Significato e commento dell'articolo 77 della Costituzione: il decreto legge nel quadro costituzionale e la legge di conversione

Il testo dell'articolo 77 della Costituzione

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Il Governo non può, senza delegazione delle Camere, emanare decreti che abbiano valore di legge ordinaria.
Quando, in casi straordinari di necessità e di urgenza, il Governo adotta, sotto la sua responsabilità, provvedimenti provvisori con forza di legge, deve il giorno stesso presentarli per la conversione alle Camere che, anche se sciolte, sono appositamente convocate e si riuniscono entro cinque giorni.
I decreti perdono efficacia sin dall'inizio, se non sono convertiti in legge entro sessanta giorni dalla loro pubblicazione. Le Camere possono tuttavia regolare con legge i rapporti giuridici sorti sulla base dei decreti non convertiti.

Il decreto legge nel quadro costituzionale

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L'art. 77 della Costituzione disciplina il decreto-legge, quale atto avente forza di legge adottato dal Governo, nel rispetto di limiti

Tali decreti, infatti, costituiscono una deroga al principio di separazione dei poteri e, pertanto, soggiacciono a determinati limiti, espressamente previsti dalla Carta costituzionale. Tendenzialmente il potere legislativo è riconosciuto in capo al Parlamento, mentre all'esecutivo spetta la funzione politico-amministrativa. Il decreto-legge, invece, rappresenta un caso eccezionale, tipico e tassativo in cui il potere di adottare atti aventi rango primario spetta al Governo.

Il decreto legge all'interno della gerarchia delle fonti

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Il decreto-legge, al pari del decreto legislativo, viene qualificato espressamente all'interno della Costituzione come atti avente forza di legge.

All'interno del sistema delle fonti, pertanto, si pone sullo stesso piano delle leggi in senso formale, cioè adottate dal Parlamento.
Ciò significa che il decreto-legge ha la capacità di innovare l'ordinamento giuridico e, al tempo stesso, di resistere all'abrogazione da parte di fonti subordinate, come i regolamenti.

Principio di legalità e vaglio del Parlamento sul decreto legge

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In un ordinamento come il nostro, il decreto legge è stato qualificato, da parte della dottrina e della giurisprudenza, come momento di crisi del principio di stretta legalità, che si impone in particolar modo in ambito penale e amministrativo. L'adozione da parte del Governo di atti aventi rango ordinario costituisce, in altri termini, uno svuotamento della riserva di legge, con un conseguente deficit di tutela e di garanzia per il cittadino.
Per questo motivo, l'adozione da parte del Governo di decreti-legge è ancorata a presupposti e condizioni rigide, che ne consentano comunque un vaglio, seppur successivo, da parte del Parlamento. In questo modo, attraverso la legge di conversione, il deficit di legalità viene colmato, in ossequio al monopolio legislativo riconosciuto al Parlamento.

La legge di conversione del decreto legge

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L'art. 77 della Costituzione stabilisce che il Governo, sotto la sua responsabilità, possa adottare provvedimenti provvisori aventi forza di legge in casi straordinari di necessità e di urgenza. Il decreto è immediatamente efficace, ma deve essere presentato lo stesso giorno alle Camere per essere convertito in legge, attraverso il procedimento legislativo ordinario.
La conversione deve intervenire entro il termine perentorio di sessanta giorni, pena la perdita di efficacia del decreto fin dal momento della sua adozione (ex tunc).
Le Camere possono comunque approvare una legge che ne faccia salvi gli effetti, per scongiurare il rischio che i rapporti sorti sotto la sua vigenza possano trovarsi senza una specifica disciplina.


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