Per il Consiglio di Stato la rilevazione delle presenze non è incompatibile con lo status di avvocati dipendenti di un Ente Pubblico

di Lucia Izzo - Va confermata la possibilità che anche le avvocature pubbliche siano soggette all'obbligo di timbratura del badge. Tuttavia, il controllo della rilevazione delle presenze e delle autorizzazioni alla loro deroga non può essere attributo a una struttura diversa da quella dell'avvocatura civica.


Tanto si deduce dalla sentenza n. 5538/2018 (qui sotto allegata) con cui il Consiglio di Stato si è pronunciato sul ricorso di un gruppo di avvocati-dirigenti in servizio presso l'ASL.

Il caso

Questi impugnato la nota con cui il dirigente del settore risorse umane aveva inviato loro i tesserini magnetici per ottemperare all'obbligo di marcatura della loro presenza, pena l'adozione di misure disciplinari.


Tuttavia, secondo gli attori, il sistema di rilevazione delle presenze basato sull'uso del badge sarebbe stato incompatibile con il loro status di avvocati dipendenti di un Ente pubblico, caratterizzato da profili di autonomia professionale e indipendenza, oltre che con le peculiari modalità di svolgimento dell'attività professionale alle dipendenze dell'Azienda sanitaria.


La domanda veniva tuttavia respinta dal T.A.R. secondo cui le prerogative di autonomia e indipendenza, nei termini riconosciuti dall'ordinamento professionale agli avvocati degli enti pubblici, non sarebbero state lese da ordini di servizio finalizzati alla verifica del rispetto degli obblighi lavorativi di diligenza e correttezza nei confronti della persona giuridica pubblica datrice di lavoro.


Tali provvedimenti, secondo il giudice a quo, neppure avrebbero determinato una "indebita ingerenza" nell'esercizio intrinseco della prestazione d'opera intellettuale propria della professione forense, e cioè "nella trattazione esclusiva e stabile degli affari legali dell'ente" ai sensi dell'art. 23 l. n. 247/2012.


Piuttosto, si sarebbe sottoposta l'attività a "forme di controllo estrinseco, doverose e coerenti con la partecipazione dell'ufficio dell'avvocato dell'ente pubblico all'organizzazione amministrativa dell'ente stesso".


Anche il Consiglio di Stato giunge alla medesima conclusione del provvedimento impugnato.

Avvocati pubblici e controllo nello svolgimento della prestazione

Il Collegio rammenta, su un piano generale, che l'autonomia e l'indipendenza qualificanti l'esercizio di una determinata attività lavorativa possono assumere (e concretamente assumono) contenuti e modalità di estrinsecazione diverse, in relazione alla tipologia di prestazione che viene in rilievo e alla connessa esigenza, avvertita e tutelata dall'ordinamento, di evitare che le stesse risultino compromesse da scelte organizzative con esse confliggenti, promananti dall'Amministrazione di appartenenza.


In particolare, con riguardo alla posizione dei cd. avvocati pubblici, ovvero quelli incardinati organizzativamente presso un determinato ente pubblico con ius postulandi nell'interesse dell'ente di appartenenza, le loro prerogative di indipendenza e autonomia, proprio perché affidatari dell'interesse di una parte, attengono essenzialmente al "modo" in cui perseguire quell'interesse, ovvero alle scelte difensive da mettere in pratica per la sua migliore tutela.

Di conseguenza, queste non rischiano di essere pregiudicate, anche nella percezione ab externo, da forme di controllo, circa le modalità anche temporali di svolgimento della loro prestazione, che con quelle scelte non siano, direttamente o indirettamente, interferenti.

Tuttavia, il Consiglio di Stato ammette che determinate forme di controllo, pur rivolte in via diretta a verificare le modalità temporali di assolvimento della prestazione professionale dell'avvocato pubblico, quindi attinenti agli aspetti "estrinseci" della stessa, possono rivelarsi oggettivamente idonee a intaccare il "nucleo essenziale" dei requisiti di indipendenza e autonomia della sua attività lavorativa.

A titolo esemplificativo, ciò si verificherebbe qualora l'autorizzazione all'uscita dalla sede di servizio, per recarsi presso un ufficio giudiziario dovesse essere rilasciata da un Settore dell'Amministrazione diverso da quello di inquadramento dell'avvocato. Ma nel caso di specie tale evenienza non si verifica in quanto l'autorizzazione, secondo il regolamento di utilizzazione del badge, va richiesta allo stesso Dirigente Responsabile dell'Avvocatura.

Enti pubblici: il "badge" non lede l'imprevedibilità e la dinamicità della professione di avvocato

Neppure è condivisibile la tesi di parte appellante, secondo cui la forma di controllo in questione non si concilierebbe con le caratteristiche di imprevedibilità e di dinamicità che connotano la professione di avvocato, incidendo sulle sull'autonomia gestionale e sulla libertà di azione qualificanti (anche) la professione dell'avvocato pubblico.

Da un lato, non è dimostrato che l'imprevedibilità dell'attività professionale dell'avvocato sia tale da impedire l'efficiente e tempestivo esercizio della suindicata potestà autorizzatoria; dall'altro lato, proprio l'affidamento della medesima potestà al Dirigente del medesimo Settore cui appartiene l'avvocato richiedente l'autorizzazione, ai fini dello svolgimento del mandato difensivo, garantisce il suo esercizio secondo criteri di snellezza, tempestività, flessibilità e coerenza con le effettive esigenze organizzative del dipendente.

Consiglio di Stato, sent. n. 5538/2018

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