La Sezione Tributaria della Corte di Cassazione (Sent. n. 19079/2009) ha stabilito che nel processo tributario, il giudice deve attenersi a quanto dichiarato dal contribuente e a quanto accertato dall'Amministrazione avendo, lo stesso, un potere alquanto limitato sull'accertamento. Non sussiste in ogni caso la possibilità di effettuare valutazioni equitative. Nella parte motiva della sentenza si legge: "premesso che, dalla natura del processo tributario - il quale non è annoverabile tra quelli ‘impugnazione-annullamento', ma tra i processi di ‘impugnazione-merito', in quanto non è diretto alla sola eliminazione giuridica dell'atto impugnato, ma alla pronuncia di una decisione di merito sostitutiva sia della dichiarazione resa dal contribuente che dell'accertamento dell'ufficio - discende che ove il giudice tributario ritenga invalido l'avviso di accertamento per motivi non formali, ma di carattere sostanziale, non può limitarsi ad annullare l'atto impositivo, ma deve esaminare nel merito la pretesa tributaria e, operando una motivata valutazione sostitutiva, eventualmente ricondurla alla corretta misura, entro i limiti posti dalle domande di parte (…)".
Inoltre ha evidenziato che "nel caso di specie il giudice tributario, riconosciuta l'incongruenza dell'accertamento dell'Ufficio, non offre tuttavia alcuna verificabile motivazione riguardo ai criteri ed alle ragioni che lo inducono a ridurre del 20% i ricavi ed i corrispettivi accertati, ed in tali limiti - dovendosi escludere la sussistenza di qualsivoglia potere equitativo - il ricorso va accolto".

Altri articoli che potrebbero interessarti:
In evidenza oggi: