Condannato a risarcire i danni da nascita indesiderata il medico di base che prescrive un farmaco non adatto alla contraccezione nonostante le richieste della paziente

di Valeria Zeppilli - Di recente, la Corte di cassazione ha pronunciato una sentenza relativa all'interpretazione del contratto di assicurazione stipulato da un sanitario, convenuto in giudizio per un'ipotesi di responsabilità medica.

Si tratta della pronuncia numero 4738/2019 (sotto allegata) che, al di là degli aspetti relativi alla manleva della Compagnia assicuratrice, rileva anche indirettamente perché dalla stessa emerge la significativa pronuncia del Tribunale di primo grado, in materia di danni da nascita indesiderata.

Farmaco non idoneo alla contraccezione

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La vicenda alla base della pronuncia della Corte riguardava infatti una coppia di genitori che aveva citato in giudizio il medico di base della donna, chiedendo il risarcimento per i danni da nascita indesiderata che erano derivati dal fatto che il sanitario, al contrario di quanto gli era stato richiesto, aveva prescritto un farmaco non idoneo alla contraccezione, tanto che i due avevano, appunto, generato un figlio.

Spese per il mantenimento

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Accogliendo la domanda dei due, il Tribunale aveva quindi condannato il medico di base a risarcire il danno patrimoniale cagionato dalla sua condotta e rappresentato dalle spese per il mantenimento della minore, quantificate in 116.237 euro oltre interessi legali.

Sì alla manleva

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A portare la questione sino all'attenzione della Corte di cassazione è stata la decisione del Tribunale di rigettare la domanda di manleva proposta dal medico nei confronti della propria compagnia, poi confermata anche dalla Corte d'appello.

Per la Corte, però, le argomentazioni addotte dai giudici del merito a sostegno del diniego di manleva non sono condivisibili, con la conseguenza che il medico va quindi garantito dalla propria compagnia di assicurazione rispetto alla condanna che gli è stata inflitta.

Applicazione delle norme ermeneutiche

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Si segnala che, nel giungere a tale conclusione, la Cassazione ha enunciato un principio importante, valido in questo come in altri ambiti.

In particolare, per i giudici, "l'applicazione delle norme ermeneutiche di cui agli articoli 1362 ss. c.c. è un'operazione di diritto, che peraltro non è affidata a una potestà dispositiva delle parti coinvolte, id est non dipende da specifiche argomentazioni della parte interessata. Questa deve portare il fatto all'esame del giudice … e poi jura novit curia".

Scarica pdf sentenza Cassazione numero 4738/2019
Valeria Zeppilli

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