Non opera la scriminante dello stato di necessità anche se a commettere la violazione, per eccesso di velocità, è il veterinario che si precipita per un'urgenza

di Marina Crisafi - Paga comunque la multa chi viola il codice della strada per salvare un cane in pericolo di vita. Non opera, infatti, la scriminante dello stato di necessità, anche se a commettere la violazione è un veterinario che si precipita per arrivare in fretta e salvare l'animale. A sancirlo è la Corte di Cassazione (con l'ordinanza n. 4834/2018, depositata l'1 marzo e sotto allegata), accogliendo il ricorso del ministero dell'interno.

La vicenda

Nella vicenda, un veterinario multato per una serie di violazioni al codice della strada (sorpasso di autovetture ferme a un semaforo rosso, invasione dell'opposta corsia di marcia e velocità pericolosa in centro abitato) proponeva opposizione ex art. 22 legge n. 689/81, invocando a sostegno l'esimente di aver agito per la necessità di provvedere a delle cure urgenti su di un cane "affetto da osteosarcoma in fase terminale". Nel merito, i giudici gli davano ragione ritenendo di uniformarsi alla giurisprudenza di legittimità (cfr. Cass. n. 25526/2009), secondo cui "nel concetto di stato di necessità ai sensi dell'art. 54 c.p. è inclusa ogni altra situazione che induca all'uccisione o al danneggiamento dell'animale per evitare un pericolo imminente o per impedire l'aggravamento di un danno giuridicamente apprezzabile alla persona propria o altrui o ai beni, quando tale danno l'agente ritenga altrimenti inevitabile, e che un cane (in disparte il rispetto per la sua vita) è sicuramente un bene patrimoniale".

Ma ministero dell'interno e prefettura condannate anche per lite temeraria (per aver sanzionato un medico scortato anche dalla polizia per raggiungere il proprio "paziente") non ci stavano e si rivolgevano al Palazzaccio.

Il dovere di salvare un animale non legittima il veterinario a violare il Cds

Gli Ermellini ribaltano il verdetto di merito e accolgono le tesi del ministero. Secondo piazza Cavour, infatti, il tribunale "ha erroneamente supposto di applicare il principio desumibile da Cass. penale n. 25526/09, mentre, in realtà, tale sentenza

ha applicato l'esimente non dell'art. 54 c.p. (stato di necessità) ma dell'art. 52 c.p. (legittima difesa) in relazione all'uccisione, in periodo di divieto di caccia, di una volpe che si era altre volte introdotta nel pollaio in proprietà all'imputato, facendo razzia di polli e galline, e aggredendo la moglie dello stesso". Chiarito questo, osservano che, per costante giurisprudenza, "l'esclusione della responsabilità per violazioni amministrative derivante da "stato di necessità", secondo la previsione dell'art. 4 della legge n. 689 del 1981, postula, in applicazione degli artt. 54 e 59 c.p., che fissano i principi generali della materia, una effettiva situazione di pericolo imminente di danno grave alla persona, non altrimenti evitabile, ovvero l'erronea persuasione di trovarsi in tale situazione, in base alla verificazione di circostanze oggettive". Peraltro, in una vicenda del tutta analoga, la Corte aveva ritenuto non invocabile l'esimente ex art. 54 c.p. quando la situazione di pericolo riguardi un animale.

Per nulla pertinenti alla vicenda, inoltre, ritengono i giudici, gli artt. 51 e 59, ultimo comma, c.p., "il primo perché il dovere deontologico-professionale di prestare le cure richieste non autorizza il veterinario a violare le norme sulla circolazione stradale, quel dovere potendosi adempiere senza violare necessariamente queste ultime norme"; il secondo, "in quanto si riferisce all'errore sul fatto e non all'errore sul divieto, mentre nel caso di specie il supporre di essere esonerato dal rispetto delle norme del codice della strada per prestare la propria opera urgente esprime, appunto, la fallace opinione che l'una o l'altra delle scriminanti invocate potesse essere applicata anche nel caso prospettato". E dunque esprime un errore sulla portata delle norme, non sulla realtà dei fatti concreti così come l'agente li ha percepiti. Privo di incidenza sulle violazioni amministrative poste in essere, infine, la circostanza che la Polstrada abbia scortato a destinazione il veterinario, dopo averlo dapprima fermato per le infrazioni commesse. Ergo, la multa è confermata.

Cassazione, ordinanza n. 4834/2018

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