L'atto traslativo non può diminuire la garanzia patrimoniale e pertanto si rende necessario attivare la revocatoria ex art. 2901 c.c.

di Lucia Izzo - Va revocato l'atto di trasferimento immobiliare al coniuge in esecuzione della separazione consensuale quando risulta lesivo della garanzia patrimoniale nei confronti dei propri creditori.

Lo ha stabilito il Tribunale di Milano, seconda sezione civile, nella sentenza 1° giugno 2015 n. 6784 (qui sotto allegata) ordinando la revoca dell'atto traslativo compiuto dall'ex marito nei confronti della moglie in esecuzione di separazione consensuale.


La società ricorrente evidenzia di essere creditrice del convenuto di somme dovute in forza di contratto di locazione inadempiuto, per le quali ha ottenuto un decreto ingiuntivo e promosso azione esecutiva per il recupero del credito vantato. 


Il giudice evidenzia che i presupposti per l'esercizio dell'azione revocatoria ordinaria consistono "nell'esistenza di un credito dell'attore verso il disponente, anche ove si tratti di un credito litigioso; nell'effettività del danno, inteso come lesione della garanzia patrimoniale a seguito del compimento da parte del debitore dell'atto traslativo (...) infine, nella ricorrenza, in capo al debitore - ed anche in capo al terzo se si tratta di atto a titolo oneroso - della consapevolezza che l'atto di disposizione diminuisce la consistenza delle garanzie spettanti ai creditori". 


L'azione tende non solo a ricostituire la garanzia generica assicurata al creditore dal patrimonio del suo debitore, ma anche ad assicurare uno stato di maggiore fruttuosità e speditezza dell'azione esecutiva diretta a far valere detta garanzia, sicché è sufficiente ad integrare l'eventus damni anche una variazione meramente qualitativa del patrimonio del debitore. 

Con riferimento alla posizione dei subacquirenti, o terzi mediati, l'art. 2901 ultimo comma c.c. prevede che l'inefficacia dell'atto si estenda e pregiudichi i diritti dagli acquistati a titolo oneroso solo se sussista la mala fede


Nel caso di specie, la creditrice ha adeguatamente motivato e dimostrato il proprio credito nei confronti del convenuto, e il danno appare manifesto a fronte della circostanza che l'atto impugnato ha mutato la consistenza patrimoniale del convenuto, spogliatosi di ogni bene immobile a lui intestato con la consapevolezza di arrecare danno alla società attrice stante il debito da lui conosciuto (a seguito della messa in mora e dall'intimazione di sfratto notificategli dall'attrice). 


È ammissibile la revocatoria ordinaria del trasferimento al coniuge, a seguito di separazione della proprietà di un bene, in adempimento del proprio obbligo di mantenimento nei confronti del coniuge e dei figli. Trattandosi di attribuzione a titolo oneroso, dovrà essere provata anche la consapevolezza del terzo: sarà sufficiente la consapevolezza, del debitore alienante e del terzo acquirente, della diminuzione della garanzia generica per la riduzione della consistenza patrimoniale del primo, non essendo necessaria la collusione tra gli stessi, né occorrendo la conoscenza, da parte del terzo, dello specifico credito per cui è proposta l'azione. Tale prova del predetto atteggiamento soggettivo può comunque essere fornita tramite presunzioni.

Nel caso di specie, il coniuge, soggetto legato al debitore da un vincolo molto stretto nonostante la separazione in atto, era bene a conoscenza dei problemi inerenti la situazione economica e debitoria del marito: difatti, nell'atto di trasferimento erano segnalati i diversi pignoramenti e l'ipoteca giudiziale sull'immobile di cui la donna ammette di essere venuta a conoscenza, rilevando anche che spesso l'uomo ha mancato di versare gli alimenti dovuti ai figli minori o di averlo fatto con assegni insoluti. 

Il giudice ordina la revoca dell'atto di trasferimento immobiliare e ordina ai coniugi di rimborsare le spese del giudizio alla società attrice. 

Tribunale Milano, sent. 1° giugno 2015 n. 6784

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