Inutile lamentare i difetti d'udito, vanno rimborsati i canoni perduti a causa del recesso e le spese per l'insonorizzazione

di Lucia Izzo - Il vicino talmente rumoroso da far scappare l'inquilino, è tenuto a risarcire al padrone di casa i canoni perduti a causa del recesso anticipato del conduttore.

Lo ha stabilito il Tribunale di Milano, tredicesima sezione civile, nella sentenza 5465/2016 (qui sotto allegata).


Nel corso del rapporto di locazione, il conduttore aveva lamentato diversi episodi di intollerabile disturbo della quiete diurna e soprattutto notturna, a causa di musica ad altissimo volume, schiamazzi, grida, insulti fra familiari e rumori derivanti da probabili colluttazioni, talmente acuti da disturbare il sonno e la quiete notturna sua e della sua famiglia.

A nulla è servito sollecitare più volte il vicino fracassone, anche con lettere dell'amministratore condominiale, l'inquilino si è visto costretto a lasciare l'appartamento anche dopo gli interventi di insonorizzazione sostenuti dal padrone di casa per cercare di salvare il rapporto.


Per il giudice appare accertato sia che in più occasioni i vicini siano stati invitati a cessare i rumori molesti, sia che questi siano stati prodotti e abbiano superato la soglia della tollerabilità.

A tal fine, precisa il giudice, nonostante il regolamento condominiale faccia assoluto divieto ai condomini di recare disturbo ai vicini con rumori di qualsiasi natura e, segnatamente, dalle ore 20,00 alle ore 8,00, l'art. 844 c.c. richiede la dimostrazione che le emissioni rumorose superino la soglia della tollerabilità, che è concetto ben diverso dal semplice "disturbo".


Tuttavia non si rende necessaria una perizia fonometrica, perché le risultanze processuali consentono di ritenere senz'altro integrata la violazione della norma regolamentare: le lamentele rivolte dal conduttore direttamente ai vicini di casa (riconosciute dai convenuti), le corrispondenza intercorsa tra locatrice ed inquilino, il recesso "minacciato" dal conduttore dopo pochi mesi dall'inizio del rapporto, a causa di tali rumori, seguito dall'effettivo esercizio del medesimo e poi dal rilascio dell'immobile, i lavori di insonorizzazione della parete in comune realizzati tra i due appartamenti (tutte circostanze documentalmente provate) sono elementi che, unitariamente valutati, depongono univocamente e concordemente nel senso di un sicuro disturbo arrecato al conduttore dell'immobile adiacente dai rumori prodotti dai convenuti e dai loro familiari.


Neppure si può ritenere che fosse l'inquilino ad essere particolarmente sensibile al rumore: il fatto che il disturbo fosse oggettivo è confermato anche dal fatto che anche il nuovo conduttore, subentrato nel medesimo immobile, abbia comunicato alla locatrice che i vicini di casa avevano organizzato una festa, il sabato precedente, dopo le ore 23,00, nel corso della quale avevano suonato tamburi ed altri strumenti musicali e che egli, avendo provato invano a contattarli per chiedere di smettere, aveva dovuto chiamare la polizia.


A ciò si aggiunge il fatto che il precedente inquilino, fuggito dall'appartamento rumoroso, abbia poi affittato altro appartamento nel medesimo complesso residenziale e ciò dimostra  che il contesto abitativo era a lui gradito e che non avrebbe cambiato alloggio se non perché effettivamente costretto

Non colgono le difese dei vicini che ritengono che i rumori fossero quelli di normali cene di famiglia e che, a causa delle condizioni di udito del nonno, fossero costretti a parlare a voce alta e a mettere musica e televisione a volume alto.


Nonostante, infine, nel caso in esame non risulti documentalmente dimostrato che il regolamento condominiale fosse contrattuale, i convenuti non hanno preso alcuna posizione in merito a tali fatti, quindi si deve ritenere che la natura contrattuale del regolamento sia pacifica, in mancanza di specifica contestazione.

A tal proposito, il Tribunale rammenta che le norme regolamentari di natura contrattuale possono imporre limitazioni al godimento della proprietà esclusiva anche maggiori di quelle stabilite dall'indicata norma generale sulla proprietà fondiaria. 


Quando si invoca, a sostegno dell'obbligazione di non fare, il rispetto di una clausola del regolamento contrattuale che restringa poteri e facoltà dei singoli condomini sui piani o sulle porzioni di piano in proprietà esclusiva, il giudice è chiamato a valutare la legittimità o meno dell'immissione, non sotto la lente dell'art. 844 c.c., ma esclusivamente in base al tenore delle previsioni negoziali di quel regolamento, costitutive di un vincolo di natura reale assimilabile ad una servitù reciproca.


Ai fracassoni non resta che pagare non solo una somma di quasi 13mila euro per la mancata percezione dei canoni di locazione dell'immobile che il proprietario ha perso per effetto del recesso del conduttore, ma anche il rimborso dei costi di insonorizzazione che, in assenza di schiamazzi, la proprietà non avrebbe sostenuto.


Tribunale di Milano, sent. sentenza 5465/2016

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