Il lavoratore jolly, cui sono affidate mansioni plurime, che dimostri di non appartenere in realtà al settore sottoposto al licenziamento collettivo, va reintegrato. E' quanto emerge dall'ordinanza n. 5506/2011 con cui la Corte di Cassazione rigetta il ricorso proposto da un datore di lavoro avverso la decisione dei giudici di merito che acoglievano l'impugnativa di licenziamento collettivo proposta da un lavoratore e condannavano la società a reintegrare il dipendente. Il punto cardine della decisione della Corte d'Appello veniva individuato nella veridicità dell'appartenenza del lavoratore all'ufficio prossimo a chiusura; il giudice di primo grado aveva accertato che il lavoratore non apparteneva in realtà a tale reparto e la Corte d'Appello aveva concluso che il dipendente non era più fisicamente presente nell'ufficio essendogli state affidate mansioni differenti e che era divenuto una sorta di jolly con mansioni plurime ma comunque senza che fossero esclusive o anche prevalenti quelle del reparto da chiudere.
Il datore di lavoro, nel ricorso in Cassazione afferma che "anche ammesso che il lavoratore non facesse parte dell'ufficio soppresso, avrebbe dovuto comunque essere licenziato in quanto la sua posizione avrebbe dovuto essere comparata con quella di tutto il personale amministrativo presente in azienda e la scelta non avrebbe potuto che ricadere su di lui in ragione della minore anzianità di servizio e della totale assenza di carichi di famiglia". La Suprema Corte ritiene il ricorso carente sotto il profilo dell'autosufficienza perché non consente di controllare se e come la questione fosse stata posta nei gradi di giudizio precedenti e se fosse stata quindi oggetto di contraddittorio tra le parti; rileva inoltre che nell'esposizione del ricorso si propone una diversa lettura e valutazione del quadro probatorio inammissibile in sede di legittimità.

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