coniugale solo uno degli interni, le due unità immobiliari devono ritenersi costituire un'unica unità abitativa.

Dopo la separazione, la donna aveva continuato a vivere assieme ai figli nella casa coniugale nella sua originaria consistenza. Di conseguenza, il giudice ritiene doveroso assegnare entrambe le suddette unità abitative alla signora, trattandosi di provvedimento volto a garantire l'interesse dei figli minori a conservare, sino all'autosufficienza economica, l'originario habitat domestico.

Va tutelato l'habitat domestico dei figli minori

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Tale interesse, precisa la sentenza, non potrebbe essere adeguatamente garantito attraverso il mero comodato decennale avente ad oggetto l'appartamento al quarto piano, tenuto conto dell'attuale età dei figli, ancora piccoli.

Tanto premesso, il Collegio non manca di bacchettare i due, ormai ex, coniuge che in sede di separazione, in contrasto con la reale situazione di fatto, hanno indebitamente qualificato casa coniugale solo una delle due unità, in tal senso sviando la valutazione del Tribunale.

Ma questa circostanza, conclude il provvedimento, non priva i figli del diritto a vedersi garantita la conservazione dell'habitat domestico, attraverso il provvedimento di assegnazione della casa familiare nella sua effettiva consistenza.

Scarica pdf Tribunale di Roma, sent. n. 12255/2019

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