Focus sull'orientamento dei giudici di pace e della Cassazione sulla remissione tacita di querela

Tentativo di conciliazione tra le parti

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L'attribuzione della competenza penale al giudice di pace risponde, come è stato dichiarato nella relazione al D.Lgs. 28 agosto 2000, n. 274, alla volontà del legislatore di porre in essere un nuovo modello di giustizia penale finalizzato a risolvere i micro-conflitti sociali attraverso l'istituto della conciliazione.

Tra i principi fondamentali del procedimento penale davanti al giudice di pace vi è, dunque, il dovere, per il magistrato, di favorire la conciliazione tra le parti. Ma la scelta di perseguire, sotto il profilo penale, un determinato fatto, nei reati procedibili su querela di parte, è lasciata alla persona offesa dal reato. Lo Stato, in pratica, si impegna a punire penalmente l'autore del reato solo se sollecitato dalla persona offesa

. In questa prospettiva il legislatore ha attribuito al giudice di pace un ruolo ritenuto fondamentale nella filosofia dell'istituzione di questa nuova figura di magistrato onorario: il ruolo propositivo e non meramente ricognitivo "di una disponibilità delle parti a comporre la res litigiosa". Il tentativo di conciliazione è un obiettivo prioritario per il cui conseguimento al giudice è data facoltà (a) di rinviare l'udienza per un periodo non superiore a due mesi e (b) di avvalersi dell'attività di mediazione di centri e strutture pubbliche o private presenti nel territorio (art. 29 d.lgs. n. 274/2000).

Va, poi, aggiunto che sono previste facoltà di dichiarare estinto il processo in tutte le ipotesi di tenuità del fatto (art. 34) e/o di condotte riparatorie (art. 35).

Inoltre, non possiamo tacere che uno degli obiettivi dell'introduzione del giudice di pace nel nostro ordinamento penale è quello della deflazione dei carichi della magistratura professionale.

La remissione di querela

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L'art. 112 Cost. definisce obbligatoria l'azione penale che deve essere esercitata dal pubblico ministero. Ciò nondimeno, in alcuni casi il promovimento dell'azione penale è subordinato al realizzarsi di alcune condizioni, quali la querela, l'istanza di procedimento nei confronti dei responsabili di delitti commessi all'estero, la richiesta di procedimento e l'autorizzazione a procedere.

La querela consiste in una manifestazione di volontà "che si proceda in ordine a un fatto previsto dalla legge come reato" (art. 336 c.p.p.) con conseguente richiesta di punizione del colpevole. Ma il querelante può in ogni momento, sino alla pronuncia di una sentenza irrevocabile, rinunciare alla sua pretesa di punire il colpevole mediante la remissione di querela, che può essere processuale o extraprocessuale (art. 152 c.p.).

La remissione processuale è fatta personalmente o a mezzo di procuratore speciale, con dichiarazione espressa, ricevuta dall'autorità giudiziaria procedente, ma può essere proposta anche davanti a un ufficiale di polizia giudiziaria che deve trasmetterla immediatamente alla predetta autorità nelle forme previste dall'art. 339 c.p.p. (art. 340 c.p.p.).

La remissione extraprocessuale può essere espressa, allorchè è fatta nelle forme di cui all'art. 330 c.p.p., o tacita, quando il querelante ha compiuto atti incompatibili con la volontà di persistere nella querela.

In ogni caso la remissione non produce effetto, se il querelato l'ha espressamente o tacitamente ricusata (art. 155 c.p.).

Per quanto riguarda il processo penale davanti al giudice di pace la conciliazione produce come conseguenza la remissione della querela (art. 29, comma 5, d.lgs. 274/2000).

Remissione tacita di querela nella giurisprudenza del giudice di pace

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I giudici di pace, nella stragrande maggioranza, hanno ritenuto che la mancata comparizione del querelante in udienza, previamente ed espressamente avvisato che l'eventuale sua assenza sarebbe stata interpretata come volontà di non insistere nell'istanza di punizione, si configua quale remissione tacita di querela (ex pluribus GdP San Severo 08.05.2007; GdP Marsala 21.05.2007; GdP Pordenone 23.05.2007; GdP Bergamo 02.10.2009; GdP Crotone 18.02.2010; GdP Tiriolo 08.04.2010; GdP Grumello del Monte 16.11.2011; GdP Latisana 27.07.2012; GdP Taranto 07.03.2014).

Primo orientamento nella giurisprudenza della Cassazione

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Apriti cielo: avverso questo orientamento le Procure Generali presso le Corti d'Appello di tutta Italia hanno prodotto ricorsi, tutti simili tra loro (quasi in fotocopia), che la Cassazione1 ha molto spesso accolto con la motivazione che la mera assenza del querelante nel processo, anche nel caso vi sia stato un espresso invito del giudice a presentarsi e nonostante l'avvertimento che la sua mancata comparizione sarebbe stata interpretata quale rinunzia alla querela, non configurerebbe una remissione tacita della querela, "trattandosi di comportamento omissivo, improduttivo di qualsiasi effetto sulla procedibilità dell'azione penale; né alla omessa comparizione può attribuirsi l'anzidetto valore, previamente notificando alla persona offesa l'avvertimento che la sua assenza sarebbe interpretata come remissione tacita di querela, posto che questa, che è solo extraprocessuale, non può essere integrata da un comportamento processuale".

Tale orientamento, autorevolmente confermato dalle Sezioni Unite della Cassazione con la sentenza 30.10.2008 n. 46088, non è stato condiviso dalla giurisprudenza di pace che ha continuato a sostenere la validità della propria interpretazione, elaborando motivazioni ragionevoli che discendono da una puntuale analisi delle norme del d.lgs. n. 274/2000 anche alla luce del novellato art. 111 Cost.

Chi scrive condivide in pieno l'orientamento espresso dalla giustizia di pace.

La remissione tacita della querela trova la sua disciplina nell'art. 152 c.p., la cui lettura non può prescindere dalle rilevanti modifiche costituzionali e processuali a seguito dell'introduzione del cosiddetto giusto processo e della competenza penale del giudice di pace.

A seguito della riforma dell'art. 111 Cost. è stato delineato un nuovo modello processuale nel quale sono privilegiati due principi fondamentali: la ragionevole durata del processo e il contraddittorio.

E' indubbio che, ove venisse accettata la tesi secondo la quale la mancata comparizione in udienza del querelante non costituirebbe affatto volontà di rimettere la querela, il principio del giusto processo, cui è correlato quello della ragionevole durata del processo, sarebbe gravemente compromesso. A questa considerazione si deve aggiungere anche l'altra, secondo la quale la mancata presenza al dibattimento del querelante, sfornita di giustificazione, impedisce il contraddittorio che, invece, l'art. 111 della Costituzione mira a garantire se non altro per consentire all'imputato di confrontarsi con il suo accusatore che non può sottrarsi al controesame.

Ne consegue che, nell'ipotesi in cui il querelante-persona offesa non comparisse, nonostante l'avviso che la sua mancata comparizione verrebbe interpretata come volontà di rimettere la querela, il suo comportamento non potrebbe avere altro significato che quello di rimettere la querela.

Ma vi è di più: la tesi contraria alla remissione tacita della querela non tiene conto della normativa introdotta dal d.lgs. 28 agosto 2000, n. 274, con il quale è stata attribuita al giudice di pace la competenza penale per una serie di reati.

Orbene, l'art. 30 del d.lgs. n. 274/2000, che disciplina l'udienza di comparizione a seguito di ricorso immediato al giudice, prevede che la mancata presentazione del ricorrente, non giustificata, determina l'improcedibilità del ricorso. Il terzo comma dell'art. 28, poi, statuisce che la mancata comparizione delle persone offese, regolarmente avvisate, equivale a rinuncia al diritto di querela ovvero alla remissione di querela, qualora questa sia stata già presentata.

Anzi: (a) l'art. 28 citato fa discendere dalla mancata comparizione della persona offesa, senza necessità di un'ulteriore udienza, un significato espressivo inequivocabile che è quello di non voler persistere nella querela. Ancora di più, ovviamente, se l'assenza è stata preceduta dall'avviso notificato dal giudice che la persistente assenza all'udienza sarà interpretata come remissione di querela; (b) il comma 5 dell'art. 22 del D.Lgs. n. 274 del 2000 recita: "La presentazione del ricorso produce gli stessi effetti della presentazione della querela".

Va, infine, sottolineato che tale equiparazione si rinviene anche nella Relazione allo schema di decreto legislativo
recante "Disposizioni in materia di competenza penale del giudice di pace" (approvato dal Consiglio dei Ministri del 25 agosto 2000), nella quale, precisato che il ricorso immediato è ammissibile solo per i reati procedibili a querela di parte, facendo risaltare l'interesse privato alla punizione del colpevole, il ricorso immediato è equiparato alla querela, "di cui produce tutti gli effetti" (Relazione 4.2).

La Cassazione cambia orientamento

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All'esigenza della ragionevole durata del processo si è ispirata la Quinta Sezione Penale (Ordinanza n. 898/2016). Partendo dalla considerazione che nelle sentenze dei giudici di pace non si fa discendere la remissione tacita di querela dalla mera omessa presentazione del querelante nel processo, ma piuttosto dalla specifica ipotesi in cui la mancata comparizione consegua ad un espresso invito in tal senso del giudice, la Quinta Sezione ritiene che si possa configurare l'ipotesi di remissione tacita. In ogni caso, rileva che vi è comunque un orientamento minoritario della Cassazione secondo il quale l'omissiva condotta del querelante realizza una ipotesi di remissione extraprocessuale (Sez. 5 n. 14063 del 19.03.2008; Sez. 4 n. 20018 del 12.04.2008), trattandosi di un comportamento avente, nel suo complesso, sicuro carattere di contraddizione logica rispetto alla volontà di punizione del colpevole manifestata con la querela.

Donde la necessità di un nuovo esame da parte delle Sezioni Unite per risolvere il contrasto giurisprudenziale.

Le Sezioni Unite

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La questione rimessa dalla Sezione Quinta con l'ordinanza n. 898/2016 può essere così sintetizzata: "Se nel procedimento davanti al giudice di pace, instaurato in seguito a citazione del pubblico ministero, configura remissione tacita di querela la mancata comparizione del querelante, previamente ed espressamente avvisato che l'eventuale sua assenza sarebbe stata interpretata come volontà di non insistere nell'istanza di punizione".

La risposta delle Sezioni Unite è stata inequivocabile: può essere legittimamente attribuita al querelante, che, nonostante il previo ed espresso avviso del giudice di pace, non si fosse presentato in udienza, la volontà di non insistere nell'istanza di punizione.

Molto opportunamente le Sezioni Unite aggiungono che tale ultimo orientamento "...appare anche in sintonia con il rispetto del principio della ragionevole durata del processo, di cui all'art. 111, secondo comma. Cost., favorendo definizioni del procedimento che passino attraverso la verifica dell'assenza di un perdurante interesse della persona offesa all'accertamento delle responsabilità penali e precludano sin dalle prime battute lo svolgimento di sterili attività processuali destinate a concludersi comunque con un esito di improcedibilità dell'azione penale o di estinzione del reato".

Dunque, l'orientamento espresso nella prevalente giurisprudenza di pace è in sintonia con il rispetto del principio della ragionevole durata del processo e della preoccupazione, ignorata dalle Procure ricorrenti, di evitare di intasare inutilmente la Suprema Corte di questioni che possono essere benissimo risolte a monte.

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Raffaele Vairo

raffaelevairo@libero.it


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