Per la Cassazione il giudice deve verificare la riduzione della capacità lavorativa anche riferendosi ad attività affini a quelle precedentemente svolte dall'assicurato

di Lucia Izzo - Il giudice, nel giudizio volto ad accertare i requisiti per il riconoscimento dell'assegno di invalidità, dovrà accertare la sussistenza del requisito di cui alla legge n. 222/1984, ovvero la riduzione a meno di un terzo della capacità lavorativa dell'assicurato in occupazioni confacenti alle sue attitudini.


Tale verifica, tuttavia, dovrà essere effettuata non solo facendo riferimento ad attività lavorative sostanzialmente identiche a quelle svolte in precedenza dall'assicurato, ma anche rispetto a quelle che, seppur diverse, siano affini al precedente lavoro da questi svolto.


Lo ha rammentato la Corte di Cassazione, sezione lavoro, nell'ordinanza n. 15303/2018 (qui sotto allegata) che ha accolto il ricorso dell'Inps contro la sentenza della Corte d'Appello che, conformandosi al giudizio di prime cure, aveva riconosciuto al lavoratore il diritto all'assegno ordinario di invalidità.


Nel dettaglio, la Corte territoriale aveva ritenuto che la patologia tumorale maligna della quale era affetto il lavoratore doveva ritenersi invalidante nella misura di legge nonostante l'avvenuta asportazione del tumore maligno.


L'Istituto, invece, ritiene che il giudice del gravame abbia errato, in adesione alla consulenza tecnica d'ufficio, nell'emettere un giudizio del tutto avulso dall'accertamento della riduzione della capacità lavorativa dell'assicurato in occupazioni confacenti alle attitudini, e anche in riferimento all'attività svolta dall'assistito (impiegato assicurativo) con conseguente mancanza di riferimento alla possibilità di attività lavorative proficue.

Invalidità: l'accertamento dei requisiti per l'assegno

Una doglianza che la Cassazione ritiene di condividere rammentando il consolidato principio (cfr., ex multis, Cass n. 10424/2015) secondo cui, ai fini del riconoscimento dell'assegno ordinario di invalidità, la sussistenza del requisito posto dall'art. 1 della legge n. 222/1984, concernente la riduzione a meno di un terzo della capacità di lavoro dell'assicurato in occupazioni confacenti alle sue attitudini, dovrà "essere verificata in riferimento non solo alle attività lavorative sostanzialmente identiche a quelle precedentemente svolte dall'assicurato (e nel corso delle quali si è manifestato il quadro patologico invalidante), ma anche a tutte quelle occupazioni che, pur diverse, non presentano una rilevante divaricazione rispetto al lavoro precedente".


Ciò in quanto queste costituiscono una naturale estrinsecazione delle attitudini dell'assicurato medesimo, tenuto conto di età, sesso, formazione professionale e di ogni altra circostanza emergente nella concreta fattispecie, che faccia ragionevolmente presumere l'adattabilità professionale al nuovo lavoro, senza esporre l'assicurato ad ulteriore danno per la salute.


Nel caso di specie, invece, la Corte di appello non ha tenuto conto, nella valutazione della capacità lavorativa dell'assicurato, dell'attività di impiegato dallo stesso svolta.


Il giudizio della Corte territoriale, infatti, si è limitato a un apprezzamento di tipo sanitario non incentrato altresì sulla possibilità, per l'assicurato di svolgere altre attività confacenti alle sue attitudini, avuto riguardo alla personalità professionale (impiegato) e, dunque, alle sue esperienze di lavoro e capacità di adattamento.


Dall'accoglimento del ricorso deriva la cassazione della sentenza dovendo il giudice del rinvio compiere ulteriori accertamenti in fatto attenendosi al principio sopra espresso.


Cass., sezione lavoro, ord. n. 15303/2018

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