Il principio generale
Con l'ordinanza numero 807 del 13 gennaio 2025, la Cassazione ha ribadito quanto già espresso con precedenti provvedimenti: il datore di lavoro è legittimato ad effettuare controlli anche occulti sul lavoratore e sui suoi strumenti di lavoro, ma esclusivamente in presenza di un fondato sospetto che questi stia commettendo un illecito. Sono però utilizzabili solo le informazioni ed i dati personali acquisiti successivamente all'insorgere del sospetto.
Utilizzabilità delle prove
È pertanto necessario un giustificato dubbio del datore di lavoro, il quale avrà l'onere di allegare prima, e di provare poi, le specifiche circostanze che l'hanno indotto ad attivare le verifiche (cfr. Cassazione 18168/2023). Il controllo è quindi motivato, valido, ed utilizzabile solo successivamente all'individuazione di indizi che lo giustifichino, poiché è considerata lecita esclusivamente la raccolta di informazioni effettuata dopo tale momento.
Il datore non è pertanto autorizzato ad eseguire controlli in modalità esplorativa, e può raccogliere informazioni solo in seguito all'insorgere di un indizio, sicché sono utilizzabili unicamente le notizie successive al legittimo controllo (Tribunale Roma, sezione lavoro, provvedimento del 14 febbraio 2024).
I dati personali raccolti e trattati, ovvero le informazioni e prove reperite in violazione della norma, sono inutilizzabili ai sensi dell'articolo 11, comma 2, d. lgs. 196/2003 (cfr. Cassazione 28378/2023).
Il caso in questione
Nella vicenda di cui all'ordinanza 807/2025, la Cassazione ha confermato l'illegittimità del licenziamento intimato ad un dipendente. L'azienda datrice di lavoro aveva avviato una serie di accertamenti a seguito di un alert generato dal sistema informatico aziendale, che aveva appunto allertato l'azienda circa la possibile esistenza di attività illecite da parte del lavoratore. L'evento è stato correttamente ritenuto idoneo a generare il fondato sospetto richiesto dalla norma.
Il controllo, però, è stato di tipo retrospettivo, eseguito cioè su dati archiviati e memorizzati nel sistema in epoca anteriore al medesimo alert, ponendosi così in contrasto con l'articolo 4 dello Statuto dei Lavoratori, che legittima unicamente i controlli tecnologici posti in essere successivamente all'insorgenza del fondato sospetto. La norma, infatti, tende a tutelare l'equilibrio tra gli interessi aziendali e la riservatezza del lavoratore. Equilibrio che verrebbe meno se si consentisse alle aziende di estendere i controlli anche alle informazioni relative a periodi antecedenti la possibile commissione dell'illecito. Per i suddetti principi, l'informazione non poteva essere utilizzata come prova ma solo come dato da cui partire (appunto l'indizio), ed il licenziamento sarebbe stato possibile esclusivamente con prove, notizie ed informazioni acquisite successivamente all'alert. È quindi "precluso al datore di ricercare nel passato lavorativo elementi a conferma del fondato sospetto, e di utilizzare gli stessi a scopi disciplinari, in quanto ciò equivarrebbe a legittimare l'uso di dati probatori raccolti in precedenza e a prescindere dal sospetto di condotte illecite da parte del dipendente".
Andrea Pedicone
Consulente investigativo ed in materia di protezione dei dati personali
Auditor/Lead Auditor Qualificato UNI CEI EN ISO/IEC 27001:2017
Sistemi di Gestione per la Sicurezza delle Informazioni
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