Per la Cassazione appare decisiva la modesta dimensione del fosso che avrebbe reso possibile evitare la caduta prestando la dovuta attenzione

di Lucia Izzo - Non è dovuto alcun risarcimento da parte del Comune alla signora caduta in una buca sulla strada: decisiva per giungere a tale conclusione la prova delle modeste dimensioni del fosso presente strada, poco profondo e dunque facilmente evitabile prestando la dovuta attenzione.


Appare altresì irrilevante stabilire se la domanda risarcitoria fosse stata posta ex art. 2043 oppure ex art. 2051 del codice civile poiché comunque manca la prova positiva dell'esistenza del nesso causale tra la caduta e la buca sulla strada.

La vicenda

Tanto ha deciso la Corte di Cassazione, sesta sezione civile, nell'ordinanza n. 7887/2018 (sotto allegata) rigettando il ricorso degli eredi dell'originaria attrice.


La donna aveva convenuto in giudizio il Comune chiedendo il risarcimento dei danni da lei patiti in conseguenza di una caduta avvenuta durante una festa paesana e asseritamente dovuta alla presenza di una buca sul manto stradale.


Nonostante il Tribunale avesse inizialmente accolto la domanda, in appello la decisione veniva riformata e la sua istanza rigettata. In Cassazione gli eredi contestano l'errore della Corte di merito nell'aver ritenuto i fatti non inquadrabili nell'ipotesi normativa ex art. 2051 del codice civile, norma che avrebbe posto a carico del custode l'obbligo di provare l'esistenza del fortuito.

Caduta in una buca stradale: niente risarcimento se manca la prova tra insidia e danno

In realtà, evidenziano gli Ermellini, la sentenza

impugnata ha dato atto che la domanda era stata inquadrata dal giudice di primo grado come azione risarcitoria di cui all'art. 2043 c.c. e in seguito, con un accertamento in fatto non suscettibile di riesame in Cassazione, la Corte territoriale aveva affermato che non era stata raggiunta la prova né del fatto che la buca fosse realmente un'insidia né della sussistenza del nesso di causalità tra la buca e l'evento lesivo.


Inoltre, ha soggiunto il giudice a quo, trattavasi di una buca poco profonda, di modeste dimensioni, tale da poter essere evitata prestando una semplice attenzione nel camminare. Una simile ricostruzione, spiegano gli Ermellini, è sufficiente a condurre al rigetto del ricorso.


Infatti, è irrilevante stabilire se la domanda fosse stata posta effettivamente ai sensi dell'art. 2043 ovvero dell'art. 2051 del codice civile, ferma restando la diversità tra le due norme, soprattutto in ordine al riparto dell'onere della prova e al tipo di prova liberatoria che il custode è chiamato a fornire.


Difatti, la mancanza della prova positiva dell'esistenza del nesso di causalità tra la caduta e la buca condurrebbe al rigetto del ricorso anche nell'ipotesi in cui l'art. 2051 c.c. fosse stato invocato a sostegno della domanda fin dal giudizio di primo grado, posto che, anche facendo applicazione di tale norma, l'onere della prova dell'esistenza di tale nesso è a carico del danneggiato.

Cassazione ordinanza n. 7887/2018

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