Il tribunale di Milano ricorda che solo la convivenza duratura e non la mera coabitazione può far revocare l'assegno. Il punto della giurisprudenza

di Marina Crisafi - L'ex moglie che convive con un altro uomo perde il diritto all'assegno, ma solo e soltanto se la convivenza è stabile e duratura, ovvero si traduca in un progetto di vita in comune che consente di rescindere ogni connessione con la precedente vita matrimoniale. Se non sussistono tali elementi, invece, l'assegno è dovuto. A ricordarlo è il tribunale di Milano (nona sezione civile), con la sentenza n. 9280/2016, negando la revoca dell'assegno chiesta dall'ex marito in ragione del fatto che la moglie viveva da quattro anni con un altro uomo.

Nel giudizio, infatti, era emerso che non si trattava di una vera relazione di convivenza bensì di una semplice coabitazione per ragioni di amicizia ed ospitalità. Il marito, in sostanza, non aveva offerto elementi di prova che supportassero l'esistenza tra la ex e il suo compagno, "di un progetto ed un modello di vita in comune che valga ad integrare un vero e proprio consorzio

familiare di fatto che solo può valere ad escludere il diritto all'assegno divorzile" (cfr. Cass. n. 17195/2015; Cass n. 25845/2013). Per cui, ritenuta non provata l'esistenza di una convivenza more uxorio, il diritto della donna alla corresponsione dell'assegno divorzile va riconosciuto, "non avendo la stessa mezzi adeguati per provvedere al proprio mantenimento ed in ragione della diversa situazione personale delle parti e della forbice reddituale esistente".

Il punto della giurisprudenza

La sentenza del tribunale di Milano, pur non revocando il diritto dell'ex moglie all'assegno divorzile da parte del marito, si colloca nell'alveo delle pronunce che, di recente, hanno intaccato il "dogma" del mantenimento, ridimensionandolo e in certi casi azzerandolo. La strada imboccata dalla giurisprudenza, sia di legittimità che di merito, è quella di un sempre maggiore rigore nel riconoscimento dell'istituto assistenziale, che richiede una valutazione approfondita su diversi elementi (a partire dall'impossibilità del coniuge più debole di procurarsi degli introiti, sino al tenore di vita, ecc.), tra cui rileva prepotentemente l'inizio di una nuova relazione con un altro partner.

Secondo l'indirizzo consolidato, infatti, sia il nuovo matrimonio del coniuge divorziato che la convivenza stabile di fatto determinano la sospensione dell'obbligo di corrispondere l'assegno divorzile, anche laddove ne sussistano i presupposti patrimoniali (cfr. Cass. n. 3923/2012; Cass. n. 17195/2011).

Il dato decisivo, per la giurisprudenza, nel caso in cui il coniuge più debole si sia rifatta una vita con un altro partner, è la "stabilità" e la durata della convivenza more uxorio (cfr. Cass. n. 23411/2015).

Ancora più di recente la Corte di legittimità (cfr. Cass. n. 19345/2016), si è spinta fino ad affermare che "l'instaurazione di una nuova famiglia, ancorché di fatto, rescindendo ogni connessione con il tenore e il modello di vita caratterizzanti la pregressa fase di convivenza matrimoniale fa venire meno ogni presupposto per la riconoscibilità dell'assegno divorzile a carico dell'altro coniuge, cosicché il relativo diritto non entra in stato di quiescenza, ma resta definitivamente escluso" (leggi: "Divorzio: nuovo compagno, addio per sempre all'assegno").

https://www.studiocataldi.it/articoli/23549-divorzio-nuovo-compagno-addio-per-sempre-all-assegno.asp

La formazione di una famiglia di fatto, infatti, "è espressione di una scelta esistenziale, libera e consapevole, che si caratterizza per l'assunzione piena del rischio di una cessazione del rapporto e quindi esclude ogni residua solidarietà post-matrimoniale con l'altro coniuge, il quale deve considerarsi ormai definitivamente esonerato dall'obbligo di corrispondere l'assegno divorzile".


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