I contenuti delle intese in vista della formazione di un nuovo governo hanno, in generale, suscitato aspettative e timori. Non ne va esente l'affidamento condiviso
di Marino Maglietta - L'attuale prevalente modo di applicare l'istituto dell'affidamento condiviso è stato vivacemente criticato non solo da ampia parte della dottrina, ma anche da una quantità di soggetti terzi: a livello scientifico (indagine G. De Blasio e D. Vuri - Banca d'Italia e Univ. Roma III, 2013), come ministeriale (MIUR, circolare n. 5336/2015), come tecnico-statistico (Report Istat 2016). Così come ha condotto ad una fioritura di iniziative popolari, fatte proprie dai consigli di oltre quaranta comuni (da Massa a Parma, da Bari a Verona, da Bologna a Bolzano, da Firenze a Livorno), che hanno istituito Registri della Bigenitorialità attraverso delibere che tutte esplicitano nelle premesse il profondo malessere dovuto alla sostanziale disapplicazione della riforma del 2006. Limitandosi alle più visibili ricadute concrete si può rammentare che l'Istat ha radicalmente modificato le proprie schede informative che devono compilare le coppie in separazione.

Illuminante, a tale proposito, la giustificazione delle novità che si legge nelle istruzioni che accompagnano i moduli: «....spesso, a dispetto della parità formale e sostanziale dei genitori in affidamento condiviso

, ad uno di loro viene assegnato un ruolo prevalente - anche nei tempi della frequentazione - e questo viene definito anche come genitore "collocatario"». Ovvero, per il mantenimento: "Questa sezione è stata rivista e adeguata a quanto previsto dalla legge n.54/2006 sull'affidamento condiviso
, anche se ancora parzialmente inapplicato. Dal 2006 la forma privilegiata di contribuzione è divenuta quella diretta, che prevede che entrambi i genitori forniscano ai figli quello che a loro serve, dividendosi gli oneri in proporzione delle rispettive risorse, in modo da assolvere al contempo ai compiti di accudimento e cura che per legge spettano a entrambi. ... Pertanto, ai sensi dell'art. 337-ter comma quarto c.c., la corresponsione di un assegno dovrebbe essere solo eventuale e con valenza perequativa
".

Non ci si può, quindi, stupire se il programma del probabile futuro governo prevede l'impegno di porre rimedio alla situazione attuale esprimendosi qualitativamente nei medesimi termini.

Naturalmente, l'estrema sintesi alla quale è vincolato un testo del genere non permette di sviluppare il come procedere e perché, ma basta un minimo di immaginazione per pensare a quelle dettagliate strategie di intervento già esplicitate attraverso le proposte presentate nella scorsa legislatura da membri dei due gruppi e ribadite nella campagna elettorale. Ed è interessante osservare che anche la maggioranza del precedente governo si era espressa nell'identico modo sia con progetti di legge (pdl 1495, Marroni et al.; ddl 2049, Lumia et al.) che con interrogazioni al Ministro della Giustizia (Atto Camera 4-03235, Marroni e Gozi, 2014).

Il che rende quel semplice accenno perfettamente comprensibile a quanti seguono attentamente la materia, a prescindere dalle appartenenze.

Ovvero, al posto di "tempi paritari" occorre immaginare pari opportunità per i figli di frequentare sia l'uno che l'altro genitore; così come ciò che è affermato in forma del tutto generale, quale principio, ovviamente dovrà essere adattato a ciò che nello specifico non fosse possibile. Resta il fatto che quelle poche righe ristabiliscono il giusto rapporto fra regole ed eccezioni: la pari dignità dei genitori e l'equilibrato rapporto dei figli con ciascuno di essi è la regola e l'asimmetria l'eccezione, riservata ai casi particolari; la forma diretta del mantenimento, per capitoli di spesa è la regola e l'assegno l'eccezione. Per legge: e non dovrebbe essere un dettaglio.

D'altra parte, qualche preoccupazione non manca. Non a caso ci sono voluti 12 anni per adeguare l'Italia agli impegni internazionali assunti e non a caso ne sono già passati altri 12 di inutili tentativi parlamentari di correzione della normativa. Esemplare a tale proposito il caso dell'ultima legislatura, quando la rilettura dell'affidamento condiviso, calendarizzata nel 2015, è rimasta per 3 anni all'ordine del giorno della Commissione Giustizia del Senato e in 3 anni è stata discussa 3 volte, alla media di una volta all'anno. Dunque, qualcuno che del diritto dei figli a una effettiva bigenitorialità non ne vuole assolutamente sapere ci deve pur essere.

C'è solo da augurarsi di non veder riproporre le solite stucchevoli mistificazioni: che una frequentazione paritetica costringe i figli a un quotidiano ping pong tra due case (quando il modello più utilizzato - a settimane alterne - comporta molti spostamenti in meno dei tradizionali w-e alternati con "visite" infrasettimanali); che si vuole imporre una sola soluzione per tutte le situazioni (quando in ogni documento concreto di fonte ufficiale - come le linee guida di Brindisi - si sottolinea la flessibilità delle valutazioni); o che si vuole rendere obbligatorio il percorso di mediazione familiare, quando in ogni proposta di riforma si è sempre parlato di obbligatorietà dell'informazione sulla mediazione. E, naturalmente, che un rapporto realmente equilibrato con i genitori danneggia il bambino; a dispetto delle costanti antitetiche conclusioni scientifiche, dalle più antiche alle più recenti (Fransson et al., 2018; Warshak, 2018; Sanford Braver e Votruba, 2018; Bergstrom et al. 2018).

In definitiva, al momento non è dato sapere se queste parti del programma verranno attuate, ma certamente avere identificato il problema e indicato le corrette vie per risolverlo è già più che una idea: è, comunque, un sostegno ufficiale a chi da troppo tempo segnala un rilevante problema sociale e lo vede prevalentemente negare.


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