Non è risarcibile l'avvocato che contesta al collega, l'uso di espressioni volgari e offensive nei suoi confronti, al fine di accaparrarsi un suo cliente, se in giudizio non emerge la prova del dolo e neppure della colpa

Senza prove niente risarcimento

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Non spetta alcun risarcimento all'avvocato che, dalla riproduzione di una conversazione intercettata, apprende che un collega, usando espressioni ingiuriose, offensive e volgari nei suoi confronti, sta cercando di portargli via un cliente.

In giudizio non è stata raggiunta la prova del dolo e neppure della colpa del collega avvocato, che si è espresso in quel modo in una conversazione "privata". Queste le conclusioni dell'ordinanza n. 29183/2022 della Cassazione (sotto allegata).

Insulti dal collega avvocato

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Un avvocato conviene in giudizio un collega perché dalla trascrizione di un colloquio telefonico intercorso tra il suo assistito e l'avvocato convenuto, è emerso che quest'ultimo ha tentato, rivolgendo offese al legale attore, di dissuadere il "cliente" dal farsi assistere da quest'ultimo.

Chiede quindi i danni conseguenti alla condotta descritta.

La domanda viene accolta dal Tribunale, ma la Corte d'appello la ribalta in quanto in sede di giudizio non è stata raggiunta la prova del dolo e neppure della colpa visto che le parole ingiuriose sono limitate a una conversazione privata. Assente inoltre la prova del nesso condotta - danno visto che l'avocato non poteva sapere di essere intercettato, così come della antigiuridicità della condotta, in quanto le espressioni rivolte al collega, anche se irriguardose, sono state espresse in un contesto privato.

Frasi volgari e offensive

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Insoddisfatto per il mancato accoglimento delle sue istanze, l'Avvocato destinatario delle offese ricorre in Cassazione lamentando con il primo motivo che in realtà i due soggetti, ossia avvocato e "cliente", erano coimputati nello stesso procedimento penale per violazione delle norme in materia di sostanze stupefacenti.

Con il secondo evidenzia che i giudizi espressi sul suo conto risultano offensivi e volgari e che sembrano finalizzati alla sottrazione di un nuovo cliente. Nel terzo motivo evidenzia invece i limiti del diritto di critica.

Manca la prova della colpa o del dolo: niente risarcimento

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Il ricorso viene dichiarato inammissibile dalla Cassazione in quanto a nulla rileva, ai fini della accertamento della illiceità della condotta, il rapporto intercorrente tra il collega e il "cliente".

Infondato poi il secondo motivo perché con motivazione ben articolata il giudice ha respinto la richiesta risarcitoria a causa della mancata prova del dolo e della colpa.

Non pertinenti inoltre le affermazioni dell'avvocato ricorrente per il quale:

  • "i giudizi espressi sul suo conto erano gravemente offensivi;
  • la controparte conosceva l'antigiuridicità del fatto;
  • la controparte era mossa dall'intento di sottrarre un cliente al collega."

Trattasi infatti di giudizi in punto di fatto che in sede di legittimità non sono sindacabili.

Manifestamente inammissibile infine il terzo motivo in quanto non contiene una censura oggettiva, limitandosi il ricorrente ad enunciare principi astratti del tutto estranei alla ratio decidendi della sentenza che dichiara l'assenza di prove in relazione all'allento soggettivo dell'illecito.

Scarica pdf Cassazione n. 29183/2022

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