Per la Cassazione, il documento è emendabile in giudizio, anche oltre il termine per l'integrazione, per correggere errori e omissioni di carattere meramente formale

di Lucia Izzo - La dichiarazione dei redditi del contribuente affetta da errore commesso dal dichiarante nella sua redazione, sia esso di fatto che di diritto, è emendabile anche in sede contenziosa, quando dalla medesima possa derivare l'assoggettamento del dichiarante ad oneri contributivi diversi e più gravosi di quelli che sulla base della legge devono restare a suo carico.


A stabilirlo è la Corte di Cassazione, sesta sezione civile, nell'ordinanza 22443/2015 (qui sotto allegata) accogliendo il ricorso di una società cooperativa in qualità di contribuente, a seguito della sentenza della CTR della Campania che riduceva le sanzioni applicate, ma confermava la decisione resa in primo grado sulla legittimità della cartella di pagamento nella parte in cui aveva escluso la possibilità di emendare la dichiarazione dei redditi in sede contenziosa.


Proprio su quest'ultimo punto batte la censura sollevata dalla ricorrente, la quale ritiene che la CTR non si fosse uniformata sul punto ai principi giurisprudenziali espressi proprio dalla Cassazione e favorevoli alla emendabilità della dichiarazione in corso di giudizio.


Gli Ermellini rammentano che l'art. 2 cit. al comma 8-bis dPR n. 322/98 dispone che "salva l'applicazione delle sanzioni, le dichiarazioni dei redditi dell'imposta regionale sulle attività produttive e dei sostituti d'imposta possono essere integrate dai contribuenti per correggere errori od omissioni che abbiano determinato l'indicazione di un maggior reddito o, comunque, di un maggior debito d'imposta o di un minor credito, mediante dichiarazione da presentare secondo le disposizioni di cui all'art. 3, utilizzando modelli conformi a quelli approvati per il periodo d'imposta cui si riferisce la dichiarazione, non oltre il termine prescritto per la presentazione della dichiarazione relativa al periodo d'imposta successivo".


Pertanto, la dichiarazione dei redditi del contribuente è emendabile anche in sede di giudizio poiché non è un atto negoziale e dispositivo, ma reca una mera esternazione di scienza e di giudizio, modificabile in ragione dell'acquisizione di nuovi elementi di conoscenza e di valutazione sui dati riferiti. Inoltre un sistema legislativo che non consentisse di rettificare la dichiarazione, provocherebbe un indebito prelievo fiscale in contrasto con i principi costituzionali della capacità contributiva (art. 53 Cost., comma 1) e dell'oggettiva correttezza dell'azione amministrativa (art. 97 Coat., comma 1).


Circa il termine entro il quale può presentarsi la dichiarazione di rettifica, il contribuente può esercitarlo anche in sede contenziosa per opporsi alla maggiore pretesa dell'amministrazione finanziaria anche oltre il termine previsto per l'integrazione della dichiarazione (fissato in quello prescritto per la presentazione della dichiarazione relativa al periodo d'imposta successivo dal dPR 322/9 art. 2, comma 8-bis) solo nell'ipotesi in cui si tratti di correzione di "errori od omissioni" di carattere meramente formale che abbiano determinato l'indicazione di un maggior reddito, o comunque di un maggior debito di imposta.


Pertanto, il motivo di ricorso è meritevole d'accoglimento e la sentenza impugnata cassata con rinvio ad altra sezione della CTR della Campania.

Cass., VI sez. civile, ord. 22443/2015

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