La donazione è un atto di liberalità che può essere però soggetto a impugnazione quando ad esempio arreca pregiudizio alle ragioni dei creditori oppure quando lede la quota di legittima

Avv. Marco Sicolo - La donazione è l'atto di liberalità con cui, comunemente, un soggetto (donante) trasferisce a titolo gratuito la proprietà di un bene o una somma di denaro ad un altro soggetto (donatario).

In linea generale, ognuno è libero di donare i propri possedimenti a chi desidera, ma la legge prevede dei casi in cui la donazione può essere impugnata da terzi.

A tal fine, i rimedi a disposizione sono rappresentati principalmente dall'azione di riduzione, che può essere proposta dagli eredi legittimari del donante, e dall'azione revocatoria, esperibile dai suoi creditori.

Successione ereditaria: la quota di legittima

Come noto, con le disposizioni testamentarie è possibile disporre del proprio patrimonio nel rispetto delle c.d. quote di legittima. Queste sono rappresentate da una determinata porzione del patrimonio del de cuius che, per legge, deve essere riservata ai soggetti che con lui avevano un legame più stretto (coniuge e figli o, in assenza di questi, nipoti o genitori).

Si può disporre liberamente, pertanto, solo della quota di patrimonio ulteriore rispetto alle quote di legittima.

In base all'art. 556 c.c., nel calcolo dell'ammontare complessivo del patrimonio vanno tenute in conto anche le donazioni effettuate in vita dal de cuius.

La lesione della quota di legittima

Se il donatario è un legittimario, questi dovrà imputare il valore della donazione alla sua quota di legittima, stante il disposto dell'art. 564 comma secondo.

Diverso è il caso in cui le donazioni siano state eseguite in favore di soggetti diversi dai legittimari: se emerge che il loro valore eccede la quota della quale il defunto avrebbe potuto liberamente disporre, le stesse, a norma dell'art. 555 c.c., sono soggette a riduzione fino a tale quota.

Va notato, a tal proposito, che la quota di legittima potrebbe essere intaccata anche dalle disposizioni testamentarie o, in caso di successione legittima, dal concorso di altri eredi (artt. 553, 554 c.c.). In tali eventualità, occorre prima procedere alla riduzione delle relative quote e, solo se non risulta ancora ripristinata la quota di legittima, può procedersi a riduzione delle donazioni compiute in vita.

L'azione di riduzione da parte dei legittimari

Ricorrendo le condizioni sopra esaminate, quindi, ogni legittimario può impugnare le donazioni fatte in vita dal de cuius nei confronti di altri soggetti, agendo in giudizio per la loro riduzione.

In base all'art. 559 c.c., le donazioni si riducono cominciando dall'ultima e, in caso di necessità, risalendo a quelle immediatamente precedenti, fino al ripristino della quota di legittima.

Se il bene donato è un immobile, esso deve essere ricondotto per intero nell'asse ereditario, a meno che non sia possibile procedere agevolmente alla separazione di una sua parte, sufficiente a reintegrare la quota di legittima.

L'azione di riduzione nei confronti delle donazioni effettuate in vita dal de cuius può essere esperita dai legittimari, o dai loro eredi o aventi causa, nel termine di dieci anni dall'apertura della successione.

Vedi anche: L'azione di riduzione e petizione ereditaria

L'azione revocatoria dei creditori (c.d. azione pauliana)

Al di fuori del diritto delle successioni, la donazione può essere oggetto anche di azione revocatoria da parte dei creditori del donante.

Può capitare, infatti, che il debitore, allo scopo di proteggere il proprio patrimonio dall'aggressione dei creditori, si liberi dei propri beni attraverso un atto di donazione.

A norma dell'art. 2901 c.c., il creditore, in tal caso, può chiedere che l'atto (o gli atti) di donazione vengano dichiarati inefficaci nei suoi confronti. A tal fine, egli deve dimostrare che il donante fosse a conoscenza del pregiudizio che l'atto potesse arrecare alle proprie ragioni. (Vedi anche: L'azione Revocatoria Ordinaria. Guida con fac-simile)

Azione pauliana: presupposti, effetti e prescrizione

Devono, pertanto, ricorrere i seguenti due presupposti: la consapevolezza di arrecare un pregiudizio al creditore (c.d. consilium fraudis) e l'insorgere di un effettivo danno (eventus damni), cioè l'impossibilità di rivalersi in maniera soddisfacente sugli altri beni del debitore.

La donazione può essere soggetta ad azione revocatoria (conosciuta anche come azione pauliana) anche nel caso in cui essa sia stata compiuta precedentemente alla nascita del debito: in tal caso, però, il creditore deve dimostrare che la liberalità fosse dolosamente preordinata a pregiudicare il soddisfacimento del credito.

Va evidenziato che l'accoglimento dell'azione revocatoria non produce alcun effetto sulla validità dell'atto di donazione, ma permette al creditore di agire sul bene in via conservativa o esecutiva, come se non fosse mai uscito dal patrimonio del debitore.

L'azione revocatoria si prescrive in cinque anni dal compimento dell'atto (art. 2903 c.c.).


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