Alcune "accortezze" rivolte a chi riceve un avviso di accertamento TARI. Ecco quando e perchè impugnare la tassa sui rifiuti

Avv. Filippo Antonelli - Alla luce dei dati raccolti ed elaborati nell'ambito di una ricerca su base comunale degli aumenti della TARI negli ultimi anni, di seguito si potranno leggere alcune "accortezze" che chi riceve un avviso di accertamento TARI deve adottare.

In particolare l'analisi è rivolta al contribuente persona giuridica (azienda):

Tari: nozione e presupposti

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Preliminarmente si consideri la nozione ed il presupposto del tributo TARI ovvero il possesso, l'occupazione o la detenzione, a qualsiasi titolo, di locali o aree scoperte che insistono interamente o prevalentemente sul territorio del Comune, a qualsiasi uso adibiti, suscettibili di produrre rifiuti, urbani o assimilati.

Aree magazzini produzione e stoccaggio

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Si consideri in secondo luogo la Risoluzione n. 2/DF del Ministero dell'Economia e delle Finanze del 09.12.2014 Prot. 47505: La disposizione aggiunge una specificazione, pertanto: essa considera intassabili le aree sulle quali si svolgono le lavorazioni industriali o artigianali, che in genere producono rifiuti in via prevalente speciali, poiché la presenza umana determina la formazione di una quantità non apprezzabile di rifiuti urbani assimilabili.

Pertanto una prima considerazione può essere già tratta: ne deriva che sono sempre esenti dalla TARI i magazzini di produzione e quelli adibiti allo stoccaggio dei prodotti finiti produttivi di rifiuti speciali.

Conseguentemente deve escludersi l'applicazione del prelievo sui rifiuti in relazione alle superfici specificatamente destinate alle attività produttive, con la sola eccezione della parte occupata dai macchinari.

Onere in capo al comune

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Inoltre il terzo periodo dell'art. 1 co. 649 L. 147/2013 attribuisce ai Comuni un onere di individuare, con regolamento, le aree di produzione di rifiuti speciali non assimilabili e i magazzini di materie prime e di merci funzionalmente ed esclusivamente collegati all'esercizio di dette attività produttive, ai quali si estende il divieto di assimilazione.

Di conseguenza si deve ritenere che i Comuni non hanno alcun spazio decisionale in ordine all'esercizio del potere di assimilazione.

Ne deriva che il Comune non può sottoporre tali aree a prelievo, e nemmeno potrebbe comunque valutarle assoggettabili interpretando il proprio regolamento a tal proposito previsto.

Le aree solitamente individuate negli accertamenti in oggetto altro non sono che magazzini intermedi di produzione e quelli adibiti allo stoccaggio dei prodotti finiti, i quali devono essere considerati esenti in quanto produttivi di rifiuti speciali, a prescindere dal contenuto del regolamento comunale.

Per le stesse ragioni sono escluse dall'ambito TARI le aree scoperte che danno luogo alla produzione, in via continuativa e prevalente, di rifiuti speciali non assimilabili, dove asservite al ciclo produttivo.

Tassazione ridotta

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Si consideri altresì quanto ribadito dalla Suprema Corte di Cassazione (28.04.2017, n. 10548) in merito alla detassazione piena (invece di quella ridotta) per le aree societarie individuate quali luoghi di formazione di rifiuti speciali smaltiti in proprio.

Afferma la Corte che è pur vero che l'art. 62 co. III D. Lgs. 507/1993 attribuisce al Comune la facoltà di individuare categorie di attività produttive di rifiuti speciali cui applicare una percentuale di riduzione, facoltà che comunque esige esercizio regolamentare, restando in difetto le superfici esenti da tassazione (Cass. Civ., S.U., 30.03.2009, n. 7581).

Tuttavia, prosegue la Corte, la società che rende edotto il Comune della presenza specifica delle aree dove si formano i rifiuti speciali, non deve pagare la tassa nemmeno forfettaria.

Così afferma ancora la Suprema Corte (sezione tributaria, sent. n. 9858/2016), ribadendo pertanto quello che può essere considerato un principio di diritto.

Superficie aziendale e denunce infedeli

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Un'azienda si compone di superfici aventi destinazioni differenti, poiché l'utilizzo è differente, da parte della proprietà nonché dei fruitori della stessa, delle varie porzioni in cui è suddivisa la struttura aziendale: a questa diversità corrisponde una diversa produzione di rifiuti.

Come altresì affermato dalla giurisprudenza di merito (Commissione Tributaria Prov.le Brescia, sez. I, 16.02.2016, sent. n. 134), per determinare la superficie soggetta al pagamento dell'imposta TARI, introdotta nell'ordinamento dalla L. 147/13, non si tiene conto di quella parte in cui si formano rifiuti speciali, smaltiti a proprie spese dai relativi produttori e condizione necessaria è la dimostrazione dell'avvenuto trattamento conformemente alla normativa vigente. Di conseguenza l'Amministrazione Comunale non può esercitare alcuna pretesa su tali superfici, in quanto il Comune non rende in relazione ad esse nessun servizio.

In effetti il discorso attinente la superficie tassata è, purtroppo, sempre più all'ordine del giorno.

Si assiste sempre di più, negli ultimi anni, ai c.d. sopralluoghi da parte di funzionari del Comune nei locali aziendali, al fine di ricalcolare la superficie assoggettabile al tributo. Molto spesso si legge negli accertamenti, a seguito dei sopralluoghi effettuati, "che dalla verifica delle superfici che devono essere soggette a tassazione per la tassa rifiuti è stato possibile accertare per il Contribuente notificato la violazione di infedele denuncia per i locali di seguito indicati.

Purtroppo un avviso con questa indicazione genera sempre forte preoccupazione in capo al Contribuente che, spaventato, non si rende conto degli spesso grossolani errori riportati.

Si consiglia sempre di controllare e calcolare minuziosamente la propria superficie aziendale, anche alla luce dei dati in proprio possesso, e raffrontarla con il calcolo effettuato dall'Ente, che spesso assoggetta al tributo aree totalmente esenti, generando errori che si ripercuotono inevitabilmente sull'entità del tributo.

Squilibrio di spesa di smaltimento

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È sempre più evidente altresì lo squilibrio fra le spese per lo smaltimento dei rifiuti speciali (che rappresentano in sostanza il 90-95% dei rifiuti totali) rispetto alla tassazione imposta dagli Enti per lo smaltimento della minima quota di rifiuti assimilabili agli urbani.

Ciò implica un'illegittima doppia imposizione tributaria, non solo per la richiesta attinente i rifiuti speciali, ma altresì per la determinazione della superficie aziendale interessata.

Come altresì affermato in una recente pronuncia della Corte di Cassazione (sezione tributaria, 25.05.2018, n. 1320), questa volta con riferimento alle utenze domestiche, ai sensi della L. 212/2000 meglio nota come Statuto del Contribuente, tali valutazioni non sono certamente interpretabili come illegittime compressioni degli spazi di autonomia riconosciuti alle autonomie locali. Il Comune non può dettare regole che non rispondono a reali esigenze impositive e che, quindi, oltre ad andare contro i principi dello Statuto del Contribuente, non rispondano neppure a criteri di ragionevolezza.

Sia consentita, infine, l'amara considerazione per cui desta particolare sconforto notare come le Amministrazioni Comunali non tutelino adeguatamente le aziende del territorio, privandole delle risorse fondamentali e non incentivando minimamente l'attività delle medesime.

Naturalmente la natura di questi ragionamenti è di matrice giuridica o, in altri casi, tecnica. Tuttavia un amministratore d'azienda attento può, alla luce di queste considerazioni, agevolmente considerare che la pretesa tributaria rivolta alla propria azienda sia erronea ed illegittima.

Il passo successivo è necessariamente impugnare tale pretesa.

Si consiglia infatti di consultare sempre tanto una figura giuridica/fiscale (avvocato e dottore commercialista) affiancata da una figura tecnica (perito che può essere geometra, architetto, ingegnere) la quale sarà fondamentale nel redigere una perizia tecnica di supporto.


Avv. Filippo Antonelli

Foro di Forlì-Cesena

filippo.antonelli@me.com

LinkedIn: Filippo Antonelli

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