L'art. 2233 c.c. sancisce che se il compenso solo se non è convenuto tra avvocato e cliente può essere determinato in base alle tariffe, agli usi o dal giudice, il quale non può sindacare il contenuto del patto

L'accordo con il cliente prevale su usi e tariffe

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Nel determinare il compenso dell'avvocato, se lo stesso si è accordato con il cliente per applicare le tariffe medie e una maggiorazione in caso di successo della causa, il giudice non può applicare altri criteri per determinarlo, così come non può sindacare il contenuto del patto intercorso tra le parti, la congruità dell'importo, l'importanza dell'opera e i riflessi sul decorso della professione.

Questa l'importante precisazione contenuta nella Cassazione n. 33053/2022 (sotto allegata).

Ricorso per richiesta pagamento dei compensi

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Un avvocato agisce ai sensi dell'art. 14 del D.Lgs. n. 150/2011 per chiedere la liquidazione dei propri compensi in relazione all'attività svolta per una società cliente.

L'avvocato narra di avere formulato un preventivo alla società, che lo ha visionato e firmato, accordandosi quindi che il compenso sarebbe stato determinato in base ai valori medi della tariffa di cui al DM n. 55/2014, con una maggiorazione dell'80% in caso di raggiungimento dei risultati.

Chiedeva quindi in giudizio che gli venisse liquidato l'importo di euro 37.044,00 per il primo grado di giudizio e di euro 14.985,00 per il giudizio di Appello.

La Corte accoglie solo in parte la domanda dell'avvocato riconoscendo Euro 20.180,00 per il primo grado ed Euro 8.775,00 per il secondo, escludendo il riconoscimento della maggiorazione dell'80%.

L'art. 2233 c.c. sancisce la priorità dell'accordo con il cliente

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Nel ricorrere in sede di Cassazione per contestare la pronuncia della Corte di appello l'avvocato contesta al giudice dell'impugnazione di non avergli liquidato i compensi richiesti sulla base del preventivo in violazione dell'art. 2233 c.c. che predilige l'accordo della parti rispetto alle tariffe e agli usi.

La Corte di Cassazione accoglie il ricorso precisando che in effetti l'art. 2233 c.c, tra i vari criteri previsti ai fini della determinazione del compenso, attribuisce priorità alla convenzione intervenuta tra le parti, prevedendo che solo in assenza di accordo si possa fare ricorso alle tariffe e agli usi e alla determinazione del giudice tenuto a fare riferimento ai parametri stabiliti con decreto ministeriale.

Ne consegue che, per quanto riguarda gli onorari delle professioni intellettuali, l'accordo tra le parti in relazione al compenso spettante al professionista costituisce la fonte principale. Il giudice non può quindi procedere alla liquidazione applicando criteri diversi da quanto sancito dall'art. 2233 c.c. così come non può sindacare sul quantum in relazione all'importanza della attività e al decoro della professione.

Nel caso di specie la Corte di Appello ha appurato il pieno successo dell'avvocato, ma ha comunque applicato criteri propri, escludendo la maggiorazione convenuta senza motivare adeguatamente la decisione. Accolto il ricorso e cassata la decisione impugnata, spetta ora al giudice del rinvio decidere anche sulle spese del giudizio di legittimità.

Leggi anche Forma scritta per i patti tra cliente e avvocato sul compenso

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