Il do ut des, nel diritto romano, era una forma di contratto innominato e oggi è usata nel diritto privato per indicare una tipologia contrattuale

di Valeria Zeppilli - L'espressione do ut des, spesso utilizzata anche nel linguaggio comune per indicare la volontà di un soggetto di fare qualcosa esclusivamente per un proprio tornaconto diretto, deriva dal diritto romano, ove indicava una forma di contratto innominato, che consisteva nello scambio della proprietà di beni.

Do ut des cosa vuol dire

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Essa in sostanza si reggeva sul seguente schema: io do una cosa a te affinché tu ne dia a me un'altra di valore simile.

Dal diritto romano, l'espressione do ut des è giunta sino ai giorni nostri e viene ora utilizzata nel linguaggio giuridico, in particolare, nell'ambito del diritto privato.

Do ut des nel diritto privato

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Con do ut des, più precisamente, si indica una particolare tipologia contrattuale, ovverosia quella dei contratti di scambio (noti anche come contratti a prestazioni corrispettive). Ci si riferisce, nel dettaglio, a tutti quei contratti con i quali una parte assume nei confronti dell'altra l'obbligo di dare una cosa per riceverne un'altra.

Contratti che realizzano un do ut des

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Ad esempio, sono contratti di scambio che realizzano un do ut des:

  • la permuta,
  • la somministrazione,
  • il riporto,
  • il contratto estimatorio,
  • i contratti di borsa,
  • l'intermediazione finanziaria.

Le altre tipologie contrattuali oltre al do ut des

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Le altre tipologie contrattuali, che si affiancano al do ut des, sono le seguenti:

  • do ut facias (do perché tu faccia: la parte si obbliga a dare qualcosa all'altra per ricevere in cambio che questa faccia qualcosa in suo favore. Si pensi ad esempio all'appalto o al contratto di trasporto)
  • facio ut facias (faccio perché tu faccia: l'obbligo di entrambe le parti è quello di fare qualcosa)
  • facio ut des (faccio perché tu dia: la parte si obbliga a fare qualcosa per ricevere un cambio un bene)

Valeria Zeppilli

Foto: 123rf.com
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