La relazione di Stefano Sylos Labini in vista del convegno di Gravina di Puglia del 20 maggio 2023 "Per un mondo sostenibile"
Stefano Sylos Labini terrà una relazione il 20 maggio 2023 al convegno "Per un mondo sostenibile" organizzato da CANDE (Class Action Nazionale Dell'Edilizia) con il patrocinio del Comune di Gravina in Puglia. I lettori di Law In Action apprezzano da anni gli interventi di Stefano Sylos Labini che ci spiega il meccanismo cui si ispira la Moneta Fiscale.

Buona lettura!

Cos'è la Moneta Fiscale

Relazione di Stefano Sylos Labini*

La Moneta Fiscale nasce nel momento in cui gli sconti fiscali sono trasferibili a terzi e quindi possono circolare liberamente nell'economia.

Così diventano un mezzo di pagamento ad accettazione volontaria che non mette in discussione l'euro come moneta unica a corso legale.

Sappiamo che sconti fiscali / detrazioni / crediti d'imposta vengono concessi dallo Stato da moltissimo tempo, ma non si era pensato di metterli in movimento rendendoli scambiabili contro euro oppure contro merci e servizi.

Quando ciò diventa possibile questi titoli diventano un mezzo di pagamento. La caratteristica fondamentale della moneta è la circolazione: ciò che conta non è tanto la massa monetaria che viene emessa quanto la velocità di circolazione della moneta. Se c'è una massa monetaria molto grande che però non circola, la quantità di moneta nell'economia sarà pari a zero come ci insegna la teoria quantitativa della moneta.

Dunque la grande innovazione consiste nell'idea di rendere trasferibili a terzi sconti fiscali ad uso differito. In questo modo si possono conseguire diversi obiettivi:

- lo Stato può finanziare l'economia senza anticipare euro,

- famiglie e imprese possono sfruttare lo sconto in fattura riducendo l'esborso in euro,

- il sistema finanziario può comprare a sconto un titolo finanziario a rischio zero;

- vengono messi in movimento euro che possono circolare nel sistema ad ampia scala.

Naturalmente l'operazione si regge sulla crescita che riesce ad attivare e quindi sul maggiore gettito fiscale che riesce a generare ed è essenziale che ci sia un mercato di scambio dei crediti fiscali molto fluido per assicurarne la monetizzazione ad un tasso di sconto contenuto.

La storia sul buco enorme nei conti pubblici è solo una grande menzogna: dal 2020 al 2022 il rapporto debito Pil si è ridotto di 10 punti scendendo dal 155 al 145%, è stata creata occupazione per circa 1 milione di unità tra diretta e nell'indotto, molte persone che non avevano i soldi hanno potuto sfruttare lo sconto in fattura per fare lavori di ristrutturazione e comprare impianti ad elevata efficienza energetica. Il tutto con una spesa effettiva di soli 15 miliardi di euro: questa è la somma che fino ad oggi è stata portata in compensazione determinando minori entrate nelle casse dello Stato.

In Italia il Governo ha vietato la circolazione dei crediti fiscali che sono titoli di Stato a rischio zero mentre nel mondo circolano titoli tossici, derivati, criptovalute, spazzatura finanziaria di ogni tipo. Il mercato può creare qualsiasi cosa senza che sia mai messo in discussione mentre quando lo Stato emette un titolo finanziario a rischio zero come gli sconti fiscali ad uso differito si scatena il finimondo. Il blocco della circolazione impedisce di sfruttare le potenzialità dei crediti fiscali: nel suo ultimo intervento in parlamento a luglio del 2022 Mario Draghi si è scagliato contro i meccanismi di cessione chiedendosi chi erano i "colpevoli". I colpevoli sono gli esponenti del Gruppo della Moneta Fiscale che hanno proposto gli sconti fiscali trasferibili a terzi sin dal 2014.

Ora c'è il problema dei crediti fiscali incagliati che devono essere monetizzati il prima possibile ad un tasso di sconto contenuto. Una monetizzazione che sarebbe agevolmente conseguibile attivando le partecipate pubbliche e soprattutto liberalizzando pienamente la circolazione dei crediti fiscali.

Non si tratta solo di evitare il fallimento di tante imprese edilizie e di far ripartire cantieri fermi ma anche di creare un afflusso di euro generati dalla monetizzazione dei crediti che potrebbero circolare nell'intero sistema economico alimentando la crescita del Pil e dell'occupazione. Questa è la strada maestra per ridurre il rapporto debito/PIL.

Facendo due conti, se sono stati emessi 125 miliardi di euro di crediti fiscali e questi crediti sono esercitabili nell'arco di 5 anni per scontare le tasse (vale a dire 125 /5 = 25 miliardi di euro all'anno) e poiché le entrate totali dello Stato nel 2022 sono state pari a 900 miliardi di euro, abbiamo che 25 / 900 = 2,8%. Ciò significa che gli sconti fiscali che possono essere portati in compensazione ogni anno rappresentano una frazione risibile delle entrate pubbliche totali.

Paradossalmente lo stesso governo Draghi aveva deciso di assegnare alle imprese energivore crediti d'imposta con un limite di tre cessioni, mentre il ministro dell'Economia ha pensato di assegnare detrazioni fiscali per incentivare la natalità. Naturalmente queste detrazioni devono essere trasferibili altrimenti saranno sfruttate solo dalle fasce benestanti: gli incapienti saranno tagliati fuori da questo intervento.

Non ci vuole molto a capire perché tutti i governi pensano sempre allo strumento delle detrazioni fiscali: se non hai euro in cassa quello che puoi fare è emettere sconti/detrazioni/incentivi fiscali. Quelli li possiamo creare noi senza chiedere soldi in prestito sui mercati finanziari per raccogliere euro che poi dobbiamo restituire con gli interessi.

In più, persino commentatori dell'establishment come Federico Fubini vicedirettore del Corriere della Sera, hanno preso coscienza che il PNRR si è trasformato in una palude arrivando a pensare che il modo migliore per finanziare gli investimenti industriali sia quello dei crediti di imposta.

L'attuazione del PNRR non è un'operazione che si può improvvisare dopo decenni in cui la programmazione è stata demonizzata, la politica industriale è scomparsa e la pubblica amministrazione ha continuato a perdere competenze e addetti. L'Italia era del tutto impreparata a gestire un programma come quello europeo che prevede una serie di pesanti condizioni per ottenere i soldi e richiede non solo professionalità molto avanzate, ma anche una solida organizzazione a livello centrale e locale. In più il PNRR rimane pur sempre un debito che dobbiamo restituire, essendo i soldi a fondo perduto una quantità risibile rispetto ai prestiti europei.

Dunque, con il PNRR che si è arenato e con tassi d'interesse in rialzo che restringono il credito bancario alle imprese, la strada per stimolare gli investimenti industriali in macchinari, nuove tecnologie, impianti ad elevata efficienza energetica e a energia rinnovabile, è quella dei crediti d'imposta trasferibili a terzi. In questo modo le imprese possono sfruttare lo sconto in fattura che permette di ridurre l'esborso in euro necessario per finanziare gli investimenti. Faccio notare che negli Stati Uniti con il varo dell'Inflation Reduction Act nell'agosto 2022 è previsto lo strumento dei crediti fiscali trasferibili per il finanziamento di progetti industriali di piccola e media taglia per promuovere la transizione ecologica.

Lo sconto in fattura, che naturalmente si regge sulla possibilità di monetizzare i crediti fiscali, si è dimostrato un meccanismo potentissimo in grado di far esplodere la domanda nel settore edilizio. Ora deve essere applicato al settore industriale.

Per fare questo bisogna:

1- Potenziare l'Agenzia delle Entrate affinché possa fare controlli preventivi per evitare le truffe quando vengono assegnati i crediti fiscali.

2- Chiarire che la responsabilità delle truffe non deve ricadere su chi acquista successivamente i crediti fiscali.

3- Eliminare gli assurdi limiti sulle cessioni dei crediti fiscali che ora sono pari a cinque.

4- Creare un mercato di scambio molto liquido attivando le partecipate pubbliche nell'acquisto di crediti fiscali.

Infine, è essenziale che i crediti fiscali trasferibili siano non pagabili e cioè non rimborsabili in euro. In tal modo saranno contabilizzati solo nel momento e per la parte che viene portata in compensazione anno per anno. La recente classificazione Istat dei crediti fiscali come pagabili va approfondita per valutare se si possa configurare il reato di falso in bilancio. Sta di fatto che se il credito fiscale è pagabile lo Stato deve pagare. Il SEC 2010, al paragrafo 20.167, non lascia dubbi: "Un credito fiscale è pagabile nel senso che ogni ammontare di credito che non sarà sfruttato in compensazione dovrà essere pagato al beneficiario".

*Relazione per il convegno Per un mondo sostenibile organizzato da CANDE (Class Action Nazionale Dell'Edilizia) con il patrocinio del comune di Gravina in Puglia, 20 maggio 2023.

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Foto: 123rf.com
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