Le diverse possibilità a disposizione del lavoratore per impugnare la sanzione disciplinare. In particolare, l'arbitrato: composizione del collegio, regole della procedura e sospensione del provvedimento
Avv. Marco Sicolo - In ogni caso in cui il datore di lavoro rilevi un'infrazione degli obblighi derivanti dal contratto, può irrogare una sanzione disciplinare ai danni del dipendente. Le sanzioni possono essere comminate solo dopo l'affissione del regolamento disciplinare nei locali dell'azienda, previa contestazione scritta e al termine di una precisa procedura.


Come impugnare la sanzione disciplinare

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Di fronte all'irrogazione di una sanzione, il lavoratore ha la possibilità di impugnare il relativo provvedimento, ogni qual volta ritenga che sia affetto da vizi formali o sostanziali. Ad esempio, egli può contestare vizi procedurali, come la mancata affissione del codice disciplinare, oppure dichiararsi estraneo ai fatti o esporre una diversa ricostruzione dell'evento contestato.

In base all'art. 7 dello Statuto dei Lavoratori (l. 300/70), il dipendente può scegliere tra diverse procedure di impugnazione, ognuna con le sue caratteristiche: il ricorso presso l'Ispettorato Territoriale del Lavoro, il ricorso all'autorità giudiziaria e le eventuali procedure alternative previste dal contratto collettivo di riferimento.

L'arbitrato presso l'Ispettorato del Lavoro

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Entro venti giorni dall'irrogazione della sanzione, il lavoratore può presentare ricorso presso gli uffici dell'Ispettorato Territoriale del Lavoro, anche tramite un rappresentante dell'associazione sindacale a cui appartiene o a cui abbia conferito apposito mandato.

Le sanzioni impugnabili con il ricorso all'arbitrato sono il rimprovero verbale, il richiamo scritto, la multa (pari al massimo a 4 ore di retribuzione) e la sospensione dal lavoro o dalla retribuzione (per un massimo di dieci giorni), mentre si ritiene che non possa essere oggetto di lodo arbitrale il licenziamento.

La costituzione del collegio

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L'Ispettorato provvede a nominare un collegio di conciliazione composto da tre membri, di cui uno viene scelto dal lavoratore, uno dalla parte datoriale e uno di comune accordo o, in mancanza di accordo, dal direttore dell'ufficio.

Il datore ha dieci giorni di tempo per nominare il suo rappresentante in seno al collegio. In mancanza di nomina, la sanzione decade e non ha più alcun effetto. In alternativa, in pendenza di tale termine, il datore ha la possibilità di adire l'autorità giudiziaria. In quest'ultimo caso, la sanzione resta sospesa fino al termine del giudizio.

Anche il lavoratore rimane libero di rivolgersi a un giudice, dopo essersi rivolto all'Ispettorato Territoriale, ma solo fin quando non sia stato nominato il collegio.

L'impugnazione del lodo negoziale

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La decisione del collegio, che può confermare, modificare o revocare il provvedimento sanzionatorio, ha valore di lodo arbitrale irrituale e può essere impugnata davanti all'autorità giudiziaria solo per i motivi indicati dall'art. 808-ter c.p.c., e cioè per invalidità della convenzione arbitrale o delle nomine degli arbitri, violazione delle regole previste dalle parti e violazione del principio del contraddittorio.

La sospensione della sanzione

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Durante l'intero svolgimento della procedura arbitrale, la sanzione è sospesa.

Tale effetto, insieme alla celerità del procedimento, è uno degli aspetti che il legislatore ha previsto per incentivare l'utilizzo di tale mezzo di impugnazione, in un'ottica deflattiva del contenzioso giudiziario. Infatti, l'instaurazione di un giudizio in Tribunale da parte del dipendente non produce analogo effetto sospensivo.

In ogni caso, spesso risulta più apprezzata la possibilità di ottenere giustizia dai giudici professionali dei Tribunali, con la non trascurabile facoltà di impugnare l'eventuale sentenza sfavorevole nei successivi gradi di giudizio.

Infine, va segnalato che, a norma dell'ultimo comma dell'art. 7 dello Statuto, trascorsi due anni dall'applicazione della sanzione, la stessa non dispiega più alcun effetto, anche ai fini di un'eventuale recidiva.


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