La Cassazione rammenta che il mero tradimento non basta per ottenere un risarcimento, dovendo questo tradursi anche nella violazione di un diritto costituzionalmente protetto

di Lucia Izzo - Il tradimento da parte del coniuge rappresenta, senza dubbio, un evento idoneo a creare turbamento nel "tradito" e dal quale spesso discende la disgregazione del rapporto familiare.


Tuttavia, dalla relazione extraconiugale intrattenuta dal coniuge non scatta automaticamente il risarcimento del danno, essendo necessario che l'afflizione superi la soglia della tollerabilità e che il tradimento, per le sue modalità o per la gravità dello sconvolgimento provocate nell'altro coniuge, si traduca nella violazione di un diritto costituzionalmente protetto.


Lo ha ribadito la Corte di Cassazione, terza sezione civile, nell'ordinanza n. 6598/2019 (qui sotto allegata) pronunciandosi sulla vicenda di un uomo che aveva convenuto in giudizio la moglie dalla quale si era separato.


Il caso

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Ai giudici, l'istante aveva chiesto un risarcimento per il danno morale e alla salute subito a causa della relazione extraconiugale intrattenuta dalla ex con un collega di lavoro, iniziata circa quattro mesi prima del concepimento del loro figlio e protrattasi per quattro anni.


Una scoperta che l'uomo rivela avergli provocato un disturbo depressivo cronico, al punto da aver anche chiesto il test di paternità del bambino. La sua domanda, tuttavia, viene giudicata inammissibile e si risolve addirittura con una condanna a carico dell'uomo per lite temeraria.


Nonostante il ricorrente continui a sostenere che la violazione del dovere di fedeltà, perpetrata dalla moglie nei suoi confronti, abbia integrato la violazione di un diritto costituzionalmente protetto e sia da considerarsi pertanto fonte di un danno risarcibile, anche la Cassazione respinge la sua decisione.

Violazione dei doveri derivanti dal matrimonio

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Gli Ermellini premettono che la violazione dei doveri che derivano ai coniugi dal matrimonio, ove cagioni la lesione di diritti costituzionalmente protetti, può integrare gli estremi dell'illecito civile e dare luogo a un'autonoma azione volta al risarcimento dei danni non patrimoniali ai sensi dell'art. 2059 c.c., senza che la mancanza di pronuncia di addebito in sede di separazione sia a questa preclusiva (Cass. n. 18853/2011).


Tuttavia, come puntualizzato dalla giurisprudenza (da ultimo Cass. n. 4470/2018), i danni alla persona, come danni conseguenza, devono essere specificamente allegati e provati, anche a mezzo di presunzioni.


I doveri discendenti dal matrimonio, spiega la Corte, non costituiscono automaticamente, in capo a ciascun coniuge e nei confronti dell'altro coniuge, altrettanti diritti, costituzionalmente protetti, la cui violazione è di per sé fonte di responsabilità aquiliana per il contravventore.


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Una loro violazione potrà rilevare,oltre che in ambito familiare, come presupposto di fatto della responsabilità aquiliana se ne discende la violazione di diritti costituzionalmente protetti, che si elevi oltre la soglia della tollerabilità e possa essere in tal modo fonte di danno non patrimoniale.

Tradimento: niente risarcimento se non è violato un diritto costituzionalmente protetto

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La mera violazione dei doveri matrimoniali, dunque, non integra di per sé ed automaticamente una responsabilità risarcitoria, dovendo, in particolare quanto ai danni non patrimoniali, riscontrarsi la concomitante esistenza di tutti i presupposti ai quali l'art. 2059 c.c. riconnette detta responsabilità, secondo i principi affermati dalle Sezioni Unite (cfr. sent. n. 26972/2008), la quale ha ricondotto sotto la categoria e la disciplina dei danni non patrimoniali tutti i danni risarcibili non aventi contenuto economico.


Sebbene dalla violazione del dovere di fedeltà possa indubbiamente derivare un dispiacere per l'altro coniuge e discendere la disgregazione del nucleo familiare, questo non sarà automaticamente risarcibile, ma solo quando l'afflizione superi la soglia della tollerabilità e si traduca, per le sue modalità o per la gravità dello sconvolgimento che provoca nell'altro coniuge, nella violazione di un diritto costituzionalmente protetto, primi tra tutti quelli alla salute, alla dignità personale e all'onore.

Nel caso di specie, correttamente la Corte d'Appello ha escluso che la violazione del dovere di fedeltà fosse stata causa della separazione, poiché la moglie aveva svelato il tradimento al marito quando la coppia era già legalmente separata da alcuni mesi e nel contesto di una conversazione privata

Ancora, il giudice ha quo ha escluso anche che il tradimento perpetrato dalla donna, per le sue modalità, avesse potuto recare un apprezzabile pregiudizio all'onore e alla dignità del coniuge, in quanto non noto neppure nell'ambiente circostante di lavoro e comunque non posto in essere con modalità tali da ledere la dignità della persona.


Scarica pdf Cass. n. 6598/2019

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