di Licia  Albertazzi - Corte di Cassazione Civile, sezione lavoro, sentenza n. 27055 del 3 Dicembre 2013. La donna lavoratrice ha diritto alla tutela rafforzata ex art. 41 Costituzione

nel caso in cui contragga matrimonio e dia origine, conseguentemente, ad una famiglia: tale il principio confermato dalla Suprema Corte. Nel caso in oggetto una società avrebbe disposto il licenziamento di una dipendente entro l'anno di contrazione del matrimonio; sia il giudice di primo che di secondo grado, tuttavia, convenivano nello statuire che "l'ipotesi di cessazione di attività nell'azienda non poteva estendersi sino a coprire mere ipotesi di ristrutturazione organizzativa nei reparti ricevimento e portineria e reparto centralino, come allegato dalla società appellante". Decidevano quindi per l'illegittimità del licenziamento impugnato. Avverso tale statuizione proponeva appello la società soccombente.

La legge 7/1963 a protezione del lavoro delle donne e della famiglia stabilisce che sono nulli "i licenziamenti attuati a causa del matrimonio". Spetta al giudice del merito interpretare tale disposto dandone attuazione pratica, riscontrando il procedimento logico adottato nella motivazione. La legge stabilisce un arco temporale preciso entro il quale l'azienda non può procedere al licenziamento

della dipendente; termine che non è stato rispettato nel caso di specie (un anno dalla contrazione del matrimonio). A nulla vale la contestazione della società circa l'effettiva intervenuta soppressione del ramo d'azienda presso cui era impiegata la dipendente: ella infatti era stata dapprima trasferita presso suddetto ramo, per poi essere licenziata. "Si tratta comunque di questioni non rilevanti per giustificare un recesso nel periodo sospetto in quanto il legislatore a monte ha ritenuto (…) pertinente solo la cessazione dell'attività, non una sua ristrutturazione, giudicando in via presuntiva prevalente sul punto la necessità della tutela rafforzata della lavoratrice donna rispetto al diritto di cui all'art. 41 Cost.". Una interpretazione autentica del disposto normativo ha permesso alla Cassazione di scongiurare l'ipotesi di intromissione giudiziale in ambiti discrezionali riservati alla sola organizzazione d'impresa, dunque respingere il ricorso aziendale e confermare l'illegittimità del licenziamento.


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