Per la Cassazione la sentenza n. 228/2014 della Corte Costituzionale avrebbe escluso dalla presunzione solo i prelievi

di Lucia Izzo - L'Agenzia delle Entrate non può attuare alcuna presunzione di evasione fiscale sui prelievi che il professionista esegue sul proprio conto corrente tale da giustificare un accertamento. Diversa è, invece, la situazione quanto ai versamenti sul conto che il Fisco può accertare come redditi in "nero" laddove il professionista non riesca a dimostrarne la provenienza.


Lo ha stabilito la Corte di Cassazione, sezione Tributaria, nella sentenza n. 19806/2017 (qui sotto allegata. Il Collegio è intervenuto nuovamente sull'applicazione dell'art. 32 del d.P.R. 600/1973, fattispecie che consente all'Agenzia delle Entrate di rettificare il reddito dei contribuenti che non sono in grado di giustificare i movimenti sui propri conti correnti laddove "presuma" che questi nascondano operazioni in nero volte a evadere il fisco.


La sentenza della Corte Costituzionale n. 228/2014 ha tuttavia dichiarato l'illegittimità costituzionale della disposizione, ritenendo che la presunzione posta dalla citata norma con riferimento ai compensi percepiti dai lavoratori autonomi fosse "lesiva del principio di ragionevolezza nonché della capacità contributiva, essendo arbitrario ipotizzare che i prelievi ingiustificati da conti correnti bancari effettuati da un lavoratore autonomo siano destinati ad un investimento nell'ambito della propria attività professionale e che questo a sua volta sia produttivo di un reddito".


Se tale pronuncia parrebbe aver fatto riferimento ai soli prelevamenti operati sui conti correnti bancari, spostando sull'Amministrazione finanziaria l'onere di provare che le somme siano state utilizzate dal libero professionista per acquisti inerenti la produzione del reddito, la Cassazione ha diverse volte ritenuto che la presunzione legale delle delle indagini bancarie per i professionisti fosse venuta meno anche per i versamenti (per approfondimenti: Avvocati e professionisti: addio a indagini sul conto corrente).


Tuttavia, la recente sentenza depositata l'8 agosto 2017, smentisce i precedenti orientamenti introducendo una nuova linea interpretativa. Nel caso esaminato, a seguito della verifica dei movimenti dei conti correnti bancari intestati all'avvocato contribuente, l'Agenzia delle entrate con l'avviso di accertamento impugnato ha provveduto a recuperare a tassazione non solo i versamenti, ma anche i prelievi, considerandoli "compensi" conseguiti dall'attività libero professionale dal medesimo svolta.

Cassazione: sì alla presunzione per i versamenti dei professionisti

Il Collegio rammenta quanto stabilito dal Giudice delle leggi, con la sentenza del 2014, tuttavia sostiene che nella citata sentenza "sembrerebbe essere rinvenibile una discrasia tra motivazione e dispositivo".


Nella prima, precisa la Cassazione, vi sarebbe un chiaro riferimento ai soli prelevamenti dai conti bancari mentre nella seconda la Corte Costituzionale avrebbe sancito in maniera perentoria l'illegittimità costituzionale della disposizione censurata limitatamente alle parole "o compensi", che, nell'architettura della citata disposizione, è posta con riferimento ai prelevamenti, ma anche agli "importi riscossi nell'ambito dei predetti rapporti od operazioni", circostanza che secondo gli Ermellini potrebbe far pensare ai versamenti"


Nonostante alcune pronunce abbiano interpretato il venir meno della presunzione sia quanto ai versamenti che hai prelevamenti, la Corte ritiene di dar seguito a un diverso orientamento, secondo cui "In tema di accertamento, resta invariata la presunzione legale posta dall'art. 32 del d.P.R. n. 600 del 1973 con riferimento ai versamenti effettuati su un conto corrente dal professionista o lavoratore autonomo, sicché questi è onerato di provare in modo analitico l'estraneità di tali movimenti ai fatti imponibili" poiché la pronuncia del 2014 avrebbe di fatto voluto riferirsi ai soli prelevamenti.


Una scelta che, secondo i giudici, sarebbe maggiormente coerente con la sentenza stessa, poiché la "rilevata discrasia tra motivazione e dispositivo della stessa non si traduce in un vero e proprio contrasto tra le due parti della pronuncia, il che comporta che la sua portata precettiva debba essere individuata integrando il dispositivo con la motivazione".

In tal modo sarebbe chiaramente desumibile che il Giudice delle leggi ha inteso escludere l'operatività della presunzione legale basata sugli accertamenti bancari, nei confronti dei lavoratori autonomi, solo ed esclusivamente ai prelevamenti, non essendoci alcun accenno sui versamenti nelle argomentazioni svolte nel corpo motivazionale della pronuncia.

Un percorso argomentativo, quello della Cassazione, che dovrà scontrarsi non solo con la frattura esistente all'interno dello stesso "Palazzaccio", posto che la Consulta aveva di fatto espunto la norma che estendeva questo tipo di presunzioni ai compensi dei professionisti, passaggio compiuto anche dal legislatore con il decreto legge fiscale (art. 7-quater, decreto legge n. 193/2016).


Cass., sez. Tributaria, sent. 19806/2017

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