Gli avvocati italiani fuggono dagli albi perché non riescono a sostenere i costi della professione. Altri invece cercano fortuna altrove. I dati del Consiglio Nazionale Forense e il punto sulla situazione dell'avvocatura

di Annamaria Villafrate - "Abogado" spagnolo che arriva, avvocato italiano che fugge dagli albi o dall'Italia, perché in Europa la professione rende di più. La fuga delle toghe è un problema che richiede soluzioni mirate e lungimiranti, per restituire dignità a questi professionisti.

Avvocati: quanti sono in questo momento?

Dai dati del Consiglio nazionale Forense emerge che in Italia, attualmente ci sono 245.631 avvocati. Dalla metà degli anni '80 ad oggi il numero è quintuplicato e negli anni, per fortuna, si è quasi azzerata la differenza numerica tra avvocati uomini e donne. La maggiore concentrazione è presente nel Sud Italia, dove ci sono 7 avvocati ogni mille abitanti, contro la media italiana di 4.

Il dato più sconcertante però è che di questi avvocati "abilitati", più di 20.000 non inoltrano il Modello 5 alla Cassa Forense. Le ragioni? Nella maggior parte dei casi, soprattutto i giovani professionisti non riescono a pagare i contributi previdenziali perché non vengono "retribuiti" dallo studio con cui collaborano o perché esercitano la professione in modo discontinuo, come "secondo" lavoro. La professione infatti non garantisce entrate sufficienti alla sopravvivenza, condizione che sta causando da qualche anno la progressiva cancellazione volontaria o obbligata dall'albo di molti legali.

Avvocati: è necessario ridurre il numero dei professionisti

La riduzione numerica de gli avvocati però è necessaria. Lo sostiene il Presidente di Cassa Forense Nunzio Luciano, che al Congresso Giuridico di Venezia del 5 maggio 2017 apre così il suo intervento: "I numeri dell'avvocatura sono un problema e lo sappiano tutti …. e coloro che hanno generato per primi questo sistema siamo stati per primi noi, nel momento in cui abbiamo aperto indiscriminatamente a tutti l'accesso alla professione".

Insomma è giusta la liberalizzazione del mercato, ma solo se ci sono gli spazi per consentire nuovi ingressi. Aprire a tutti l'accesso alla professione non ha fatto altro che penalizzare i giovani avvocati. Sono proprio loro infatti ad avere maggiori difficoltà ad affermarsi. Le cause? Un'università troppo teorica, che non affianca la pratica alla teoria e un periodo di praticantato che ritarda l'ingresso nel mercato.

Alla luce di queste considerazioni, nell'ottica della necessaria riduzione numerica dei professionisti, per arrivare alla cifra massima di 150.000 avvocati, il Presidente, tra le righe, invita chi svolge la professione in modo saltuario a cancellarsi dall'albo, per dare la possibilità a chi ha le capacità necessarie di non essere schiacciato troppo da una "concorrenza" solo apparente.

Avvocati: ma è proprio vero che è il mercato a selezionare?

Detto questo, ma è proprio vero, come ha detto il presidente Nunzio Luciano, che la selezione la fa il mercato? No, a dirla tutta la selezione la fa il portafoglio. Per andare avanti infatti la capacità da non basta, occorre l'aiuto economico dei genitori, la possibilità di attingere a risparmi personali o magari uno studio di famiglia ben avviato.

La colpa è senza dubbio della politica, che dal decreto Bersani in poi non ha fatto altro che imporre obblighi e oneri che un giovane professionista non può sostenere. Insomma per fare gli avvocati è necessario disporre del denaro sufficiente a sostenere i costi dell'assicurazione obbligatoria, dei contributi previdenziali, della formazione e delle apparecchiature informatiche necessarie per "lavorare".

Possibili soluzioni al problema

E' necessario trovare delle soluzioni per consentire ai più bravi, e non necessariamente ai più "fortunati", di entrare, ma soprattutto rimanere nel mercato.

  • Una prima strada è senza dubbio la formazione "mirata" in settori che, tra qualche anno, richiederanno la presenza di esperti specializzati, ad esempio, in diritto ambientale.
  • Un altro modo per aiutare i poveri, ma "meritevoli" è la riduzione dei costi. Cassa Forense ad esempio ha, tra i suoi progetti, quello di fornire ai nuovi iscritti, una banca dati gratuita, con lo scopo di "tagliare" le spese iniziali di gestione dello studio.
  • Da anni poi c'è chi propone il numero chiuso per accedere alla facoltà di giurisprudenza, al fine di selezionare, a monte, chi ha davvero le capacità per esercitare la professione.

I dati della Commissione Europea

Numero chiuso che non è necessario. La Commissione Europea infatti registra dei dati che testimoniano una riduzione graduale e spontanea negli ultimi dieci anni d'iscrizioni universitarie alla Facoltà di giurisprudenza. La causa principale è da individuare nella difficoltà di accesso alla professione forense per le ragioni finora esposte. A questa realtà di avvocati italiani che "fuggono" dagli albi e dall'Italia, per cercare fortuna in Paesi Europei in cui si guadagna decisamente di più, se ne affianca una parallela in cui giovani avvocati spagnoli arrivano in Italia per svolgere la professione.

Avvocati: occorre restituire dignità alla professione

Del resto sono anni che gli avvocati vengono penalizzati dalla politica e dalle legislazione. In un sistema "liberalizzato" pensato per favorire prima di tutto il "consumatore", la professione forense non può che uscirne con le ossa rotte.

Oramai non conta più la competenza e la preparazione, è il prezzo a fare la differenza. Il compenso dell'avvocato, a differenza di quello di altri categorie (medici, ingegneri, architetti), non è mai accettato e rispettato, ma è quotidianamente il frutto di una "contrattazione" spesso estenuante con il cliente, come si fa quando si fanno acquisti alle bancarelle.


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