Per gli Ermellini, in materia di responsabilità della struttura sanitaria spetta al paziente che agisce per il risarcimento del danno l'onere di provare il nesso di causalità tra l'omissione dei medici e l'aggravamento della patologia

Responsabilità medica: onere di provare il nesso di causalità al paziente

In materia di responsabilità della struttura sanitaria spetta al paziente che agisce per il risarcimento del danno l'onere di provare il nesso di causalità tra l'aggravamento della patologia e l'omissione dei medici. Così, la terza sezione civile della Cassazione, nell'ordinanza n. 5808/2023 (sotto allegata).

La vicenda prende il via dal ricorso di un uomo che aveva subito un intervento chirurgico al femore presso un'ospedale riportando esiti invalidanti permanenti per l'insorgere di un'infezione. Successivamente, gli veniva diagnosticata una "necrosi cefalica femorale", che determinava la necessita? di installare una protesi all'anca. Da qui, la citazione in giudizio dell'azienda ospedaliera con la richiesta della condanna al risarcimento di tutti i danni derivanti dalla non corretta esecuzione della prestazione sanitaria nel suo complesso, ed essa veniva condannata dal Tribunale di Palermo a risarcirgli il danno biologico per complessivi euro 152.000.

L'Azienda ospedaliera proponeva appello che veniva accolto solo in parte, limitatamente alle spese di primo grado, per cui la questione finiva in Cassazione.

Innanzi alla S.C., l'azienda denunciava, tra l'altro, l'addebito dell'insorgere dell'infezione e la quantificazione del danno non patrimoniale, "sull'assunto che neppure il comportamento maggiormente osservante delle regole sanitarie sia in grado di escludere il verificarsi di infezioni nosocomiali". Inoltre, sosteneva che, "pur avendo dato atto che anche il comportamento piu? diligente da parte della struttura non sarebbe comunque riuscito ad evitare un rischio di infezione, pur ridotto al 30%, la corte d'appello avrebbe correttamente dovuto escludere totalmente la riconducibilita? del danno conseguente all'infezione alla responsabilita? della struttura sanitaria, o quanto meno ridurre proporzionalmente il risarcimento liquidato".

Per la Cassazione, i giudici di merito hanno valutato correttamente, ritenendo provato "il rapporto di causalita? tra l'esecuzione dell'intervento chirurgico e l'avvenuta contrazione della infezione nosocomiale con esiti invalidanti, ribadendo che gravava sulla struttura sanitaria il compito di assicurare, e l'onere di provare, l'avvenuta diligente sterilizzazione dell'ambiente ospedaliero, della sala operatoria, dei luoghi di degenza e di tutte le attrezzature e che, di contro, l'azienda non aveva neppure cercato di provare di aver seguito regolarmente i protocolli di disinfezione e sterilizzazione della sala operatoria".

La decisione, del resto, si fonda sulla corretta applicazione del principio di diritto, espressamente richiamato, secondo il quale "in tema di responsabilita? contrattuale della struttura sanitaria, incombe sul paziente che agisce per il risarcimento del danno l'onere di provare il nesso di? causalita? tra l'aggravamento della patologia (o l'insorgenza di una nuova malattia) e l'azione o l'omissione dei sanitari, mentre, ove il danneggiato abbia assolto a tale onere, spetta alla struttura dimostrare l'impossibilita? della prestazione derivante da causa non imputabile, provando che l'inesatto adempimento e? stato determinato da un impedimento imprevedibile ed inevitabile con l'ordinaria diligenza (cfr., tra le altre Cass. n. 26700/2018; Cass. n. 10500/2022).

Nel caso di specie, a fronte dell'adempimento dell'onere della prova relativo al nesso causale in capo al paziente, la corte d'appello ha escluso, con valutazione in fatto non rinnovabile in sede di legittimità, che la struttura sanitaria avesse fornito la prova liberatoria che l'evenienza infettiva fosse imprevedibile o inevitabile e come tale non imputabile.

Con ragionamento altrettanto corretto, la corte poi ha escluso che "la percentuale del 30% di alea del verificarsi comunque dell'infezione nosocomiale, pur quando le strutture sanitarie abbiano adottato tutte le piu? idonee precauzioni - circostanza nel caso concreto rimasta sfornita di prova - debba essere tenuta in conto ai fini di una riduzione percentuale della somma equitativamente liquidata a titolo di risarcimento del danno non patrimoniale, incidendo essa sulla causalita? materiale, e non sulla causalita? giuridica, ne? tanto meno sul concorso di colpa del danneggiato, che in questo caso non e? mai stato in discussione".

Per queste ragioni, il ricorso è infondato e va rigettato.

Scarica pdf Cass. n. 5808/2023

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