Con uno "storico" decreto il tribunale di Salerno enuncia e mette in pratica i più recenti criteri di lettura dell'affidamento condiviso

di Marino Maglietta - In una sorta di corsa "Tirreno-Adriatico" la fiamma accesa dal tribunale di Brindisi con le sue recenti linee-guida trova fertile terreno a Salerno, che emette un provvedimento nel quale più che la decisione - tutto sommato coerente anche con gli schemi consueti, benché certamente rara - si fa apprezzare la motivazione. Questa, difatti, è destinata a fornire una convincente esposizione dei "perché", del percorso logico che partendo dalla novella del 2006 non può condurre, punto per punto, che alle conclusioni operative di seguito assunte.

Il commento al provvedimento, pertanto, non può che seguire la medesima linea, facendo ampio ricorso alla citazione diretta, ogni volta che ciò costituisca il modo più semplice e chiaro per trattare l'argomento.

A ciò, del resto, invita lo stesso provvedimento, che introduce gli argomenti di principio a scopo esplicitamente didascalico "Di qui l'opportunità per questo Tribunale - visto il concorrere nella cornice del presente caso di una quantità di pregiudizi e illusorie convinzioni inerenti la sussistenza di un genitore prevalente - di chiarire nel seguito in modo quanto possibile chiaro ed esaustivo quale sia il messaggio dell'istituto dell'affidamento condiviso, posto a confronto con le soluzioni alternative, quali i suoi contenuti e i suoi limiti di applicabilità. Il tutto allo scopo di aiutare le parti - nel presente caso come in altri futuri - nell'impegno a realizzare quanto possa correttamente intendersi per "interesse del minore", che certamente non può essere in violazione dei suoi diritti".

I fatti

E in effetti, indubbiamente la vicenda si prestava. In somma sintesi, bimba di 4 anni collocata prevalentemente presso la madre, la quale ne gestisce unilateralmente benessere e salute, la fa partecipare alla sua vita con il nuovo partner e al contempo tiene comportamenti ostativi al rapporto con il padre ignorando le previsioni di incontri e giungendo a chiederne l'esclusione dall'affidamento - per motivi che al momento dell'emissione del decreto non hanno ancora trovato positive verifiche - accompagnata da una richiesta di decadenza dalla responsabilità genitoriale. In sintesi, compongono il quadro violazioni delle precedenti disposizioni, pernottamenti presso il padre zero, zero compiti di cura e mantenimento esclusivamente mediante assegno.

Il senso dell'affidamento condiviso e il modo per realizzarlo

Ed ecco, quindi, come il caso viene inquadrato negli elementi di diritto che condurranno alla decisione:

"... va rammentato che l'affido condiviso è disposto per attuare al contempo il diritto-dovere di ogni genitore di mantenere, istruire ed educare i figli (art. 30 cost.) ed il diritto della prole (art. 337-ter primo comma c.c.) a mantenere un rapporto equilibrato e continuativo con ciascuno dei genitori nonché di ricevere cura, educazione, istruzione e assistenza morale da entrambi e di conservare rapporti significativi con gli ascendenti e con i parenti di ciascun ramo genitoriale.

Pertanto (e per le ragioni meglio di seguito evidenziate) l'affido condiviso è inequivocabilmente finalizzato alla realizzazione dell'interesse morale e materiale della prole e per questa ragione, dopo e nonostante la crisi della coppia, i provvedimenti giudiziari mirano alla conservazione (o al ripristino) di un paritario rapporto dei minori con entrambi i genitori (un diritto soggettivo, di per sé ovviamente coincidente con il loro interesse), il che comporta l'attribuzione a ciascuno di essi di pari opportunità quando abbiano capacità genitoriali omogenee (cfr., Tribunale Roma, sez. I, 20/01/2015 n. 1310; Corte appello Bologna, sez. I, 14/04/2016 n. 625) o, viceversa, all'attribuzione a ciascuno di essi di compiti di cura e di tempi di frequentazione differenti quando in concreto ciò meglio realizzi i diritti del minore; sempre che non esistano particolari ed eccezionali circostanze ostative.

In quest'ottica i genitori devono comprendere che chiedere di attribuire all'altro il 20% del tempo mensile o di non attribuire all'altro nessun compito di cura comporta il chiedere all'Autorità Giudiziaria di allontanare l'altro genitore dalla quotidianità del bambino con effetti irrimediabili sulla relazione genitoriale e sulla crescita psicologica del minore.

Soprattutto in tutti i casi ... in cui emergano conflitti genitoriali gravi accompagnati da tentativi di espulsione è fondamentale - oltre che doveroso in forza di legge - riservare al genitore meno temporalmente presente lo svolgimento di singoli compiti di ordinaria cura. Proprio quando uno dei genitori tende ad espellere l'altro e ad occupare tutto lo spazio decisionale della vita quotidiana è indispensabile che il giudice eviti la frattura tra genitore accudente e genitore pagante e ristabilisca l'equilibrio all'interno della coppia genitoriale senza distinzione di ruolo. Ciò non potrà che migliorare il rapporto del figlio con ciascun genitore".

L'interesse del minore si concretizza prioritariamente nel rispetto dei suoi diritti

A parere di chi scrive il colpo d'ala del decreto è in quel che segue, nell'avere letto e utilizzato l'argomento dell'interesse del minore di cui al secondo comma dell'art. 337-ter c.c. al quale giustamente si ispira tutta la normativa, nazionale come estera, che disciplina la famiglia - in funzione degli indisponibili diritti della prole descritti nell'incipit dell'art. 337-ter c.c., anziché come legittimazione di qualsivoglia scelta, ovvero per introdurre un illimitato potere discrezionale. Un'acuta lettura, davvero rivoluzionaria, in totale controtendenza (per ora), ma anche pienamente convincente, se si riflette sull'ispirazione e sulle fonti della riforma del 2006, nonché sullo scopo e sul senso che la legge stessa attribuisce all'uso del concetto di interesse del minore: "Per realizzare la finalità indicata nel primo comma". E pertanto scrive:

"La chiave di volta del sistema è però il secondo comma dell'art. 337-ter c.c. che specifica con una norma imperativa che il compito dell'Autorità Giudiziaria è realizzare la finalità indicata dal primo comma dell'art. 337-ter c.c. ...

Sempre tale norma architrave, sempre il secondo comma dell'art. 337-ter c.c., dispone con norma inderogabile che il giudice adotta i provvedimenti relativi alla prole con esclusivo riferimento all'interesse morale e materiale dei minori: pertanto trattasi di provvedimenti funzionalizzati solo all'interesse del minore.

Non a caso tale norma imperativa ed inderogabile è posta prima delle norme che descrivono il contenuto dei provvedimenti ... pertanto il giudice deve salvaguardare tutti i sopramenzionati diritti del minore, atteso che il concetto di diritto è più forte di quello di interesse e di regola lo comprende."

E l'analisi dei compiti che in linea di principio il giudice è tenuto ad assolvere si completa con una loro puntuale elencazione, che solo apparentemente ricalca schemi già noti, poiché in realtà sottintende anche altri contenuti, che vengono distintamente evidenziati nel seguito:

"In linea di principio la responsabilità genitoriale in regime condiviso si esplica con l'assolvimento diretto da parte di entrambi i genitori dei doveri di cura e mantenimento (integrato dall'erogazione eventuale di un assegno perequativo), derogabile solo consensualmente, e con l'attribuzione ad entrambi i genitori di momenti di partecipazione alla quotidianità dei figli.

In concreto, caso per caso ed in funzione dell'età dei minori, il giudice, lasciando comunque ai genitori la facoltà di assumere ulteriori accordi, determina la residenza anagrafica dei figli e i tempi e le modalità della frequentazione, fissando altresì la misura e il modo con cui ciascuno di essi deve contribuire al mantenimento, alla cura, all'istruzione e all'educazione dei figli; determina inoltre in caso di disaccordo la residenza abituale del minore".

La frequentazione e il genitore collocatario

Il diritto del minore a una presenza dei propri genitori in linea di principio paritetica, già accennato, è affrontato nel seguito in modo più esplicito. La collocazione prevalente, con la conseguente discriminazione tra i genitori e l'introduzione di uno squilibrio nei rapporti del figlio con ciascuno di essi, rappresenta la più diretta e macroscopica contraddizione - meglio, negazione - rispetto ai principi della riforma del 2006, che il decreto mette giustamente in evidenza.

"Va ora precisato che la figura del genitore collocatario è un istituto giuridico di esclusiva origine giurisprudenziale e che, secondo parte della dottrina, collide con la disciplina dell'affidamento condiviso, essendo una scoria del vecchio impianto normativo che si conforma al modello di affidamento esclusivo precedente alla riforma.

Altra parte della dottrina, viceversa, sostiene che è necessario che il minore abbia chiari punti di riferimento, anche sotto il profilo abitativo; soggiunge che il principio stabilito dall'art. 316 c.c., nella formulazione successiva al D. L vo 154/2013 ("I genitori di comune accordo stabiliscono la residenza abituale del minore") affermi il diritto del minore di avere una collocazione prevalente e precisa che tale diritto deve valere anche per i figli di genitori separati o divorziati.

In merito si tratta di prendere atto che la chiave di volta del sistema non è il diritto del minore ad una stabilità logistica, ma è (come dispone il secondo comma dell'art. 337-ter c.c. che specifica con una norma imperativa che il compito dell'Autorità Giudiziaria è realizzare la finalità indicata dal primo comma del medesimo articolo) il diritto del minore di mantenere un rapporto equilibrato e continuativo con ciascuno dei genitori e di ricevere cura, educazione, istruzione e assistenza morale da entrambi".

Residenza abituale e doppia domiciliazione

E il Tribunale prosegue smontando ineccepibilmente, a parere di chi scrive, il principale argomento a favore della sostenibilità giuridica dell'introduzione del collocatario. A quanto di seguito riportato si potrebbe aggiungere che la stessa relazione della Commissione Bianca che accompagna la modifica del codice civile nella parte in cui introduce l'obbligo di concordare la residenza abituale ne specifica il senso, legato al territorio, alla zona di crescita, e non all'anagrafe.

"Quanto al tentativo di legittimare la figura del genitore collocatario sulla base dell'obbligo di determinare (concordemente o giudizialmente) la "residenza abituale" del minore, non appare condivisibile la tesi che essa coincida con l'abitazione del genitore "prevalente" (ove introdotto). Non lo è sotto il profilo della ragionevolezza, non essendo sostenibile che il riferimento ad essa comporti - addirittura in tutti i casi e per tutte l'età dei minori - la creazione di un genitore principale attivamente coinvolto nei compiti di cura, educazione e formazione della prole e di un genitore marginale o ludico senza effettiva partecipazione alla quotidianità dei figli. Ma soprattutto non lo è sotto il profilo del diritto.

Si tratta di comprendere che la determinazione della residenza abituale è del tutto autonoma (e successiva) rispetto alla determinazione dei tempi e delle modalità della presenza dei minori presso ciascun genitore, poiché "non coincide con le nozioni civilistiche e amministrative di domicilio e/o di residenza anagrafica, ma va individuata, con riguardo alla situazione di fatto esistente all'atto dell'introduzione del giudizio, tenendo conto del luogo dove si è svolta in concreto e continuativamente la vita dello stesso." (Cass. S.U., 22/03/2017, n. 7301). Dove per "luogo" è da intendere l'ambito territoriale esteso, come regione o nazione. Tesi confermata da ancor più fresca affermazione della Suprema Corte, sempre a Sezioni Unite (5 giugno 2017, n. 13912), secondo la quale: "Il riferimento alla residenza abituale del minore, anche con riferimento all'ipotesi in cui la stessa si verifichi in uno Stato terzo, del resto, è stato di recente ribadito, proprio in materia di affidamento di figlio minore, da questa Corte (Cass. Sez. U, 19 gennaio 2017, n. 1310), che ha affermato che il parametro della residenza abituale, posto a salvaguardia della continuità affettivo relazionale del minore, non è in contrasto ma, al contrario, valorizza la preminenza dell'interesse del minore (Cass., 22 luglio 2014, n. 16648 del 2014)."

Quindi, a seguito della determinazione dei tempi e della modalità della presenza dei minori presso ciascun genitore il Tribunale fissa la residenza anagrafica del minore presso uno di essi, fissa il domicilio del minore presso entrambi i genitori, se del caso attribuisce la casa familiare, attribuisce specifici obblighi economici a carico di ciascun genitore e individua un eventuale assegno perequativo in favore di uno di essi.

Valenza relativa, e non assoluta, del principio di conservazione dell'habitat; assegnazione della casa familiare in regime paritetico

Viene anche smontato un altro non condivisibile "a priori" della giurisprudenza attuale, ovvero che mantenere sempre e comunque i figli a trascorrere più tempo possibile entro quelle mura tra le quali magari i genitori si sono quotidianamente scontrati per anni sia di indiscutibile vantaggio per i figli e non da valutare caso per caso. Concludendo che, visto che l'attaccamento dei figli alla casa in generale è da verificare, se la frequentazione è mediamente paritetica lasciandola al proprietario si ottiene il vantaggio sicuro di eliminare un motivo di risentimento, consentendo comunque ai figli di trascorrervi metà del tempo.

In definitiva, dunque, far coincidere l'interesse morale e materiale del minore sempre e comunque con una collocazione prevalente appare francamente riduttivo e contraddetto dai sempre più numerosi casi giudiziari di affido paritario. Una soluzione, tra l'altro, che facilita anche la decisione relativa all'assegnazione dell'abitazione familiare, poiché in taluno di tali casi può non esservi (circostanza da verificare in concreto) il legame del minore con la casa e quindi la ragione per privarne il proprietario, con drastica riduzione del contenzioso tra i genitori".

Fine prima parte ...

Vai alla seconda parte: Mantenimento figli: l'assegno è residuale


Il testo integrale del decreto del Tribunale di Salerno

TRIBUNALE DI SALERNO, I SEZIONE CIVILE

n. 996/2017/ V.G. depositato il 29.06.2017

Il Collegio, riunito in Camera di Consiglio nelle persone dei magistrati: Dottor Giorgio Jachia Presidente Est.
Dottor Guerino Iannicelli Giudice
Dottoressa Valentina Chiosi Giudice

pronuncia il seguente

DECRETO

in materia di provvedimenti relativi all'affidamento e al mantenimento del figlio nato fuori dal matrimonio nel procedimento civile di Volontaria Giurisdizione vertente tra le seguenti

PARTI

1) Padre
Rappresentato e difeso dall'avvocato G.G:

A VVERSO

2) Madre
Rappresentato e difeso dall'avvocato E.S.

RICORRENTE

RESISTENTE

3) Pubblico Ministero in persona del Procuratore della Repubblica

PARTE NECESSARIA

ED ALL'UOPO ESPONE LE
1.1 MODIFICA DELLA DOMANDA GIUDIZIALE

Si deve prima di tutto prendere atto che la parte ricorrente, tenuto conto delle istanze formulate dalla resistente avanti al Tribunale per i Minorenni, ha modificato la propri a domanda la quale oggi è nei seguenti termini:

RAGIONI DELLA DECISIONE

Tribunale Ordinario di Salerno

. 1) adottare tutti i provvedimenti idonei ad attuare il provvedimento n. 1/2016, reso dal Tribunale di Salerno in data 22.2.2016, rendendo possibile l'esercizio del diritto di visita del …. nei confronti della minore…., anche tramite l'intervento dei servizi sociali, facendo ordine alla resistente di attenersi alle prescritte modalità di visita del ricorrente;

. 2) accogliere l'istanza di modifica delle modalità di visita del padre secondo le indicazioni di cui in premessa, con conseguente attribuzione in favore del …. di specifici compiti di cura della figlia minore, mediante l'acquisto diretto di capi d'abbigliamento e materiale scolastico per la minore, riducendo proporzionatamente l'importo dell'assegno di mantenimento posto a carico dello stesso;

. 3) nell'ipotesi in cui dovesse essere ancora impedito al … di esercitare i suoi diritti/doveri di padre, modificare il regime di affidamento della minore in favore del ricorrente, con conseguente collocamento privilegiato della minore medesima presso il domicilio paterno;

. 4) modificare le attuali modalità di frequentazione tra padre e figlia, per quanto concerne il periodo di chiusura della scuola, disponendo che il padre possa tenere con sè la figlia il martedì ed il venerdì, dalle ore 18.00 sino alle ore 21.00, fermi restando gli altri giorni e gli orari del mercoledì e dei fine settimana, così come disciplinati nell'accordo omologato del 22.2.2016;

1.2 DOMANDA DEL RESISTENTE

Al contrario il resistente nel costituirsi:

. a) eccepisce la competenza del Tribunale per i Minorenni;

. b) chiede di rigettare il ricorso paterno;

. c) chiede di pronunciare la decadenza del padre dalla responsabilità 
genitoriale;

. d) chiede di affidare la minore in via esclusiva alla madre;

. e) chiede di disporre incontri protetti tra padre e figlia;

. f) chiededirimodularegliincontripadre-figlia;

. g) chiede di disporre CTU per accertare le condizioni psicofisiche del 
padre e della figlia.

1.3 ORDINE DI MODIFICA DELL'OGGETTO DEL RICORSO

Foglio n. 2 di 22

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Pertanto, alla luce delle domande delle parti ed in particolare del fatto che entrambe chiedono anche di rideterminare la ripartizione dei compiti genitoriali, va ordinato alla cancelleria di indicare che l'oggetto del processo è "provvedimenti relativi all'affidamento e al mantenimento del figlio nato fuori dal matrimonio".

1.4 AFFIDO CONDIVISO GIÀ DISPOSTO

Tanto osservato in ordine alle domande delle parti, si deve ora rappresentare che è già vigente l'affido condiviso della figlia minore M.A. nata nel 2013 perché disposto da questo tribunale su istanza congiunta delle parti con decreto n. 1/2016 del 22.2.2016.

In particolare in tale accordo di affido condiviso si prevede che la figlia stia presso il padre secondo un calendario estremamente rigido i quale si è rivelato in concreto non attuabile, sicchè lo stesso resta in vigore allo stato per quanto non modificato in questo primo provvedimento e sarà del tutto sostituito con l'adozione del provvedimento definitivo, all'esito dell'indispensabile disponenda consulenza tecnica.

Inoltre nell'accordo si prevede la corresponsione da parte del padre di un assegno mensile di € 450.00 per il mantenimento indiretto della minore che, per le ragioni di seguito descritte, va rideterminato in funzione della diversa ripartizione di compiti di spese tra il padre e la madre e quindi del maggior impegno economico diretto del padre.

Del resto, in attesa dell'esito delle indagini peritale e in vista della conclusione del procedimento, il Collegio ritiene necessaria (ed anzi indifferibile attesa l'estromissione del padre dalla vita della figlia) l'assunzione di provvedimenti provvisori (ai quali va riconosciuta una finalità urgente e temporanea cfr., Cfr., Tribunale di Milano, Sezione IX Civile, Decreto 14 gennaio 2015) rispondenti all'esigenza di approntare per il minore un assetto di vita tutelante e rispettoso dei suoi bisogni primari, in vista di statuizioni definitive.

1.5 ASPETTI DI FATTO

In fatto va subito evidenziato che vi sono state due udienze e che nel corso della prima udienza è stato sentito il padre e nel corso della seconda la madre anche se nel frattempo vi è stata l'audizione delle medesime parti avanti al Tribunale per i Minorenni, ove è incardinato un giudizio più recente proposto dalla madre per 330 c.c. e 333 c.c..

Foglio n. 3 di 22

Tribunale Ordinario di Salerno

Va poi precisato che la madre, presente solo alla seconda udienza, ha ammesso che il padre negli ultimi mesi non ha quasi visto la minore per una sua decisione in tal senso.
In sintesi si stagliano al centro dell'odierno giudizio:

1.6

. a) l'accusa materna al padre di persecuzione;

. b) la mancata attuazione della parte dell'accordo prevedente il 
pernottamento della figlia presso il padre;

. c) la sospensione degli incontri padre-figlia per decisione unilaterale 
della madre;

. d) la nuova relazione affettiva materna;

e)

la condotta apprensiva materna estrinsecatasi nel: 1) vietare la frequentazione padre-figlia; 2) attribuire al nonno materno il compito di sorvegliare il padre nelle fugaci occasioni nelle quali gli è stato dalla madre consentito di incontrare la figlia; 3) far frequentare la figlia con il proprio nuovo compagno persino andando insieme al mare; 4) denunciare il padre per stalking; 5) chiedere la decadenza del padre dalla responsabilità genitoriale; 6) assumere da sola ogni decisione inerente la salute della figlia sottoponendola a visite mediche non concordate; 7) vietare al padre di vedere la figlia perché il nonno materno, essendo impegnato nella pesca del tonno, non poteva essere presente agli incontri.

ILLEGITTIMITÀ DI UN AFFIDO ESCLUSIVO DI FATTO

Tale comportamento materno concreta a giudizio del Tribunale un affido esclusivo di fatto della figlia, in violazione di suoi indisponibili diritti e del tutto contrario al suo interesse.
Nell'audizione e nella comparsa di costituzione la madre rivendica l'ineluttabilità di tale situazione per via: 1) dell'inesatta ottemperanza paterna agli orari indicati nel provvedimento; 2) della pretesa del padre di prendere la figlia anche se ammalata; 3) della pretesa paterna di tenere con sé la figlia anche per i pasti anche se non è in grado di nutrirla; 4) delle persecuzioni paterne verso la madre; 5) della violenza psicologica posta in essere dal padre sulla figlia e sulla madre dicendo alla figlia di essere ancora innamorato della madre; di non dire alla madre il segreto che hanno padre e figlia consistente nel fatto che la mamma non sa che il padre e la madre si sposeranno.

Foglio n. 4 di 22

Tribunale Ordinario di Salerno

Che tale condotta materna sia illecita emerge ictu oculi dalla piana lettura dell'art. 337 quater c.c. imponente al giudice di valutare la condotta di chi chiede infondatamente l'affido esclusivo. Tanto dimostra quanto sia illegittimo il realizzare l'affido esclusivo con comportamenti concludenti, anche e soprattutto nelle crisi genitoriali con infanti così privati illegittimamente di uno dei genitori.

Inaccettabile la pretesa materna di far vedere al padre il bambino solo alla presenza del nonno materno fino all'esito positivo di visita psicologica.
Di qui la considerazione che ogni riscontrata ingiustificata realizzazione di affido esclusivo di fatto debba essere immediatamente fatta cessare.

Di qui il corollario della necessità in tutti questi casi di valutare se attribuire al genitore estromesso specifici compiti di cura per equilibrare eventuali maggiori tempi comunque lasciati al genitore estromettente; sempre solo e soltanto in funzione dell'interesse del minore.

Di qui l'opportunità per questo Tribunale - visto il concorrere nella cornice del presente caso di una quantità di pregiudizi e illusorie convinzioni inerenti la sussistenza di un genitore prevalente - di chiarire nel seguito in modo quanto possibile chiaro ed esaustivo quale sia il messaggio dell'istituto dell'affidamento condiviso, posto a confronto con le soluzioni alternative, quali i suoi contenuti e i suoi limiti di applicabilità.

Il tutto allo scopo di aiutare le parti - nel presente caso come in altri futuri - nell'impegno a realizzare quanto possa correttamente intendersi per "interesse del minore", che certamente non può essere in violazione dei suoi diritti.

Il tutto, sotto un profilo ancora più concreto, allo scopo di aiutare i genitori a concretizzare - nel presente caso come in altri futuri - i diritti fondamentali del minore: A) mantenere un rapporto equilibrato e continuativo con ciascuno dei genitori; B) ricevere cure, educazione e istruzione da entrambi i genitori; C) conservare rapporti significativi con gli ascendenti e con i parenti di ciascun ramo genitoriale; D) vivere con ognuno dei genitori momenti di quotidianità (se necessario differenti) nelle forme (tempi e modalità) o concordate tra le parti (genitori e con il progredire dell'età anche i figli) o determinate dal giudice; E) avere libero accesso ad entrambi i genitori

1.7 DELL'AFFIDO ESCLUSIVO

Viste le (ragioni delle) richieste ablatorie materne (di revoca della potestà genitoriale paterna, di affido esclusivo, di incontri protetti padre-figlia) rese

Foglio n. 5 di 22

Tribunale Ordinario di Salerno

in due distinte sedi giurisdizionali, pare il caso di rappresentare che l'affido esclusivo non è uno strumento per risolvere i conflitti interni alla coppia genitoriale ma un istituto a protezione della prole, da assumersi nel suo esclusivo interesse.

Certo è che nel presente caso non è dato riscontrare il tipico abbandono materiale e morale compiuto da un genitore rispetto alla prole caratterizzante molte delle decisioni di disporre l'affido esclusivo di un minore: sul punto si rinvia alla relazione degli assistenti sociali richiesta da altra A.G. e qui depositata dalle parti.

Certo è che non è dato riscontrare il reiterato compimento di condotte violente verso la madre o verso la prole caratterizzante altre decisioni di disporre l'affido esclusivo di un minore: vi sarebbe un unico episodio di scontro violento con la madre di cui è però controverso se sia la causa dell'esclusione del padre dalla gestione della prole o l'effetto e che comunque non è di per sé dimostrativo di una personalita' violenta.

Certo è che non è dato riscontrare il carattere analitico e descrittivo di fatti e vicende nella denuncia per stalking, da qualificarsi per quanto qui rilevante come astratta e strumentale alla condotta apprensiva materna. …. è confermato dall'audizione della madre nella quale non si è fatto riferimento a specifici fatti e nemmeno a minacce.

Certo è che non è dato riscontrare una necessità organizzativa determinata dalla lontananza di uno dei genitori perché residente all'estero caratterizzante alcuni casi di affido esclusivo concordato tra le parti sulla cui legittimità vi sono perplessità atteso che salvo casi residuali in tali ipotesi si può ovviare con l'affido condiviso rafforzato dall'attribuzione di specifici compiti al genitore convivente.

Pertanto l'istanza materna va ricondotta al genere di affidi esclusivi inversi, ovvero disposti dall'Autorità Giudiziaria quando sia riscontrato che un genitore gestisca concretamente il figlio in base alle proprie esigenze ed alle proprie convinzioni, senza mostrare alcun rispetto per il suo diritto a coltivare il rapporto anche con l'altro genitore, da cui invece tenta di allontanarlo, anche fisicamente, rappresentando in tali casi l'affido esclusivo proprio all'altro il preminente interesse dei minori a una crescita serena ed equilibrata. Valga il fatto in questo caso il rivendicare al contempo il diritto materno a non far incontrare il padre e la figlia (nemmeno per un attimo senza il nonno materno) ed a far incontrare la figlia con il proprio nuovo compagno (per tutta una giornata al mare).

Foglio n. 6 di 22

Tribunale Ordinario di Salerno

Infatti il principio di bigenitorialità, che informa il diritto di famiglia, impone che, in via prioritaria, ai sensi dell'art. 337-ter c.c., il giudice affidi i figli minori ad entrambi i genitori; di conseguenza l'affido esclusivo, costituente una deroga eccezionale a tale principio, è giustificato solo ove risulti, nei confronti di uno dei genitori, una sua condizione di manifesta carenza o inidoneità educativa o comunque tale appunto da rendere quell'affidamento in concreto pregiudizievole per il minore.

1.8 DELL'AFFIDO CONDIVISO

In quest'ottica va rammentato che l'affido condiviso è disposto per attuare al contempo il diritto-dovere di ogni genitore di mantenere, istruire ed educare i figli (art. 30 cost.) ed il diritto della prole (art. 337-ter primo comma c.c.) a mantenere un rapporto equilibrato e continuativo con ciascuno dei genitori nonché di ricevere cura, educazione, istruzione e assistenza morale da entrambi e di conservare rapporti significativi con gli ascendenti e con i parenti di ciascun ramo genitoriale.

Pertanto (e per le ragioni meglio di seguito evidenziate) l'affido condiviso è inequivocabilmente finalizzato alla realizzazione dell'interesse morale e materiale della prole e per questa ragione, dopo e nonostante la crisi della coppia, i provvedimenti giudiziari mirano alla conservazione (o al ripristino) di un paritario rapporto dei minori con entrambi i genitori (un diritto soggettivo di per sé ovviamente coincidente con il loro interesse), il che comporta l'attribuzione a ciascuno di essi di pari opportunità quando abbiano capacità genitoriali omogenee (cfr., Tribunale Roma, sez. I, 20/01/2015 n. 1310; Corte appello Bologna, sez. I, 14/04/2016 n. 625) o, viceversa, all'attribuzione a ciascuno di essi di compiti di cura e di tempi di frequentazione differenti quando in concreto ciò meglio realizzi i diritti del minore; sempre che non esistano particolari ed eccezionali circostanze ostative.

In quest'ottica i genitori devono comprendere che chiedere di attribuire all'altro il 20% del tempo mensile o di non attribuire all'altro nessun compito di cura comporta il chiedere all'Autorità Giudiziaria di allontanare l'altro genitore dalla quotidianità del bambino con effetti irrimediabili sulla relazione genitoriale e sulla crescita psicologica del minore.

Soprattutto in tutti i casi, come il presente, in cui emergano conflitti genitoriali gravi accompagnati da tentativi di espulsione è fondamentale - oltre che doveroso in forza di legge - riservare al genitore meno temporalmente presente lo svolgimento di singoli compiti di ordinaria cura.

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Proprio quando uno dei genitori tende ad espellere l'altro e ad occupare tutto lo spazio decisionale della vita quotidiana è indispensabile che il giudice eviti la frattura tra genitore accudente e genitore pagante e ristabilisca l'equilibrio all'interno della coppia genitoriale senza distinzione di ruolo. Ciò non potrà che migliorare il rapporto del figlio con ciascun genitore

1.9 FONDAMENTI DEI DIRITTI DEI MINORI

In generale, va preliminarmente rammentato che il legislatore ha nei primi tre commi dell'art. 315-bis c.c. e nel primo comma dell'art. 337-ter c.c. scolpito il passaggio da una visione adultocentrica ad una visione sensibile alla tutela ed agli interessi dei minori ponendo in luce i diritti dei figli non a caso anteposti logicamente all'art. 316 c.c. concernente la responsabilità genitoriale ed al secondo comma dell'art. 336-bis c.c. concernente i provvedimenti giudiziari inerenti i minori.

Ai sensi dell'art. 315-bis primo comma c.c. il figlio ha diritto di essere mantenuto, educato, istruito e assistito moralmente dai genitori, nel rispetto delle sue capacità, delle sue inclinazioni naturali e delle sue aspirazioni.
Ai sensi dell'art. 315-bis secondo comma c.c. il figlio ha diritto di crescere in famiglia e di mantenere rapporti significativi con i parenti.

Ai sensi del primo comma dell'art. 337-ter c.c. il figlio minore ha il diritto di mantenere un rapporto equilibrato e continuativo con ciascuno dei genitori, di ricevere cura, educazione, istruzione e assistenza morale da entrambi e di conservare rapporti significativi con gli ascendenti e con i parenti di ciascun ramo genitoriale.

In quest'ottica la definizione di responsabilità genitoriale collide con quella della antica potestà genitoriale ove si leggeva che il figlio è soggetto alla potestà paterna.
Infatti non si legge più alcuna soggezione del figlio ai genitori.

Oggi l'art. 316 c.c. dispone che entrambi i genitori hanno la responsabilità genitoriale che è esercitata di comune accordo tenendo conto delle capacità, delle inclinazioni naturali e delle aspirazioni del figlio.
Dispone inoltre sempre il primo comma dell'art. 316 c.c. che i genitori di comune accordo stabiliscono la residenza abituale del minore.

Il terzo comma dell'art. 337-ter c.c. dispone che la responsabilità genitoriale è esercitata da entrambi i genitori.
Sempre il terzo comma dell'art. 337-ter c.c. dispone poi che le decisioni di maggiore interesse per i figli relative all'istruzione, all'educazione, alla

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salute e alla scelta della residenza abituale del minore sono assunte di comune accordo tenendo conto delle capacità, dell'inclinazione naturale e delle aspirazioni dei figli.
Sempre il terzo comma dell'art. 337-ter c.c. dispone che in caso di disaccordo la decisione è rimessa al giudice.

Sempre il terzo comma dell'art. 337-ter c.c. dispone che limitatamente alle decisioni su questioni di ordinaria amministrazione, il giudice può stabilire che i genitori esercitino la responsabilità genitoriale separatamente. In quest'ottica l'autorità giudiziaria può attribuire ad un genitore specifici compiti di cura ordinaria in via esclusiva.

1.10 PROVVEDIMENTI FUNZIONALIZZATI

La chiave di volta del sistema è però il secondo comma dell'art. 337-ter c.c. che specifica con una norma imperativa che il compito dell'Autorità Giudiziaria è realizzare la finalità indicata dal primo comma dell'art. 337- ter c.c., è concretizzare il diritto del minore di mantenere un rapporto equilibrato e continuativo con ciascuno dei genitori, di ricevere cura, educazione, istruzione e assistenza morale da entrambi e di conservare rapporti significativi con gli ascendenti e con i parenti di ciascun ramo genitoriale.

Sempre tale norma architrave, sempre il secondo comma dell'art. 337-ter c.c., dispone con norma inderogabile che il giudice adotta i provvedimenti relativi alla prole con esclusivo riferimento all'interesse morale e materiale dei minori: pertanto trattasi di provvedimenti funzionalizzati solo all'interesse del minore.

Non a caso tale norma imperativa ed inderogabile è posta prima delle norme che descrivono il contenuto dei provvedimenti nei casi in cui entrambi i genitori siano implicitamente confermati nell'esercizio pieno della responsabilità genitoriale o uno di essi ne sia escluso: I) modalità dell'affido condiviso od esclusivo; II) determinazione dei tempi e delle modalità della presenza dei minori presso ciascun genitore; III) fissazione della misura e del modo con cui ciascuno di essi deve contribuire al mantenimento, alla cura, all'istruzione e all'educazione dei figli; IV) determinazione in caso di disaccordo della residenza abituale del minore. Quindi (cfr Cassazione civile, sez. VI, I; 19/07/2016, ord. n. 14728) l'interesse del minore ai sensi dell'art. 337-ter c.c. costituisce il parametro essenziale di riferimento per l'adozione dei provvedimenti relativi alla prole: pertanto il giudice deve salvaguardare tutti i sopramenzionati diritti

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del minore, atteso che il concetto di diritto è più forte di quello di interesse e di regola lo comprende.

1.11 EFFETTI DELLA RESPONSABILITÀ CONDIVISA

La precisazione generale sopra compiuta in ordine ai diritti dei minori trova la sua ragione d'essere in questo provvedimento nella successiva esposizione di due differenti problematiche: 1) l'individuazione del contenuto astratto della responsabilità genitoriale; 2) l'individuazione del contenuto concreto della responsabilità genitoriale con particolare riguardo alla ripartizione dei tempi e dei compiti di cura tra i due genitori in questo momento di acuta crisi genitoriale caratterizzata da due elementi: A) la provata estromissione del padre; B) la non provata allo stato presenza di comportamenti di violenza psicologica del padre sulla madre e sulla figlia. In linea di principio la responsabilità genitoriale in regime condiviso si esplica con l'assolvimento diretto da parte di entrambi i genitori dei doveri di cura e mantenimento (integrato dall'erogazione eventuale di un assegno perequativo), derogabile solo consensualmente, e con l'attribuzione ad entrambi i genitori di momenti di partecipazione alla quotidianità dei figli. In concreto, caso per caso ed in funzione dell'età dei minori, il giudice, lasciando comunque ai genitori la facoltà di assumere ulteriori accordi, determina la residenza anagrafica dei figli e i tempi e le modalità della frequentazione, fissando altresì la misura e il modo con cui ciascuno di essi deve contribuire al mantenimento, alla cura, all'istruzione e all'educazione dei figli; determina inoltre in caso di disaccordo della residenza abituale del minore.

1.12 DEL GENITORE COLLOCATARIO E DELLA RESIDENZA ABITUALE

Va ora precisato che la figura del genitore collocatario è un istituto giuridico di esclusiva origine giurisprudenziale e che, secondo parte della dottrina, collide con la disciplina dell'affidamento condiviso, essendo una scoria del vecchio impianto normativo che si conforma al modello di affidamento esclusivo precedente alla riforma.

Altra parte della dottrina, viceversa, sostiene che è necessario che il minore abbia chiari punti di riferimento, anche sotto il profilo abitativo; soggiunge che il principio stabilito dall'art. 316 c.c., nella formulazione successiva al D. L vo 154/2013 ("I genitori di comune accordo stabiliscono la residenza abituale del minore") affermi il diritto del minore di avere una collocazione

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prevalente e precisa che tale diritto deve valere anche per i figli di genitori separati o divorziati.
In merito si tratta di prendere atto che la chiave di volta del sistema non è il diritto del minore ad una stabilità logistica, ma è (come dispone il secondo comma dell'art. 337-ter c.c. che specifica con una norma imperativa che il compito dell'Autorità Giudiziaria è realizzare la finalità indicata dal primo comma del medesimo articolo) ma il diritto del minore di mantenere un rapporto equilibrato e continuativo con ciascuno dei genitori e di ricevere cura, educazione, istruzione e assistenza morale da entrambi.

Quanto al tentativo di legittimare la figura del genitore collocatario sulla base dell'obbligo di determinare (concordemente o giudizialmente) la residenza abituale del minore, non appare condivisibile la tesi che essa coincida con l'abitazione del genitore "prevalente" (ove introdotto). Non lo è sotto il profilo della ragionevolezza, non essendo sostenibile che il riferimento ad essa comporti - addirittura in tutti i casi e per tutte l'età dei minori - la creazione di un genitore principale attivamente coinvolto nei compiti di cura, educazione e formazione della prole e di un genitore marginale o ludico senza effettiva partecipazione alla quotidianità dei figli. Ma soprattutto non lo è sotto il profilo del diritto.

Si tratta di comprendere che la determinazione della residenza abituale è del tutto autonoma (e successiva) rispetto alla determinazione dei tempi e delle modalità della presenza dei minori presso ciascun genitore, poiché "non coincide con le nozioni civilistiche e amministrative di domicilio e/o di residenza anagrafica, ma va individuata, con riguardo alla situazione di fatto esistente all'atto dell'introduzione del giudizio, tenendo conto del luogo dove si è svolta in concreto e continuativamente la vita dello stesso." (Cass. S.U., 22/03/2017, n. 7301). Dove per "luogo" è da intendere l'ambito territoriale esteso, come regione o nazione. Tesi confermata da ancor più fresca affermazione della Suprema Corte, sempre a Sezioni Unite (5 giugno 2017, n. 13912), secondo la quale: "Il riferimento alla residenza abituale del minore, anche con riferimento all'ipotesi in cui la stessa si verifichi in uno Stato terzo, del resto, è stato di recente ribadito, proprio in materia di affidamento di figlio minore, da questa Corte (Cass. Sez. U, 19 gennaio 2017, n. 1310), che ha affermato che il parametro della residenza abituale, posto a salvaguardia della continuità affettivo relazionale del minore, non è in contrasto ma, al contrario, valorizza la preminenza dell'interesse del minore (Cass., 22 luglio 2014, n. 16648 del 2014)."

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Quindi, a seguito della determinazione dei tempi e della modalità della presenza dei minori presso ciascun genitore il Tribunale fissa la residenza anagrafica del minore presso uno di essi, fissa il domicilio del minore presso entrambi i genitori, se del caso attribuisce la casa familiare, attribuisce specifici obblighi economici a carico di ciascun genitore e individua un eventuale assegno perequativo in favore di uno di essi.

In definitiva, dunque, far coincidere l'interesse morale e materiale del minore sempre e comunque con una collocazione prevalente appare francamente riduttivo e contraddetto dai sempre più numerosi casi giudiziari di affido paritario. Una soluzione, tra l'altro, che facilita anche la decisione relativa all'assegnazione dell'abitazione familiare, poiché in taluno di tali casi può non esservi (circostanza da verificare in concreto) il legame del minore con la casa e quindi la ragione per privarne il proprietario, con drastica riduzione del contenzioso tra i genitori.

1.13 MANTENIMENTO DIRETTO E INDIRETTO

Quanto alla forma del mantenimento, dal comma I dell'art. 337-ter c.c., che anticipa e si salda con il successivo comma IV, discende che ciascun genitore deve assumere una parte dei compiti di cura dei figli, restando obbligato a sacrificare parte del proprio tempo per provvedere direttamente ai loro bisogni, comprensivi della parte economica.

Ciò vuol dire in concreto che la forma privilegiata dal legislatore è quella diretta non potendosi ritenere completamente assolti i doveri di un genitore dalla fornitura di denaro all'altro (forma indiretta) mediante un assegno.

Si tratta in concreto, caso per caso, vicenda per vicenda, di individuare quanto il mantenimento indiretto sia residuale e quindi di determinare l'eventuale contributo perequativo.
In quest'ottica va precisato che, ai sensi dell'art. 337-ter comma quarto c.c., l'eventuale assegno perequativo svolge solo la funzione di mettere il genitore meno abbiente in condizione di fare la sua parte nei confronti dei figli, provvedendo di persona ad alcuni dei loro bisogni. Ad es., se per una figlia servono 800 € al mese e la madre non ha reddito, il padre assumerà oneri per 350,00 € e le corrisponderà € 450,00 in modo che possa provvedere sia a voci di spesa come alimentazione, utenze, prodotti per l'igiene e simili quando ha la figlia con sé, ma anche a quei capitoli di spesa "esterni" che si sarà convenuto che assuma, tipo l'abbigliamento, fino alla concorrenza di € 450,00.

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Quindi la ricerca a priori di ciò che è "compreso nell'assegno" e ciò che ne è escluso per individuare le "spese straordinarie", non trova riscontro diretto nelle disposizioni di legge perché il legislatore aveva previsto che di regola i genitori si ripartiscono compiti e spese e le spese straordinarie sono quelle imprevedibili.

In altre parole, inizialmente si assegneranno a ciascun genitore oneri proporzionali alle rispettive risorse (il che per le scelte principali vuol dire solo provvedere economicamente, non decidere: resta l'obbligo di concordare se il figlio frequenterà una scuola pubblica o una privata, se andrà in piscina o in palestra), distribuendo ogni spesa prevedibile, e quindi si stabilirà che al verificarsi di spese imprevedibili (Cass. 16664/2012) queste verranno ripartite in funzione del reddito. Tutto ciò nella libertà delle parti di concordare regole diverse.

1.14 CRITERI DI CLASSIFICAZIONE DELLE SPESE E LORO ATTRIBUZIONE

Come accennato, nella prassi sono spesso presenti elenchi di voci di spesa dette "straordinarie", considerate tali semplicemente perché non quotidiane, senza fare caso al fatto che siano perfettamente prevedibili o meno. Come sopra accennato, appare invece preferibile distinguere tra le spese associate alla convivenza - e quindi inevitabilmente a carico del genitore presente al momento - e spese "esterne" prevedibili, attribuibili liberamente e quindi anche in modo da compensare eventuali differenze di frequentazione o di reddito, che oltre tutto con il crescere dei figli diventano quantitativamente di gran lunga dominanti, sconfessando evidentemente la tesi che il genitore co-residente sia inevitabilmente quello che spende di più per i figli. In realtà dipende da come si attribuiscono le spese esterne.

Oltre a ciò possono capitare spese imprevedibili, che secundum legem saranno sopportate in proporzione del reddito e quindi ripartite di regola non al 50% ma ad esempio al 33% e 67% nel caso in cui un genitore guadagni il doppio dell'altro.

Le spese prevedibili possono essere ripartite tra i due genitori attribuendo al genitore più abbiente i capitoli di spesa più onerosi oppure tenendo conto della funzione relazionale del mantenimento (o meglio della sua forma) e quindi della possibilità di attribuire i capitoli di spesa in uno all'attribuzione di compiti di cura in funzione integrativa del ruolo genitoriale.

Quindi ad esempio nel caso in cui la figlia trascorra un maggior tempo con il padre potrebbe essere opportuno attribuire alla madre quanto meno il

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compito ordinario esclusivo della cura della persona in senso stretto e quindi attribuire alla madre (con risorse proprie e/o con risorse indirette) le spese del parrucchiere, dell'estetista e dell'abbigliamento.
All'opposto nel caso in cui il figlio maschio trascorra un maggior tempo con la madre potrebbe essere opportuno attribuire al padre il compito ordinario esclusivo di gestire materialmente le attività sportive, accompagnando il figlio e coprendo (con risorse proprie e/o con risorse indirette) le spese inerenti alle attività e al relativo abbigliamento.

Ancora in caso di estromissione conclamata del padre dalla vita della figlia, come nella presente vicenda, il che spiega la ragione di quanto fin qui rappresentato alle parti, la scelta di coinvolgere il padre nell'acquisto per la bambina non dei giocattoli ma delle scarpe e del cappotto valorizza per sempre il padre agli occhi della bambina ed al contempo responsabilizza il padre (in quanto una cosa è il non fare il bonifico mensile ed una ben più difficile è il negare gli indumenti alla figlia quando la si incontra) ed ancora responsabilizza la madre, la quale non avrà alcun interesse a non far incontrare padre e figlia.

1.15 L'IDONEITÀ DEI GENITORI NELLA FATTISPECIE

Come già osservato, si tratta di una bambina piccola, nata il 30.03.2013, la quale conosce entrambi i genitori ed è stata riconosciuta alla nascita da entrambi.
La madre afferma ma non prova che il padre abbia uno stile di vita non consono a prendersi cura di una bambina così piccola e non allega specifiche evenienze tali da imporre una regolamentazione del diritto di visita così differente da quello dai casi ordinariamente trattati.

Il punto centrale è il fatto che il padre rappresenta di non poter vedere il minore per l'atteggiamento di chiusura materno con grave ed effettiva lesione della bigenitorialità.
Tale affermazione paterna non è contraddetta dalla madre la quale anzi come già rammentato la ritiene ineluttabile

Nell'audizione e nella comparsa di costituzione la madre rivendica l'ineluttabilità di tale situazione per via: 1) dell'inesatta ottemperanza paterna agli orari indicati nel provvedimento; 2) della pretesa del padre di prendere la figlia anche se ammalata; 3) della pretesa paterna di tenere con se la figlia anche per i pasti anche se non è in grado di nutrirla; 4) delle persecuzioni paterne verso la madre; 5) della violenza psicologica posta in essere dal padre sulla figlia e sulla madre dicendo alla figlia di essere

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ancora innamorato della madre; di non dire alla madre il segreto che hanno padre e figlia consistente nel fatto che la mamma non sa che il padre e la madre si sposeranno.
Il punto provato di questo castello accusatorio è la forte conflittualità genitoriale la quale non può essere l'unico motivo per fondare l'attribuzione esclusiva della minore ad uno dei genitori: non si tratta di un refuso. Volutamente si usa "attribuzione esclusiva della minore ad uno dei genitori" e non "attribuzione dell'affido esclusivo della minore ad uno dei genitori" perché in questo caso in realtà la madre non chiede solo l'affido esclusivo ma la gestione totale della minore togliendo al padre la responsabilità genitoriale, l'affido condiviso, gli incontri liberi e consentendo al padre solo e soltanto gli incontri protetti.

Non si entra nel merito delle asserite malattie della figlia: non è provato che il padre non sappia gestire tali asserite malattie.
Certo è che i genitori hanno chiesto l'affido condiviso e che l'A.G. lo ha concesso e certo è che in violazione a tale provvedimento la madre, ponendo in essere una interversione del collocamento privilegiato della figlia presso il suo domicilio, si è attribuita di fatto l'affido esclusivo della minore decidendo con chi esce, impedendo al padre di vederla e compiendo da sola decisioni di carattere medico-sanitario.

In sintesi le condotte paterne non integrano violazioni delle regole dell'affidamento condiviso tali da determinare la sua rimozione dalla responsabilità genitoriale, dall'affido condiviso e dagli incontri liberi in quanto al più emerge un aver parlato della madre in termini inopportuni, come l'aver confidato alla figlia che avrebbe voluto continuare la relazione con la madre, quando per contro emergono gravi violazioni materne consistenti nel divieto di far frequentare il padre e nell'assumere le decisioni sanitarie da sola.

Pertanto, con ogni evidenza i documenti in atti comprovano che l'accusa materna di inidoneità genitoriale paterna è del tutto priva, allo stato, di riscontri.
In particolare si deve osservare che le affermazioni rese dalla madre in udienza denotano quanto sia micidiale per la minore il conflitto in atto, ma non hanno, allo stato, alcuna valenza per intaccare la piena idoneità genitoriale del padre.

Parimenti le affermazioni materne circa la contrarietà alla salute del minore dei pranzi con il padre od i timori per i pernottamenti della minore presso il padre non sono suffragati da elementi probatori significativi. Parimenti la

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tesi che una bambina di anni quattro non possa passare con il padre un fine settimana senza la costante e vigilante presenza della madre cozza con i dati della pura esperienza di tutti in giorni e non è in questo caso suffragato da ulteriori elementi specifici dai quali emerga la concreta inidoneità del padre.

Piuttosto sono tutti elementi che provano che la madre non ha educato (e non intende educare) alla bigenitorialità la figlia.
Noto è che in un caso non troppo dissimile il Giudice (Cfr., Tribunale di Milano, Sezione IX Civile, Decreto 14 gennaio 2015) ebbe ad osservare che «la genitorialità si apprende facendo i genitori» ed aggiunse che "solo esercitando il ruolo genitoriale una figura matura e affina le proprie competenze genitoriali; il fatto che, al cospetto di una bimba di due anni, un padre non sarebbe in grado di occuparsene, è una conclusionale fondata su un pregiudizio che confina alla diversità (e alla mancanza di uguaglianza) il rapporto che sussiste tra i genitori."

Da qui l'intervento di uno psicologo per aiutare la coppia genitoriale nel passaggio da un affido esclusivo di fatto ad un affido condiviso effettivo ed in caso di mancata realizzabilità per comprenderne le ragioni.

1.16 RIGETTO ISTANZE ABLATORIE

In sintesi in questo caso, allo stato, non emerge che dal padre, se co- affidatario, possa venire pregiudizio alla minore stessa, perché al più emerge una conflittualità tra i genitori.
Noto è infatti che per adottare limitazioni al diritto e dovere dei genitori di intrattenere con i figli un rapporto continuativo, sia necessario dimostrare che da ciò deriva un pregiudizio concreto al minore.

In questo caso vi è solo l'affermare che dalla condotta interferente del padre sarebbero derivati pregiudizi alla nuova vita relazionale della madre il che in primo luogo non sussiste perché la madre stessa ammette di avere in concreto già realizzato una propria nuova vita affettiva e di avervi coinvolto la minore trascorrendo i tre una giornata al mare; soprattutto va spiegato alle parti che un asserito ed allo stato indimostrato atteggiamento interferente paterno (nella vita materna) può assumere rilevanza ai fini di limitare i rapporti padre-figlia (fino a ridurli, come richiesto dalla madre, agli incontri protetti con esclusione di ogni potere decisionale) solo quando si dimostra che da essi derivino concreti e diretti pregiudizi alla minore.

Da qui il rigetto immediato di tutte le richieste ablatorie formulate dalla difesa della madre per far comprendere alle parti che è del tutto contrario

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agli interessi del minore chiedere di allontanare dalla vita della figlia l'altro genitore quando costui non ha posto in essere concrete violazioni della bigenitorialità.
Infatti, sgombrato il campo dai pregiudizi di prevalenza, si tratta di discutere solo davanti al competente Tribunale Ordinario della concreta attuazione della bigenitorialità o, e da qui la competenza ancora del collegio, delle ragioni e delle conseguenze della sua non attuazione neppure con l'ausilio dello psicologo.

1.17 DECISIONI A TUTELA DELL'INTERESSE DELLA MINORE

Quindi, con riferimento all'odierna vicenda, si deve prendere atto gradatamente: che non è la prima volta che l'Autorità Giudiziaria esamina le vicende della prole di questa coppia genitoriale perchè vi è un accordo pregresso il cui mancato rispetto si è rivelato pernicioso per la minore; che vanno determinati giudizialmente i tempi ed i modi della presenza della minore accanto ai due genitori non più conviventi, ma abitanti in località limitrofe; che è in atto un grave conflitto genitoriale nel cui contesto la madre ha illegittimamente attuato un affido esclusivo di fatto estromettendo il padre da ogni incontro con il minore e pretendendo di decidere ogni forma, tempo e modalità inerente la minore; che si tratta di una bambina piccola che però ha un autentico rapporto con il padre.

Poste queste premesse, ribadito che in astratto il condividere esperienze costituisce l'elemento essenziale della relazione genitore-figlio nel presente caso, proprio per quanto accaduto, si deve disporre: I) la domiciliazione del minore presso l'abitazione di entrambi i genitori; II) una corretta ripartizione di tempi e di cure finalizzato a far condividere per davvero momenti di crescita con il padre e la famiglia paterna; III) un assegno perequativo.

Per le ragioni fin qui analiticamente descritte l'Autorità Giudiziaria non può non accogliere la richiesta del padre di essere coinvolto effettivamente nella vita della minore e, in una situazione di concreta estromissione, ciò si può realizzare solo e soltanto attribuendo al padre la copertura diretta dei capitoli di spesa individuati in dispositivo.

Correlativamente, poiché era stato convenuto dai genitori stessi che per la minore venisse corrisposto alla madre un assegno di € 450,00 mensili, considerate le nuove regole per la frequentazione e i compiti di cura comprensivi di aspetti economici, appare equo attribuire al padre l'onere di corrispondere un assegno perequativo mensile di € 250,00, oltre come già

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detto alla copertura diretta dei capitoli di spesa descritto in dispositivo che sono parte del mantenimento.

1.18 GRADUALITÀ NELLA FREQUENTAZIONE E NOMINA PSICOLOGO

I pernottamenti presso il padre, tenuto conto della piena idoneità paterna ma anche della disabitudine della piccola, andranno introdotti progressivamente seguendo le indicazioni dello psicologo nominato il quale risponderà al seguente quesito: Previo esame degli atti e audizione dei coniugi, consultati nei limiti di quanto utile gli atti di causa ed esaminati i documenti depositati dalle parti solo se ritenuti strettamente necessari dal CTU (con particolare riguardo alle c.d. prove atipiche consistenti in fotografie effigianti momenti critici della minore, videoriprese della minore in momenti di conflitto genitoriale, registrazioni audio di conversazioni anche telefoniche, sms, messaggi telematici in quanto materiale non vagliato e controverso), sottoposti gli stessi a test psicoattitudinali nonché ad altro tipo di esame ritenuto utile, anche di carattere medico (previa nomina in tal caso di ausiliario), osservati altresì la minore e sottoposta la stessa a tutte le indagini ritenute necessarie e, infine, espletato ogni opportuno approfondimento, anche presso terzi,

. 1) Valuti il consulente le capacità genitoriali di ciascun genitore e le relazioni intercorrenti all'interno del sistema familiare al fine di evidenziare eventuali problematiche e soluzioni di continuità nelle relazioni tra la minore e ciascuno dei genitori;

. 2) Dica se sussistano motivi tali da sconsigliare un affidamento condiviso, esplicitando in caso affermativo le ragioni per escludere uno dei genitori e quali siano le migliori condizioni di permanenza della minore presso ciascuno di essi;

. 3) Nel caso di idoneità di entrambi i genitori valuti il regime di frequentazione indicato provvisoriamente in dispositivo ed operi per la sua completa attuazione e per l'introduzione di un regime di frequentazione bilanciato, in modo che sia conforme all'interesse della figlia e idoneo a garantire il mantenimento di un rapporto equilibrato, continuativo e sereno con entrambi i genitori DISPOSITIVO

Il Tribunale, I Sezione Civile, in composizione collegiale

P.Q.M.

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1.Dichiara la competenza del Tribunale Ordinario anche in ordine alle richieste ex art. 330 c.c. e 333 c.c.;

2.Rigetta le domande ex art. 330 c.c. e 333 c.c. formulate dalla madre;

3.Rigetta la richiesta della madre di affido esclusivo;

4.Rigetta la richiesta materna di incontri protetti;

5.Accoglie la richiesta paterna di rideterminare i compiti di cura ed i tempi di incontro tra il padre e la figlia allo scopo di realizzare una piena bi-genitorialità come di seguito precisato;

6.Rigetta allo stato tutte le richieste istruttorie salvo quella di nomina di CTU;

7.Revoca la collocazione della minore presso la madre perché in concreto contraria all'interesse della minore in quanto ha consentito la sua interversione al fine di estromettere il padre dalla frequentazione della minore e dalle scelte sanitarie;

8.Determina la mera residenza anagrafica della figlia presso il padre;

9.Determina la domiciliazione della minore presso entrambi i genitori;

10. Affida, allo stato, la prole minorenne ad entrambi i genitori, salva eventuale rideterminazione all'esito dell'espletanda CTU;

11. Autorizza i genitori insieme a chiedere il rilascio del passaporto e della carta di identità valida per l'espatrio per la prole;

12. Dispone che le decisioni di maggiore interesse (di regola aventi durevolezza nel tempo) relative all'istruzione, all'educazione e alla salute siano adottate di comune accordo;

13. Dispone che ognuno dei genitori riferisca all'altro le questioni significative relative al figlio;

14. Rappresenta ai genitori che la prole minorenne ha il diritto: A) di mantenere un rapporto equilibrato e continuativo con ciascuno dei genitori e di ricevere cure, educazione e istruzione da entrambi i genitori; B) di conservare rapporti significativi con gli ascendenti e con i parenti di ciascun ramo genitoriale; C) di vivere con ognuno dei genitori momenti di quotidianità (se necessario differenti) nelle forme (tempi e modalità) o concordate tra le parti (genitori e con il progredire dell'età anche i figli) o determinate dal giudice; D) di avere libero accesso ad entrambi i genitori;

15. Invita i genitori a valorizzare il principio legislativo della prevalenza (se non contrari all'interesse dei figli) degli accordi

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intervenuti tra i genitori e quindi a ripartirsi in futuro i compiti e i tempi in funzione dell'interesse della minore ad un equilibrato ed armonico sviluppo della personalità e quindi a proporre all'A.G. congiuntamente rettifiche al presente provvedimento;

16. Dispone che la ripartizione di seguito specificata possa essere integrata e modificata da successivi accordi tra i genitori tenendo conto dell'età, degli interessi e degli impegni della prole e comunque dispone che sarà modificata all'esito dell'espletanda CTU;

17. Attribuisce alla madre tutti i pernottamenti nei giorni feriali e le relative giornate salvo quanto di seguito precisato ed un fine settimana ogni due;

18. Dispone che il padre incontri liberamente la figlia secondo le seguenti modalità, la cui attuazione avverrà gradatamente con la presenza e sotto la guida del nominato CTU: a) il martedì ed il venerdì, dalle ore 18.00 sino al massimo alle ore 22.00 orario che sarà prorogato con l'aiuto dello psicologo allorchè la bambina sceglierà di fermarsi presso il padre a dormire almeno una sera infrasettimanale ogni settimana oltre alla notte del sabato ogni quindici giorni; b) un fine settimana ogni due fino ai 5 anni dalle ore 10,00 del sabato (o dall'uscita dell'asilo o da scuola) fino alle ore 19,00 della domenica, durante l'ora solare e fino alle ore 21,00 della domenica durante l'ora legale; dal quinto anno in poi il fine settimana alternato inizierà dal venerdi pomeriggio alle 18,00; c) precisa che con l'aiuto dello psicologo si introdurrà progressivamente la notte tra il sabato e la domenica allorchè la bambina sceglierà di fermarsi presso il padre a dormire;

19. Dispone che i tempi delle ferie siano determinati nei prossimi provvedimenti: allo stato resta vigente comunque l'accordo sottoscritto tra i genitori;

20. Dispone che i tempi delle ferie estive siano determinati nei prossimi provvedimenti; fin da adesso precisa che il padre nel luglio agosto 2017 progressivamente vedrà la minore sempre più giorni anche con i consigli dello psicologo; quindi vedrà (oltre ai tempi ordinari sopra indicati) ogni quindici giorni la minore tutto il giorno del sabato e tutto il giorno della domenica con facoltà di introdurre la notte tra il sabato e la domenica; inoltre il padre vedrà la minore per due periodi di

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sette giorni consecutivi ciascuno, nel mese di agosto o di luglio 2017 dalla mattina alla sera con facoltà anche di portarla al mare o dai nonni paterni e con facoltà di introdurre le notti negli stessi termini già descritti vale a dire se con l'aiuto dello psicologo allorchè la bambina sceglierà di fermarsi presso il padre a dormire la bambina sceglierà di fermarsi presso il padre a dormire,

21. Dispone che ciascun genitore contribuisca al mantenimento della prole in forma diretta per il periodo di permanenza del minore presso di sé, ivi comprese eventuali spese per la custodia;

22. Dispone che i genitori esercitino, nel rispetto di un indirizzo comune, separatamente, nei tempi di rispettiva convivenza, la responsabilità genitoriale per le questioni di ordinaria amministrazione (di regola aventi carattere estemporaneo);

23. Attribuisce al padre l'acquisto diretto delle scarpe, delle tute, delle felpe, dei maglioni e dei giubbotti sia per l'asilo (ora e per la scuola poi), che per gli sports che saranno via via introdotti (compresi eventuale attrezzatura), che per la vita quotidiana;

24. Attribuisce alla madre l'onere di provvedere a tutti gli altri capi di abbigliamento non indicati sopra e alle voci non elencate;

25. Attribuisce al padre il compito di acquistare tutto il materiale per l'asilo e la scuola;

26. Attribuisce al padre il compito di portare la bambina all'asilo almeno tre mattine la settima fino a quando la minore non si fermerà a dormire da lui;

27. Dispone che le spese mediche (non coperte dal SSN) siano suddivise allo stato tra i coniugi al 50%;

28. Dispone inoltre che il padre versi alla madre € 250,00 a titolo di assegno perequativo dal 5 luglio 2017; dispone che l'importo dell'assegno perequativo e degli eventuali rimborsi sia corrisposto via bonifico o assegno circolare o bancario o vaglia telematico entro i primi cinque giorni di ogni mese;

29. Dispone che l'importo degli assegni sia adeguato automaticamente ed annualmente agli indici Istat a decorrere dalla data della domanda;

30. Nomina CTU il dr. S. C.

31. Fissa l'udienza del giorno 4 luglio 2017 ore 12 per il conferimento dell'incarico;

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32. Ordina alla cancelleria di avvisare il P.M. e di comunicar il provvedimento alle parti

33. Ordina alla cancelleria di indicare che l'oggetto del ricorso è "provvedimenti relativi all'affidamento e al mantenimento del figlio nato fuori dal matrimonio". 
DECISA IN SALERNO IL 28/06/2017

In caso di diffusione del presente provvedimento omettere le generalità egli altri dati identificativi delle parti a norma del D.Lgs. n. 196 del 2003, art. 52, in quanto imposto dalla legge

Il Presidente Estensore Giorgio Jachia

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