Nei casi di violenza sulle donne il giudice non deve osservare burocraticamente le regole, ma attivarsi per tutelare la vittima dall'aggressore

di Annamaria Villafrate - Con la sentenza n. 20335/2018 (sotto allegata) la Cassazione, condividendo le conclusioni della Commissione disciplinare del CSM, respinge il ricorso di un sostituto procuratore, sanzionato con la perdita di due mesi di anzianità, per non essersi attivato adeguatamente in relazione a un caso di violenza su una donna, conclusasi in un femminicidio. Il procuratore non avrebbe sollecitato, dopo diversi episodi di aggressione, l'adozione della misura cautelare del carcere in sostituzione degli arresti domiciliari a cui era stato sottoposto l'aggressore. Quando sono in gioco interessi rilevanti, come la vita di una donna, il giudice non può comportarsi da mero burocrate, applicando formalmente la legge, ma deve attivarsi in difesa della vittima a tutela della sua incolumità.

La vicenda processuale

Un sostituto procuratore viene sanzionato dalla commissione disciplinare del Consiglio Superiore della Magistratura con la perdita di due mesi di anzianità, per violazione degli artt. 1 e 2, dlgs n. 109/2006. Il sostituto procuratore non avrebbe impedito l'omicidio di una donna, lasciando che il suo carnefice, dopo tre aggressioni in quattro mesi, restasse agli arresti domiciliari, anziché essere spedito in carcere. La vittima, malgrado le denunce, non era stata ascoltata.

Il magistrato si era infatti limitato ad avvisare l'indagato della chiusura delle indagini preliminari nei suoi confronti "non curandosi affatto (rispetto al secondo episodio) dell'esigenza cautelare espressa dalla p.g. persistendo nel descritto atteggiamento trascurato e rinunciatario, omettendo anche in questo caso di adottare qualunque iniziativa." Il sostituto procuratore avrebbe quindi recato alla donna un danno ingiusto perché "lasciata alla mercé del convivente e del suo pervicace comportamento lesivo."

Il procuratore ha violato un rilevante dovere di diligenza tenuto conto della rilevanza degli interessi coinvolti e del pericolo concreto a cui sono stati esposti. Al magistrato non spetta "una burocratica osservanza di regole formali" ma è tenuto ad attivarsi al fine di tutelare, al di là di queste, i valori tutelati dall'ordinamento.

Violenza sulle donne: il magistrato non può essere burocrate

La Cassazione, con la sentenza 20335/2018 respinge il ricorso del procuratore sanzionato condividendo l'opinione dell'organo disciplinare, secondo cui il magistrato avrebbe dovuto informare il procuratore aggiunto e il collega a cui era stato assegnato il fascicolo al fine di sollecitare l'applicazione di una misura cautelare più grave, visto che in quella procura

era presente un pool creato per contrastare le violenze in famiglia. Ammesso che non spettava al procuratore sanzionato dover disporre misure cautelari, sicuramente avrebbe potuto sollecitarne l'adozione tenuto conto della gravità del caso, caratterizzato da un pericolo crescente per l'incolumità della vittima.

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Cassazione sentenza n. 20355-2018

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