Sulla determinazione del compenso, il Tribunale di Roma sottolinea la non equiparazione tra l'attività dell'arbitro rispetto a quella dell'esercente la professione forense

di Lucia Izzo - Se l'avvocato svolge l'attività di arbitro, nella determinazione del suo compenso non possono ritenersi applicabili "tour court" i principi riguardanti le tariffe professionali forensi quanto alle spese c.d. forfettarie, poichè non è affatto equiparabile l'attività dell'arbitro a quella dell'esercente la professione forense in relazione alla peculiarità dell'opera rispettivamente prestata.

La vicenda

Lo ha chiarito il Tribunale di Roma nell'ordinanza n. 576/2017 in cui ha provveduto alla determinazione del compenso spettante a un'avvocata che aveva svolto l'attività di arbitro nel procedimenti promosso da una signora nei confronti di una s.r.l. e definito con lodo rituale.

Tuttavia, le parti avevano contestato l'an e il quantum della proposta liquidatoria avanzata dalla professionista, contenente la determinazione su spese e onorari del procedimento arbitrale (spese generali, compenso dell'avvocato arbitro, del C.T.U. e del segretario dell'organo arbitrale).

Avvocato arbitro: non equiparabili le due attività

Nel caso di specie, ferma l'applicabilità al caso di specie dell'art. 10, primo comma, e della tabella n. 26 del D.M. n. 55/2014, il giudice capitolino ritiene che il compenso dell'avvocato arbitro vada parametrato secondo il valore medio delle cause di valore indeterminabile di particolare importanza (da euro 260.001 a 520.000) giusto il disposto dell'art. 5 del citato D.M. tenuto conto dei numerosi e complessi quesiti rivolti all'arbitro nelle conclusioni della domanda arbitrale e delle eccezioni sollevate dalla societa resistente negli scritti difensivi come evidenziato dalla lettura del lodo.


Non spettano, invece, sul compenso determinato (nel caso di specie oltre 16mila euro oltre IVA e CPA), le Spese Generali di cui all'art. 2 del D.M. n. 55/2014, atteso che, come affermato dalla Cassazione (sent. n. 1673/2003) la liquidazione delle spese generali agli arbitri postula l'applicazione della norma di cui all'art. 814 c.p.c. che prevede il relativo diritto con riferimento alle sole spese cd. "borsuali", quelle, cioè, effettivamente sopportate e documentabili, menzionate dagli artt. 90, 92 e 93 del codice di procedura civile.


Per converso, nel caso di Arbitro Avvocato non potranno ritenersi applicabili "tout court" i principi in tema di tariffe professionali forensi quanto alle spese c.d. "forfettarie" attesa la non assoluta equiparazione dell'arbitro all'esercente la professione forense in relazione alla peculiarità dell'opera rispettivamente prestata.


Nel caso di specie, inoltre, il Tribunale ritiene indimostrato e ingiustificato il compenso che l'Arbitro ha richiesto per il Segretario del procedimento arbitrale: la scelta di un Segretario Avvocato per attività estremamente semplici e di carattere amministrativo/processuale, quali la redazione dei processi verbali di udienza, le comunicazioni telematiche degli atti processuali alle parti e la custodia del fascicolo processuale, non giustifica l'importo richiesto né tantomeno consente il ricorso al D.M. 55/2014 per la valutazione economica dell'opera prestata dal Segretario.


In considerazione dell'attività amministrativa e non già forense prestata dal Segretario, seppure avvocato, sul compenso non sono dovuti il C.P.A. e le Spese Generali e andranno rideterminate le spese di segreteria.



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