Caro Zibaldone, mi scrive un Amico fraterno da Pechino: "Per quanto riguarda la situazione italiana, faccio appello ad un illustre rappresentante della società civile e delle professioni per una protesta (civile anch'essa) al di là degli schieramenti e degli interessi di bottega che favorisca la svolta e aiuti il Presidente della Repubblica a trovare una via d'uscita. C'è ancora in Italia un minimo di sensibilità per la legalità, la decenza e l'interesse dell'economia nazionale? Non sto scherzando, il momento è grave". In sostanza, per la prima volta nella sua storia l'Italia si trova avanti agli occhi lo spettro reale di un crac imminente. Siamo, dunque, alla canna del gas? Rispondo: non mi esprimo tant'è lo sgomento. Legalità, decenza, interesse collettivo ...adoperi termini che in Italia non esistono più da molto tempo. Il proverbiale stellone italico stavolta sarà sufficiente? Mi riferisco a quella capacità italiana di ritrarsi dal precipizio quando sei già sull'orlo. E' materia per gli storici e per gli psichiatri, non per i giuristi. Tra vari anni ci spiegheranno quel ch'è accaduto in Italia nei nostri anni veloci. Ora vorrei essere in Cina ("al centro di tutte le dinamiche economiche internazionali" mi scrive l'Amico) o in Asia con al mio fianco l'indimenticabile Tiziano Terzani a farmi da Virgilio: al cospetto di una politica screditata come mai era avvenuto prima, vivo una sorta di apolidia
. Ma nessun default ci toglierà mai i sogni e la curiosità. La bancarotta morale è peggiore di quella finanziaria
. Si è perso ogni interesse per il disinteresse (gioco di parole voluto), per la cultura in sé, perché i valori di riferimento sono opposti. Impera il do ut des. Si è smarrita la capacità di comprensione di ciò ch'è bello, cosa è giusto e nobile, addirittura cosa è sacro: si è dato retta soltanto a chi ostenta ciò ch'è utile. Immediatamente utile. Mi riferisco all'utilitarismo bieco. Ed allora acculturarsi, migliorarsi dentro è decisamente inutile; una fatica inutile; meglio aggiustarsi 'fuori', rifarsi il naso, le tette, il mento, asfaltarsi il capo. Con formalismi giuridici vengono soppresse trasmissioni televisive colte e raffinate come "Parla con me" di Serena DANDINI e con, a tacer degli altri ragguardevoli talenti, un Antonio SCURATI che molti reputano il miglior scrittore ...vivente (Scurati fa ovviamente gli scongiuri, come mi confidava qualche tempo fa) e "Passepartout" di Philippe DAVERIO. Neanche la divulgazione artistica (a costi esigui: un'intera serie spende come una sola trasmissione in prima serata) si salva dall'epurazione pur assistita da pregevolezza assoluta.
Continua da Pechino la lucida analisi del mio Amico fraterno: "l'Italia in teoria è già entrata nella spirale infernale che porta dritti al default. Il pagamento degli interessi sul debito pubblico potrebbe diventare sempre più gravoso, e renderebbe necessarie politiche fiscali feroci che avrebbero effetti recessivi. Di conseguenza si ridurrebbero ancora di più le entrate. Al tempo stesso, il finanziamento delle banche alle aziende si potrebbe fare solo a tassi molto alti, quindi si ridurrebbe drasticamente, e questo aggraverebbe ancora di piu la recessione". In effetti, quando il differenziale (il famigerato spread) per i titoli di Stato in scadenza sfonda certi livelli, il Paese ne risulta strangolato da interessi che non potrà più pagare senza tagliare praticamente tutti i servizi essenziali. Cosa che ha cominciato a fare con ripercussioni dirette sugli enti locali. Ma con i denari che provengono dalla vendita sul mercato internazionale dei nostri titoli del debito pubblico (sovrano or si dice e fa più chic, ma sempre prestiti sono) debbono funzionare in Italia gli Ospedali ed i Tribunali, tanto per fare due esempi terra terra. Purtroppo, si sta ripetendo in Italia, come un film dell'orrore, il peggiore scenario greco: manovre economiche plurime, parossistiche e caotiche, declassamenti di rating, Bce allarmata che cerca di avvisare il Governo che la situazione è fuori controllo e si sta perdendo tempo prezioso, PIL in frenata e spread BTP-bund in incessante fibrillazione. Manovre sempre ultradepressive e mai espansive: ho scritto giorni fa che il cerusico pratica il salasso al paziente moribondo. Toccare l'IVA anche soltanto di un punto percentuale provocherà un aumento indiscriminato dei prezzi anche sette-otto volte quel minuscolo 1%: non ci voleva un economista di vaglia a capirlo. La tazzina di caffè, ad esempio, se sino al 16 set '11 costava 0,80 dopo passa a 0,90 centesimi, se 0,90 sale ad un euro. Sono passati dal 20 al 21% i detersivi, i giocattoli, le tv ma anche automobili, moto, abbigliamento, calzature, pc, vino, cioccolato, calzature e una serie di servizi. L'effetto dell'operazione, scattata per rimpinguare le casse dello Stato tra i 4 e i 5 miliardi l'anno senza scontentare nessuno nell'elettorato che dovrebbe votare per i partiti al governo, sta diventando un po' più complessa. Soprattutto per i consumatori, sempre più ...indignados. Torneremo con serena rassegnazione all'agricoltura compulsando le Bucoliche e le Georgiche? "Ieri abbiamo passato una bella giornata negli hutong della vecchia Pechino" prosegue il dispaccio del mio gradevolissimo interlocutore. "Gli hutong sono i quartieri popolari fatti di case basse con cortile (o una serie di cortili) caratteristici di Pechino in cui ancora oggi ci sono residui di vita collettiva. La cucina (all'aperto) e i pochi rubinetti di acqua corrente sono condivisi da diverse famiglie. Le persone dormono a quattro, cinque, sei in una stanza. Il bagno è un bagno pubblico di quartiere etc. Si possono visitare liberamente, all'unico costo di attirare sguardi curiosi, e in genere ci si vedono vecchi e bambini dall'aria piuttosto felice che si tengono compagnia reciprocamente. Molti di questi hutong sono stati distrutti, in parte da Mao per costruire strade di scorrimento e palazzoni sovietici, in parte negli ultimi venti anni per farci grattacieli e centri commerciali. Da pochissimi anni la distruzione è stata fermata, e si è passati ad una politica urbanistica più intelligente, che favorisce la trasformazione di parti degli hutong in bar alla moda, negozi di artigianato autentico delle mille etnie cinesi, boutiques di creatori (e non copiatori) di moda. Ed i giovani di Pechino accorrono in massa in questi piacevolissimi hutong rinnovati". "Sono andato a visitare il museo dedicato a Lu Xun, uno scrittore e uomo politico degli anni '20-'30. Secondo le cartine il museo doveva trovarsi a poche decine di metri da una stazione della metropolitana, un po' fuori dal centro storico di Pechino. Conoscevo già la zona, un orrendo crocevia di autostrade sovrapposte. All'uscita della metropolitana mi rendo conto che il museo si trova sicuramente nel bel mezzo di un hutong miracolosamente sopravvissuto alla cementificazione. E un hutong è un labirinto di stradine, si dice che siano costruiti cosi per confondere le idee agli spiriti cattivi ed impedirgli di entrare nelle case. Provo a chiedere agli abitanti del quartiere mostrando il nome del museo in caratteri cinesi, ma nessuno lo aveva mai sentito... Quando è una cosa culturale, nessuno ne sa mai nulla. Allora decido di esplorare l'hutong in lungo e in largo e passo davanti ai soliti elementi della vita hutonghesca: il barbiere che taglia i capelli in mezzo alla strada, il bagno pubblico, il comitato del popolo, i venditori di spuntini di ogni genere (patate dolci arrostite, pannocchie di mais etc.) e finalmente trovo il museo. All'entrata una signora gentile mi dice in inglese che l'ingresso è gratuito ma per entrare ci vuole il passaporto (ma io non ce l'ho ...), poi si accontenta della fotocopia. Entro, non c'è quasi nessun visitatore, ed il museo è fatto benissimo, al top secondo i criteri europei, con spiegazioni in buon inglese dappertutto, cosa rara in Cina. Dopo la visita, mi fermo ad una delle solite panetterie tedesco-giapponesi per un caffè, ma nonostante dica a gesti, in inglese ed in cinese (non è difficile) che voglio un espresso, la commessa mi dà un bicchierone di caffellatte bollente che metto mezz'ora a bere. Poi da un venditore ambulante compro una focaccia farcita di carne di maiale e cavolo cinese appena fatta: ottima, prezzo 2,50 yuan = 30 euro cents. E' solo un assaggio, alquanto insignificante, delle piccole cose della vita di tutti i giorni qui a Pechino". Cina, il tanto bistrattato motore del mondo, che invece è proiettata verso un processo di democratizzazione e modernizzazione da studiare accuratamente e senza paraocchi mentali. A tacer dell'erosione dei DIRITTI CIVILI traditi per un 'securismo' smodato cui neppure un nero-afro come Barack OBAMA ha posto rimedio malgrado la promessa di accantonare l'era Bush, ove sarebbe oggi l'economia statunitense senza la Cina che ha acquistato masse enormi di debito pubblico yankee? Ricordo che il 1° ago '11 gli Stati Uniti hanno scongiurato in extremis il default, a poche ore dal fatidico gong. In una sorta di mondo capovolto, è l'Occidente autoreferenziale che deve ringraziare di cuore i Paesi ex poveri in canna del BRIC: Brasile, Russia, India e, per l'appunto, Cina. Vi è anche chi, al termine dell'acronimo, aggiunge una lettera S ad indicare il Sudafrica. Si sbriciola, collassando su sé stesso, quel capitalismo sfrenato ed amorale (talora immorale) che in Occidente ci avevano propagandato come unico sistema di progresso, come unico valore di riferimento. Assistiamo con calma disperazione, senza sgomento.
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