IL CNF riepiloga i principi cardine che regolano i rapporti tra avvocato e cliente in tema di compenso professionale

Compenso professionale e rapporti avvocato/cliente

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I due principi cardine che regolano i rapporti tra avvocato e cliente/parte assistita in tema di compenso professionale sono:

"a) rispetto, sempre e comunque, nella determinazione convenzionale del compenso dei canoni di lealtà, probità e correttezza (art. 6 CDF previgente e, ora, art. 9 nuovo CDF);

b) conformità del compenso liberamente pattuito inter partes a canoni di adeguatezza e proporzionalità rispetto all'attività professionale svolta o da svolgere (artt. 43 e 45 CDF previgente e, ora, 29, quarto comma, in relazione all'art. 25, primo comma, nuovo CDF)".

La proporzione e la ragionevolezza nella pattuizione del compenso rimangono "l'essenza comportamentale richiesta all'avvocato, indipendentemente dalle modalità di determinazione del corrispettivo a lui spettante, sicché l'eventuale patto di quota lite non può comunque derogare al divieto deontologico di richiedere compensi manifestamente sproporzionati". E' quanto sancito dal CNF sentenza 206/2022 pubblicata il 14 marzo 2023 (sotto allegata) rigettando il ricorso di un avvocato avverso la decisione del Consiglio distrettuale di disciplina che irrogava la sanzione della sospensione dall'esercizio della professione forense per la durata di mesi due.

Come stabilire se il compenso è sproporzionato ed eccessivo

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Il CNF ricorda ancora che "il compenso può ritenersi sproporzionato od eccessivo ex art. 29 codice deontologico (già art. 43 codice previgente) solo al termine di un giudizio di relazione condotto con riferimento a due termini di comparazione, ossia l'attività espletata e la misura della sua remunerazione da ritenersi equa". Solo quando sia stato quantificato l'importo ritenuto proporzionato può essere formulato il successivo giudizio di sproporzione o di eccessività che, come ovvio, "presuppone che la somma richiesta superi notevolmente l'ammontare di quella ritenuta equa".

Illecito richiedere un compenso eccessivo rispetto all'attività professionale svolta

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L'avvocato che richieda un compenso manifestamente sproporzionato e comunque eccessivo rispetto all'attività professionale svolta, conclude il CNF rigettando il ricorso, "pone in essere un comportamento deontologicamente rilevante perché lesivo del dovere di correttezza e probità". Infine, precisa il Consiglio, confermando anche l'entità della sanzione irrogata: "le sanzioni disciplinari, che hanno natura e sostanza affatto penale bensì amministrativa, svolgono una importante funzione inibitoria, a tutela sia degli utenti del servizio reso dal professionista, sia del prestigio dell'ente di appartenenza".

Scarica pdf Cnf n. 206/2022

Foto: 123rf.com
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