Per la Cassazione il giudice deve tenere conto nella determinazione dell'assegno dell'importo percepito, seppur modesto

di Lucia Izzo - Deve essere valutata la richiesta di riduzione dell'assegno del mantenimento chiesta dall'ex marito se costui dimostra la percezione di altre fonti di reddito da parte della donna, ad esempio la pensione sociale. Lo ha stabilito la Corte di Cassazione, prima sezione civile, sentenza n. 18092/2016 (qui sotto allegata).


La Corte d'Appello di Bologna aveva determinato in € 250 mensili l'assegno dovuto dal marito alla ex moglie a seguito  della cessazione degli effetti civili del matrimonio dagli stessi contratto.

L'uomo ha, tuttavia, impugnato il provvedimento con ricorso per cassazione affidato ad un unico motivo, lamentando la violazione dell'art. 384, 2° comma c.p.c., nonché vizio di motivazione, per avere la corte del merito ignorato la statuizione contenuta nella sentenza rescindente, che le imponeva di tener conto nella determinazione della misura dell'assegno divorzile, del reddito pensionistico percepito dalla donna.


La Cassazione aveva, infatti, cassato già una volta la prima sentenza d'appello che aveva fissato la misura dell'assegno divorzile sempre in € 250 mensili, rilevando che il giudice del merito, nel pervenire a tale determinazione, aveva erroneamente ritenuto di non dare rilevanza alla titolarità in capo alla ex della pensione sociale, che, costituendo fonte idonea a sopperire in qualche misura alle esigenze di vita di chi la percepisce, rappresenta un elemento valutabile ai finì dell'accertamento della condizione economica del richiedente l'assegno di divorzio.


A seguito del rinvio, tuttavia, con cui si richiedeva alla Corte territoriale di valutare l'incidenza di tale elemento, in precedenza totalmente trascurato, sulla misura dell'assegno, il Collegio si dilungava a riaffermare la ricorrenza dei presupposti di diritto che legittimavano la domanda della donna e a riesaminare tutte le altre circostanze di fatto che, nella specie, dovevano essere considerate ai fini della sua determinazione,


Il giudice ha sostanzialmente ignorato il dictum della Cassazione, limitandosi in conclusione a rilevare che la fissazione della misura dell'assegno in € 250 mensili trovava giustificazione nella valorizzazione degli elementi di cui il primo giudice d'appello aveva già tenuto conto e "non era inficiata" dalla titolarità della pensione sociale.


La sentenza ha dunque confermato la decisione cassata sulla scorta del medesimo percorso motivazionale, senza chiarire perché la percezione da parte della richiedente di un reddito mensile fisso (sia pure modesto) non influiva in alcun modo sulla determinazione del quantum dovuto dal marito.


Per questo il ricorso deve essere accolto e la causa va rinviata, per un nuovo esame, alla Corte d'appello in diversa composizione, che regolerà anche le spese.

Cass., I sez. civ, sent. 18092/2016

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