Insufficiente la pronuncia del Garante privacy per far scattare il danno da perdita di affari se questo si sarebbe verificato in ogni caso

Violazione diritto alla riservatezza

Una notizia, pur contenendo molto spesso dati personali, è facilmente divulgabile per effetto del diritto di cronaca, che ha una valenza generalmente pari al diritto alla riservatezza. Molto spesso accade però che alla notizia - per renderla più "leggibile" oppure perché contestualizzata nella narrazione di un servizio televisivo/giornalistico - venga abbinata un'immagine, senza considerare che anch'essa è un dato personale. È il caso di un uomo che si è ritrovato all'interno di un servizio televisivo come persona che avrebbe posto in essere un tentativo di truffa, consistita nel chiedere denaro a due Sindaci per ottenere l'attenzione della televisione su argomenti di pubblico interesse. È accaduto che l'interessato, vale a dire il soggetto cui si riferivano notizia ed immagine, è quindi ricorso al Garante per la privacy. L'Authority in questione ha accertato e riconosciuto la violazione del diritto alla riservatezza dell'interessato, e il trattamento illecito dei suoi dati personali, per la diffusione dell'immagine avvenuta in violazione degli articoli 10 cc e 96 e 97 legge 633/41.

Il garante ha inoltre ipotizzato cosa sarebbe accaduto se la notizia non fosse stata abbinata all'immagine del soggetto cui essa si riferiva, concludendo che il ricorrente aveva effettivamente subito una diminuzione degli affari a seguito di tale circostanza.

Danno da perdita di affari

L'uomo, quindi, dopo essersi rivolto al Garante privacy, ed essersi visto riconosciuto come vittima di un trattamento illecito, ha citato in giudizio la trasmissione televisiva che aveva abbinato la sua immagine alla notizia.

La Cassazione, con l'ordinanza numero 2685 del 30 gennaio 2023 (sotto allegata), ha ritenuto che la contrazione degli affari si sarebbe verificata in ogni caso, vale a dire anche senza l'abbinamento notizia/immagine.

Secondo i giudici la diffusione della notizia è stata perfettamente lecita in virtù del diritto di cronaca. Al contrario, l'illecito è consistito nel raffigurare, all'interno del filmato, l'immagine dell'interessato in quanto dato personale eccedente rispetto alla finalità di divulgazione della notizia. Sarebbe stato sufficiente citare i nomi dei soggetti coinvolti nella vicenda, senza necessariamente mostrarne anche il volto. Tale illecito, però, non comporta in automatico un risarcimento del danno a seguito della diminuzione della mole di lavoro.

La Corte, ripetendo il percorso tracciato dal garante privacy, ha ipotizzato cosa sarebbe ragionevolmente accaduto se i responsabili della trasmissione televisiva si fossero comportati correttamente. Ebbene, la contrazione del fatturato, affermano e ritengono i giudici, si sarebbe verificata in ogni caso, anche senza la diffusione del volto, con la sola divulgazione della notizia e delle identità dei soggetti coinvolti (queste sì lecite).

Per tale ragione il ricorso dell'interessato è stato respinto, così statuendo che non vi è necessariamente una diretta ed automatica correlazione tra illecito trattamento dei dati personali e risarcimento danno.

Scarica pdf Cass. n. 2685/2023

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