La giurisprudenza di legittimità, negli anni, ha svolto un ruolo interpretativo fondamentale in materia di accertamento elettronico della velocità

di Valeria Zeppilli - A partire dall'importantissima sentenza della Corte costituzionale numero 113/2015 (ma non solo), la giurisprudenza della Corte di cassazione ha svolto un ruolo interpretativo di primo piano per la definizione delle sorti di moltissimi automobilisti e della sicurezza stradale.

In quell'occasione, infatti, la Consulta ha dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'articolo 45, comma 6, del codice della strada, nella parte in cui non prevede che tutte le apparecchiature impiegate nell'accertamento delle violazioni dei limiti di velocità siano sottoposte a verifiche periodiche di funzionalità e di taratura. In altre parole, tali verifiche periodiche sono divenute una condizione di legittimità delle sanzioni per eccesso di velocità rilevato tramite autovelox.

Le certificazioni di omologazione e conformità non bastano

La decisione della Corte costituzionale, come detto, ha dato il via a numerose pronunce della Corte di cassazione di adeguamento al principio in essa sancito.

Tra di queste merita di essere innanzitutto ricordata la sentenza numero 9645/2016 che, proprio in virtù di quanto sancito dalla Consulta, ha ritenuto "affermato il principio che tutte le apparecchiature di misurazione della velocità (che è elemento valutabile e misurabile) devono essere periodicamente tarate e verificate nel loro corretto funzionamento, che non può essere dimostrato o attestato con altri mezzi quali le certificazioni di omologazione e conformità".

Di conseguenza, come si legge invece nella più recente pronuncia numero 533/2018 "in caso di contestazioni circa l'affidabilità dell'apparecchio ... il giudice è tenuto ad accertare se l'apparecchio è stato o non sottoposto alle verifiche di funzionalità e taratura".

La segnaletica degli autovelox

La giurisprudenza della Corte di cassazione in materia di autovelox, in ogni caso, non si è soffermata solo sulla fondamentale questione dell'omologazione e della taratura degli apparecchi, ma si è occupata anche di altre fondamentali questioni, tra le quali quella inerente all'apposita segnaletica stradale.

Sul punto va segnalata, ad esempio, la sentenza numero 15899 del 29 luglio 2016, nella quale si legge che "la preventiva segnalazione univoca ed adeguata della presenza di sistemi elettronici di rilevamento della velocità costituisce un obbligo specifico ed inderogabile degli organi di polizia stradale demandati a tale tipo di controllo, imposto a garanzia dell'utenza stradale, la cui violazione non può, pertanto, non riverberarsi sulla legittimità degli accertamenti, determinandone la nullità"; in caso contrario, infatti, per i giudici si andrebbe contro la logica che ha ispirato la preventiva informazione dei controlli, che va rinvenuta nell'obbligo di civile trasparenza gravante sulla sulla Pubblica Amministrazione "il cui potere sanzionatorio, in materia di circolazione stradale, non è tanto ispirato dall'intento della sorpresa ingannevole dell'automobilista indisciplinato, in una logica patrimoniale captatoria, quanto da uno scopo di tutela della sicurezza stradale e di riduzione dei costi economici, sociali ed ambientali derivanti dal traffico veicolare, anche mediante l'utilizzazione delle nuove tecnologie di controllo elettronico".

Sul punto la Cassazione, con la sentenza numero 23566/2017, ha anche aggiunto che "grava su colui che propone l'opposizione all'ordinanza ingiunzione, e non sull'amministrazione, l'onere di provare l'inidoneità in concreto della segnaletica di cui al citato D.M. 15 agosto 2007 ad assolvere la funzione di avviso della presenza delle postazioni di controllo della velocità, in modo da garantire il rispetto del limite di velocità".

Autovelox: la distanza della segnaletica

Sempre con riferimento alla segnaletica stradale relativa al controllo della velocità tramite autovelox, un'altra interessante questione che i giudici di legittimità sono stati chiamati più volte ad affrontare riguarda la distanza di collocazione dei relativi cartelli.

A tal proposito, con la sentenza numero 9770/2016 la Corte di cassazione ha chiarito che "in materia di accertamento di violazioni delle norme sui limiti di velocità, compiuta a mezzo di apparecchiatura di controllo, comunemente denominata "autovelox", il D.M. 15 agosto 2007, art. 2 - secondo cui dell'installazione dei dispositivi o mezzi tecnici di controllo deve essere data preventiva informazione agli automobilisti - non stabilisce una distanza minima per la collocazione dei segnali stradali o dei dispositivi di segnalazione luminosi, ma solo l'obbligo della loro istallazione con adeguato anticipo rispetto al luogo del rilevamento della velocità, in modo da garantirne il tempestivo avvistamento; ne consegue che la distanza tra segnali stradali o dispositivi luminosi e la postazione di rilevamento deve essere valutata in relazione allo stato dei luoghi, senza che assuma alcun rilevo la mancata ripetizione della segnalazione di divieto dopo ciascuna intersezione per gli automobilisti che proseguano lungo la medesima strada".

Dove può essere installato l'autovelox

Un'ultima questione controversa in materia di autovelox, e che ha beneficiato dell'intervento interpretativo della Corte di cassazione, riguarda i luoghi in cui è possibile installare le apparecchiature automatiche per il rilevamento della velocità senza obbligo di fermo immediato del conducente.

Tali luoghi, infatti, vanno individuati con provvedimento prefettizio che però, come si legge nella sentenza numero 5532/2017, può includere soltanto le strade del tipo imposto dalla legge con rinvio alla classificazione di cui all'articolo 2, commi 2 e 3, del codice della strada, con la conseguenza che è "illegittimo - e può essere disapplicato nel giudizio di opposizione a sanzione amministrativa - il provvedimento prefettizio che abbia autorizzato l'installazione delle suddette apparecchiature in una strada urbana che non abbia le caratteristiche "minime" della "strada urbana di scorrimento", in base alla definizione recata dal comma 2, lett. D), del citato art. 2 C.d.S.".

In argomento, si veda anche la sentenza numero 12231/2016, in base alla quale "la discrezionale individuazione prefettizia delle strade ove non è possibile il fermo di un veicolo (ed ove, quindi, può legittimamente evitarsi la contestazione immediata dell'infrazione al C.d.S. Quanto alla velocità) non deve mai prescindere da quella che è la valutazione del tratto stradale", con la conseguenza che solo in presenza di una strada urbana a scorrimento è possibile la legittima previsione della mancata contestazione immediata.

Valeria Zeppilli

Foto: 123rf.com
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