La pronuncia sul divorzio deve considerarsi un capo autonomo della sentenza e, pertanto, in mancanza di impugnazione, la pronuncia sulla cessazione degli effetti civili del matrimonio passa in giudicato anche se è ancora pendente il giudizio d'appello sulle questioni patrimoniali come quelle relative alla quantificazione dell'assegno di mantenimento.

Proprio per tali ragioni il giudizio relativo alle questioni patrimoniali può proseguire anche dopo la morte di uno dei coniugi.

E quanto ricorda la corte di cassazione con la sentenza 16.951 del 24 luglio 2014.

Poco importa che la morte possa aver determinato la cessazione della materia del contendere nel giudizio di divorzio (come accade anche nei giudizi di separazione). La cessazione della materia contendere in tal caso è infatti legata al venir meno dello stato di coniuge che non può ovviamente essere trasmesso agli eredi.


Per le questioni patrimoniali gli eredi possono proseguire il giudizio e chiedere la determinazione dell'assegno che ha pur sempre dei riflessi di natura patrimoniale su di loro.

Nel caso preso in esame dai giudici di piazza Cavour era stata richiesta la liquidazione dell'assegno di divorzio al fine dell'accertamento del diritto alla pensione di reversibilità.

Sia il tribunale sia la corte d'appello avevano però respinto la domanda ed il caso era finito in Cassazione dove la ricorrente ha lamentato che i giudici di merito non avevano considerato che l'espressione "titolare di assegno ai sensi dell'art. 5" contenuta nell'art. 9 della legge n. 898/1970  deve intendersi riferita alla "titolarità in astratto" e non in concreto del diritto all'assegno. 

Testo ordinanza Corte di Cassazione 24 luglio 2014, n. 16951

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