"In presenza di un fatto storico qualificabile come illecito civile ai sensi dell'art. 2043 c.c., la parte danneggiata ha l'onere della prova degli elementi costitutivi di tale fatto, del nesso di causalità, del danno ingiusto e della imputabilità soggettiva; l'ente pubblico (nella specie il Comune) preposto alla sicurezza dei pedoni e detentore del dovere di vigilanza sulla sicurezza dei tombini che si trovano sui marciapiedi, ha l'onere di dimostrare o il concorso di colpa del pedone o la presenza di un caso fortuito che interrompe la causalità tra l'evento ed il comportamento colposamente omissivo dell'ente".
È questo il principio ricavabile dalla lettura di una recente pronuncia della Corte di Cassazione (Sent. n. 390/2008) la quale, trovatasi a giudicare sulla vicenda di un pedone caduto a causa di un tombino difettoso che letteralmente gli si apriva sotto i piedi, ne ha accolto il ricorso.
Gli "ermellini" hanno infatti individuato nella situazione descritta dal ricorrente e confermata dalle risultanze istruttorie una vera e propria "situazione di pericolo non evitabile, in quanto non segnalata, e non prevenibile, posto che in concreto ha determinato l'evento lesivo". Da qui, dunque, la riconosciuta "imputabilità soggettiva, a titolo di colpa grave, a carico del Comune, preposto alla sicurezza dei pedoni che utilizzano il marciapiede" e l'obbligo per quest'ultimo di risarcire il danno ingiusto derivato dall'evento lesivo.

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